mercoledì 26 settembre 2018

MODA & MODI

L'ecopelliccia, fake che fa bene



Rosa, azzurro, verde. E bianco, in tutte le sue quasi impercettibili sfumature, dal ghiaccio al torrone. Le pellicce ecologiche ci regalano un lusso straordinario, la possibilità, e la libertà infinita del colore. Le tinte più pazze o le derive cromatiche più discrete, le fantasie o gli inserti, i quadrettoni, il patchwork, i fiori, i pois, l’animalier. Questo è il loro anno: divertenti, comode, versatili, affiancano il cappotto, e per le più giovani lo sostituiscono.

La sostenibilità che percorre la moda ha trasformato l’idea stessa di pelliccia. «Si è fatta il visone» si diceva in un passato neanche troppo lontano, negli anni del boom, per registrare il raggiungimento di uno status. E non c’era signora borghese che non sognasse un involucro dal pelo pregiato, come un bene rifugio. Il ’68 ne fece un bersaglio: alle prime della Scala attiravano le uova e i cachi di Mario Capanna e compagni, simbolo del lusso da imbrattare in nome dell’uguaglianza sociale.

Oggi l’ecopelliccia (certo, preveniamo l'obiezione: realizzata in materiali biodegradabili e senza tinte aggressive per l'ambiente), sintetizza tutto l’opposto: prezzi contenuti e trasversalità. Le denunce sulle crudeltà inflitte agli animali e il rinsavimento dei consumatori (secondo un sondaggio Eurispes del 2016, l’86,3% non vuole più saperne) hanno suggerito a molte maison di perdere il pelo e rifarsi una verginità green. L’ultima, in ordine di tempo, è Burberry, oggi diretta da Riccardo Tisci, che annuncia di aver liberato per sempre conigli, volpi, visoni e procioni asiatici.


Versione gilet, giacchino, lunga fino ai piedi, doppiopetto o a vestaglia, con cappuccio o mantella: le chance della pelliccia responsabile sono infinite. Non ingoffano e la loro leggerezza le rende capo per tutte, davvero democratico. Sono fake, ma fanno bene.

@boria_a

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