martedì 2 ottobre 2012



MODA & MODI

La giacca del candidato non fa la differenza

Può una giacca determinare la fortuna del candidato? Almeno può influenzarla, è la risposta di qua e di là dell'oceano, dove giovani rampanti, diversamente rottamatori, sono impegnati nella scalata al potere. Ha mandato in fibrillazione le croniste la presenza di Matteo Renzi, in prima fila alla sfilata di Scervino nella settimana della moda milanese (e perchè mai, poi?? Era ampiamente annunciata nella cartella stampa), salvo poi registrare che lo stilista fiorentino si occupa dell'abbigliamento del tour in camper dello sfidante di Bersani alle primarie Pd. Ampia o attillata? Scervino non ha dubbi. La giacca dell'"Adesso!" di Renzi è moderna e a tre bottoni, perchè il giovanotto ha bisogno di capi che gli permettano scioltezza di movimenti e gesti fluidi, in colori scuri che lo identificano e marcano la differenza con gli asfittici grigetti, da topo del catasto, del suo segretario. E poi, nessun riciclo, di guardaroba o nomenklatura: il politico moderno non deve essere né trascurato né démodé, perchè scelte simili denoterebbero poco rispetto per gli elettori e, sia mai, scarsa capacità di osare.
Un'altra giacca anima il dibattito, quella del vice scelto da Romney, il lanciatissimo economista Paul Ryan, definito da Tmz, "the hottest vice presidential candidate ever", il più impetuoso numero due mai comparso in una battaglia per la casa Bianca. Peccato che in Virginia abbia toppato di brutto: un modello di due taglie abbondanti sopra la sua, come Tom Hanks nel film "Big" quando si ritrova bambino nella giacca di se stesso adulto. Il critico di moda maschile del New York Times, Bruce Pask, lo affonda: Ryan appartiene a quella categoria di uomini che pensa che la taglia sia proporzionale alla mascolinità, sale l'una così anche l'altra.
Insomma, il problema sarebbe del guru dello stile, o ce l'hai o non ce l'hai. I conservatori americani sono allergici al tema dopo la debacle di Sarah Palin con tutta la sua esosa corte di stylist e parrucchieri. Da noi, pur in tempi di "review", qualche suggerimento modaiolo si può sempre infilare tra le spesucce dei partiti. In realtà, il candidato "maturo" per qualsivoglia poltrona dovrebbe essere indifferente alle mode ma anche alle critiche, come ci illumina "The art of being Winston Churchill". O basta guardare all'altra metà del cielo: Hillary Clinton va agli incontri di Stato con lo "scrunchie", l'elastico di stoffa per capelli simbolo della più bieca casalinghitudine, le ministre italiane portano con disinvoltura cotonature, rughe e camicie d'antan. Più che di tendenza, un problema di autorevolezza?

twitter@boria_a
Paul Ryan con Mitt Romney

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