lunedì 22 febbraio 2010

MODA & MODI

La  passerella "fusion" incarta i muscoli dei Tory
 

La "cool Britannia", cancellata da Cameron, si prende una rivincita sulle passerelle della London Fashion Week. Basta con il multiculturalismo, aveva detto il premier inglese un paio di settimane fa, proclamando il fallimento del modello sociale in cui gente di ogni razza e religione poteva vivere, convivere e votare nel Regno Unito, mantenendo con orgoglio la propria identità e le proprie tradizioni. Ma il "melting pot" che fa storcere il naso ai "tory", è ritornato alla ribalta nelle sfilate della capitale, rendendo protagonista quella che viene sempre considerata la settimana più povera della moda internazionale, la cenerentola dopo New York, Parigi e Milano.
Londra, invece è esplosa con tinte, forme, assemblaggi, intersezioni che parlano il linguaggio dicretivi di tanti paesi, "inglesi" importati di seconda o anche più lontane generazioni, diventati sudditi di Sua Maestà per studi, lavoro, immigrazione. E così, accanto ai mostri sacri della moda britannica, come Vivienne Westwood, Burberry e Paul Smith, sfilano i verdi smeraldo del turco Bora Aksu, gli abiti bluette e grigio argento, come l'involucro del chewing gum, di Annette e Daniela, le sorelle tedesche della griffe Felder Felder, le fantasie etniche e le combinazioni tropicali firmate dal duo australiano Sass & Bide, la palette di bronzo, rosso brandy, giallo elettrico di PPQ, lei australiana, lui dell'isola di Wight.
C'è uno spazio anche per i talenti del concorso triestino Its, sette giovani usciti dal Royal College of Art e dalla Central St Martins, che rappresentano il meglio della creatività britannica emergente: tra loro, con due british puro sangue, ci sono gli "integrati", l'argentino Aitor Throup, la cinese Chau Har Lee, il coreano Mason Jung, la ceca Martina Spetlova.
Disegnano abiti dalle linee fluide ed essenziali, scarpe che sono architetture di acciaio, cuoio, plastica e legno, cappelli che si alzano in volute di feltro e cerniere, ma ogni volta che descrivono il loro concetto estetico si richiamano alle tradizioni delle terre d'origine, alle leggende e ai colori delle loro radici, mescolasti agli stimoli del paese dove oggi vivono.
Il "liberalismo muscolare" che auspica il nuovo Cameron inciampa sulla passerella più contaminata del mondo, incartato in chilometri di moda fusion.
twitter@boria_a


Le scarpe di Chau Har Lee a ITS Nine, Trieste 2010

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