martedì 20 marzo 2007

MODA & MODI

Donne da scartare


                                             Cate Blanchett alla prima di "Babel" a Los Angeles

Un'estate di donne da scartare, come cioccolatini nella stagnola. Vestiti dorati, corpetti argentati da guerriera galattica, trench dai colori lunari tempestati di pietre dure, borse effetto bronzo, scarpe da ginnastica che sembrano ricoperte da una patina di platino. Lo stile spaziale è una tentazione ricorrente, ma mai come quest'anno la moda si lascia sedurre dal futuribile, disegnando un guardaroba percorso da lampi magnetici, da striature abbaglianti, che modella il corpo grazie a complesse lavorazioni, a tessuti pensati in laboratorio per intrecciare metalli e lamine ai fili, senza perdere la morbidezza e la fluidità di sete e chiffon. «Mi piacevano le magliette come seconda pelle. Lo skeleton argento che disegnava la clavicola, il braccio, il bacino. Roba senza tempo.
Spaziale» diceva Edie Sedgwick, la musa inquieta di Andy Warhol e Bob Dylan, che il cinema celebra ora con il controverso «Factory girl». Ma quella dell'estate 2006 non è la moda avveniristica degli anni Sessanta, quando ci si chiedeva quale sarebbe stato il vestito più adatto da indossare sulla Luna, perché il futuro sembrava a portata di mano, l'ottimismo stellare contagioso, e la gente aveva voglia di sentirsi parte del viaggio verso mondi sconosciuti.
Oggi che anche Marte è tanto più vicino, e l'avventura tra le stelle un passatempo per miliardari annoiati, il ritorno della moda spaziale celebra piuttosto la tecnologia e la pulizia del taglio. Gli stilisti non frastornano più con le cascate di drappeggi, ma abbagliano con abiti di
platino, cotte metalliche, lunghe gonne che sembrano costruite su infinite sovrapposizioni di involucri per bonbon. E dalle riviste che spiegano lo space-style esce la siderale guaina di platino creata da Ralph Lauren per Cate Blanchett e indossata alla prima di «Babel» o il voluminoso abito di Zac Posen fatto di scaglie di seta dorata, bronzata e argentata, croccante al tatto grazie alla lavorazione con fili di metallo.
Poi, guardando le vetrine dove già accessori e capi galattici sono timidamente approdati, ci si sente ottusi come la Andy de «Il diavolo veste Prada», quando la gelida Miranda le spiega che il golfino misto-acrilico che indossa non è «azzurro», ma «ceruleo», che quel colore l'ha inventato un bel po' di anni prima Oscar de la Renta e che solo grazie all'intuito di qualcuno come lei, ossia Miranda stessa, è arrivato fino ai grandi magazzini, serializzato per la massa anonima, ignorante dei percorsi sublimi della moda.
Come Andy, davanti alla borsa d'argento, alla scarpa e al bomber color peltro, viene da pensare solo al rotolo di alluminio da cucina, o alla stagnola del chewing-gum, piuttosto che alle lontane filosofie inventive di questo «ritorno al futuro». E il «cuki» da freezer è fatto per impacchettare e conservare, piuttosto che per accendere i sensi. Tutto fuorchè la sensazione di un'estate solare.  Questo glamour è freddo e chimico, come una donna costruita in laboratorio.
twitter@boria_a

Zac Posen, primavera-estate 2007 indossato da Christina Ricci

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