sabato 9 settembre 2017

IL LIBRO

 La morte è splatter a Tolosa


 
Bernard Minier


 
Un’ambientazione da noir nordico, in una Tolosa livida di freddo, piena di segreti e di oscuri figuri. Una trama da thriller americano, con tanti personaggi e storie intrecciate l’una nell’altra, senza un bandolo apparente. Un taglio cinematografico, che fa salire la tensione a ogni pagina, non risparmiandosi sui dettagli splatter. La diabolica capacità dell’autore di governare un plot complesso, con continui cambi di prospettiva, che polverizzano certezze apparentemente acquisite.

“Non spegnere la luce” di Bernard Minier (La Nave di Teseo, pagg. 697, euro 22,00) ha tutti gli ingredienti per essere un giallo di piacevole lettura, se non fosse per quelle settecento pagine che costituiscono un deterrente, pratico e psicologico. La lunghezza, va detto subito, non annacqua la narrazione, anche se tagliando qualche scena (dove l’autore sembra indugiare con autentico compiacimento sui particolari sanguinolenti, come in un piano sequenza cinematografico) tutto l’impianto filerebbe ancora più teso verso la conclusione, imprevedibile fin quasi all’ultima riga (di qui l’opportunità di “asciugare”, per non guastare l’effetto sorpresa).








Il libro è il terzo capitolo della saga che ha per protagonista l’ispettore Martin Servaz, piacente proprio perchè ha quel tanto di arruffato, sprezzante delle regole, depresso e inconsolabile dei colleghi detective di altri paesi (incluso lo Schiavone di Manzini), anche loro campioni di incassi in libreria. Non a caso La Nave di Teseo, il nuovo editore di Minier dopo i primi due capitoli usciti con Piemme (Il demone bianco e Nel cerchio), ha deciso di puntare sull’investigatore d’oltralpe che, in patria, dove il libro è uscito tre anni fa, ha venduto 300mila copie. Dai thriller è stata anche ricavata una serie tv di successo.

In questo giallo Servaz divide la scena con Christine Steinmeyer, conduttrice di una radio di Tolosa, la cui vita piomba da un giorno all’altro nell’incubo. Una lettera anonima l’accusa di non aver impedito un suicidio, la stessa colpa le viene gettata addosso da uno sconosciuto che chiama durante la sua trasmissione. Pian piano il vuoto le cresce intorno, come una prigione: qualcuno entra nel suo appartamento e deposita dei cd di opere liriche in cui l’eroina si toglie la vita, l’accusano di abusi sessuali su una stagista, perde il lavoro, e i vicini, i colleghi, la polizia la credono una pazza mitomane. Un effemminato individuo, basso, laido e tatuato, la droga e la violenta. Quest’inferno orchestrato con lucidità nei suoi confronti sembra avere un unico obiettivo: sprofondarla nella follia, fino al punto di uccidersi.


Parallela si snoda la storia di Servaz. Una busta con una chiave elettronica d’albergo, ricevuta nella clinica dove sta curando la depressione seguita all’ultimo caso, lo porta, con un’indagine ovviamente non ufficiale, nella stanza dove un’artista si è ammazzata in modo ferino. Chi era? E che cosa si nasconde dietro quello che la polizia ha chiuso, correttamente, come un caso di suicidio?


Le strade dei due, Christine e Servaz, non potranno non incrociarsi. Perchè l’amante di lei (in aggiunta a un fidanzato ufficiale piuttosto arido), l’affascinante astronauta Leónard Fontaine, è stato anche l’amante di Célia Jablonka, l’artista morta. È un uomo brillante dal privato complicato: una famiglia e due figli, molte avventure femminili, un insabbiato caso di violenza nella Città delle Stelle, in Russia, di cui fu vittima l’astronauta francese Mila Bolsanski, quando i due si preparavano per la missione sulla Stazione spaziale internazionale. Un figlio non riconosciuto.


Insomma, il colpevole perfetto: traditore, prevaricatore, ossessivo con le sue donne, con Mila, con Célia, con Christine, al punto da spingerle all’annientamento. Ma quando tutto sembra avviarsi alla soluzione e l’autore comincia a tirare i fili e a far combaciare i pezzi del puzzle, ancora una volta il quadro si rovescia.


Perchè ogni personaggio di questa storia, protagonista o comprimario, e la stessa Tolosa, con le sue periferie fredde e desolate, ha un lato oscuro, un passato con cui fare i conti, una doppia vita, un’ossessione che lo perseguita. E l’indizio per arrivare al colpevole è in quella citazione di Orwell che Servaz fa sua: “Il potere è ridurre la mente umana a brandelli”. Annichilire ogni volontà, al punto da far sembrare la morte l’unica soluzione per liberarsi.

@boria_a

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