martedì 18 maggio 2010

MODA & MODI: l'it-bag? E' un riciclo

"Must-have"? "It-item"? Parole incomprensibili per le odierne "recessioniste", le fashioniste ai tempi della crisi, con un budget ridotto all'osso e la fantasia che percorre strade impensabili per essere alla moda, o meglio, per crearsi la propria, esclusivissima, moda. "Must" e "it" li accantoniamo pure volentieri, come tutto quello che negli anni '80 si definiva "da bere". Termini antipatici già prima della neo-austerity economica, con quell'idea del pezzo "che si deve proprio avere", quindi di liste, selezione, tempi di attesa, di poco gusto e tanta fiducia nel logo salvifico a più zeri che regala una patina di sicurezza e solidità di gusto anche a chi non ne ha proprio. Non sai mai che borsa abbinare al vestito per non sbagliare? La "it-bag" risolve tutto: perfetta, costosa, impersonale, l'ultimo prodotto della
catena del lusso, quella paparazzata al braccio dell'attrice o della rockstar di punta che, guarda caso, la riceve in regalo dalle griffe solo  per attizzare il desiderio delle comuni mortali. Le "it" stagionate sono anche le più facili da trovare nei negozi di vintage di lusso: di vintage, è ovvio, non hanno nulla, sono solo vecchie di un paio d'anni. Le proprietarie se ne sono già stufate (perchè l'"it", per sua natura, è caduca) e sperano di piazzarle a metà prezzo a qualcuna cui è rimasta la voglia, per poi reinvestire in un oggetto del desiderio più nuovo e altrettanto anonimo, a dispetto della riconoscibilità del marchio. Roberta di Camerino è morta da pochi giorni e le quotazioni delle sue celebri borse d'antan, stanno già salendo. Ma fino a poco tempo fa era possibilissimo scoprire nei negozi di seconda mano splendidi fondi di armadio per poche decine di euro, alcuni firmati solo all'interno, il massimo dello chic "irrintracciabile" (in pelle bianca, pre-bagonghi, quaranta euro, a Trieste) e un unico handicap, il vago  sentore di naftalina...). Le più lungimiranti si sono accaparrate per tempo le Bottega Veneta degli anni '70, all'epoca prodotto veramente di nicchia, con la stampa a farfalla sul camoscio o l'inconfondibile intreccio color champagne. Squadrate, a tascapane, a cartella, sono molto meno fantasiose rispetto al design attuale, ma grazie alla rinascita del marchio con il direttore creativo Tomas Meier, accendono autentiche battaglie nelle aste on-line.
Il segreto? Imparare a guardare, a toccare, a riconoscere, non aver paura di mescolare epoche e stili, disorientare e calibrare, convincersi che per essere "it" non serve mostrare nulla, men che meno un logo. L'importante è l'equilibrio: niente total-look griffato e niente frenesia da robivecchi, sempre a rischio ridicolo. Risparmio e unicità: basta un po' di fiuto. Liz Goldwin, nipote dell'imperatore dei produttori di Hollywood (la G è quella della Mgm) e collezionista maniacale di vintage, con un guardaroba di migliaia di capi, confessa di comprare solo qualche pezzo di stagione e dare  la caccia a tutto il resto nei mercatini, su e-bay o alle aste ("mescolo le Sorelle Fontana, ormai introvabili, con cappotti e golf fatti a ferri di una ballerina del New York City Ballet degli anni '70. È come aggiungere strati alla mia vita..."). Lo diceva, più brutalmente, anche Samantha in "Sex and The City", riferendosi a un party dove si "rottamano" gli ex: «Lo scarto di una, può essere la felicità di un'altra...». Basta aver la pazienza di cercare, magari salta fuori anche il gioiello.
@boria_a
I pezzi di Roberta di Camerino delle signore triestine in mostra al Revoltella (foto di Massimo Silvano

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