martedì 3 aprile 2007

MODA & MODI

I gioielli di Makassar

I piccoli fiori che utilizza per decorare i pacchetti vengono proprio da casa sua. Seccati («e per seccarli bene bisogna infilarli dentro pagine di letteratura impegnata, Dostoevskij per esempio, perché se il libro vale poco si sbriciolano subito...») e poi plastificati, rendono anche l'involucro un po' speciale, stuzzicando la curiosità di scoprire cosa c'è dentro.  Bisogna partire dal packaging, dalla confezione, per capire il gusto di Francesca Titz, che infila i suoi bijoux in sacchetti ricavati da stoffe di recupero, da avanzi di tappezzeria, così che a loro volta, a regalo aperto, possano essere «riciclati» come contenitori per gli anelli e le collane.
Oppure chiude i pacchetti con fiocchi colorati di rafia e paglia, personalizzando, all'insegna della voglia di creare con le mani, anche quello che di solito si butta. Tra pochi giorni il suo laboratorio compie quattro anni. Uno spazio minuscolo, all'imbocco di via Donota, con un nome esotico ma insieme un po' europeo, «Makassar», uno stretto tra l'isola di Celebes e quella del Borneo, che porta con sé il ricordo di perle e di decorazioni orientali. Ma, racconta la proprietaria, anche le impressioni raccolte in un ristorante di Monaco, dove, a sorpresa, le è capitato di scoprire un'atmosfera e una cucina fusion così «ispiranti» da volerle ricordare intorno a sé, nel suo lavoro di ogni giorno.
Figlia del pittore Giorgio Titz, un nonno che riparava macchine da cucire, Francesca ha nel dna il gusto di assembleare e inventare, fin da piccolissima, quando perdeva ora con le perle e sperava che alla madre si rompessero le collane per poterle rinfilare. Così, lasciato l'insegnamento, quattro anni fa le è parso naturale seguire la sua vocazione e cominciare a confezionare accessori, prima a casa sua e poi in uno spazio che ha voluto apposta raccolto, dove si può scegliere e insieme vedere come nascono gli oggetti.
Materiali «poveri» ma particolari, che scova in giro per il mondo e che si trasformano in collane, orecchini, bracciali, pieni di colore ma mai sfacciati: oltre alle perle, pietre dure, vetro, corallo, raccolti con fili da pesca, da materassaia, di seta, diventano bijoux leggeri, che bisogna guardare da vicino per scoprire nei dettagli. Come le collane e gli orecchini con cavallucci e pesci di madreperla, o con i dischi di seta plastificata, molto anni Settanta, o gli anelli a forma di fiore, fatti di resina scaldata a contatto con le mani e modellata, da abbinare alla collana con le stesse rose accostate a dischi di legno smaltato.
Ogni nuova «collezione» sperimenta materiali e sistema di infilatura diversi: per quest'estate ci saranno collane con perle intervallate a gomitolini di carta e spago, o tutte di tessuto, a grandi fiori di tulle dai colori pastello. Se poi ci fosse la voglia di fare un regalo, ai bijoux si abbinano i portagioielli di seta, da arrotolare e chiudere con un nastrino, per evitare gli inestricabili viluppi di collane nei cassetti, o, per chi li ama e li possiede, per riporre gli ori nella cassaforte.
I «gioielli» di Francesca Titz si vendono un po' in tutta la regione e anche in qualche spazio di Milano. Qui i prezzi vanno dai venti euro in su, là sono da griffe.
twitter@boria_a

Nessun commento:

Posta un commento