martedì 8 maggio 2018

MODA & MODI

I disoccupati non si mettono in felpa 



 

Attenzione alla scritta su felpe e magliette. Nel bicentenario della nascita di Marx, il proletariato è intoccabile, almeno per la moda. Lui, il filosofo autore del Capitale, è diventato icona pop come il Che, ma guai a ironizzare sulle classi operaie. Il grande fratello della Rete è insorto contro gli slogan “unemployed”, “broke”, “working class” - disoccupato, squattrinato, proletario - e su qualsiasi riferimento alla parola “povero” stampata su capi d’abbigliamento. “Too poor for Dior”, recita una t-shirt. E un brand ha varato la linea per “council estate princess”, principesse delle case popolari: niente da fare, anche dove la dissacrazione è palese e l’ironia leggera, gli internauti hanno storto il naso. Su questi temi non si scherza.

Alcuni dei brand o delle catene chiamati in causa si sono affrettati a fare ammenda e a togliere dalla produzione i capi incriminati, primo fra tutti H&M e la sua felpa del disoccupato, di un bell’arancione segnaletico da cantiere stradale. Il prezzo popolare, in questo caso, ha infastidito ancora di più gli internauti, come se la scritta fosse una presa in giro, un doppio tradimento da parte di una catena di fast fashion nei confronti di chi può permettersi solo i suoi vestiti: “lavoro ma non ho i soldi per comprare la tua felpa del disoccupato”, ha chiuso la vicenda un utente di Twitter.


Anche la Rete, però, ha pesi e misure. E la stessa levata di scudi non ha investito un brand modaiolo come Vetements, che, dopo aver ipnotizzato tutti con la presa in giro della maglietta identica (prezzo a parte) a quella dei corrieri Dhl, a chi aspira a sentirsi proletario vende - per parecchie centinaia di euro - pantaloni di cotone da disadattato urbano, “chav lounge pants”. Ipocrisia? In fondo anche Maria Grazia Chiuri, direttore artistico di Dior, ha mandato in passerella t-shirt bianche con la scritta “dovremmo tutti essere femministi”: uno straccetto da attivista glam al prezzo di 550 euro, accolta da molti consensi per l’impegno. Donne discriminate, disoccupati e poveri: tutti sul mercato. Con un'unica differenza: prezzo e griffe.


I più lungimiranti, a questo punto, sono i clienti H&M che si sono accaparrati la tuta “unemployed” prima della censura. Se sono disoccupati o mal occupati davvero, ora si ritrovano per le mani una limited edition. Non risolverà i loro problemi, ma almeno potranno levarsi qualche sfizio.

@boria_a

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