sabato 7 settembre 2019

IL LIBRO

Bernard Minier ritorna con Servaz
e le sorelle ammazzate nell'abito
della prima comunione 






Due sorelle ventenni, fan di uno scrittore di bestseller morbosi, vengono trovate morte sulle rive della Garonna, vestite da prima comunione, legate a due tronchi d’albero. L’una, Ambre, ha il volto maciullato, irriconoscibile, e dalle indagini del medico legale risulterà essere vergine. L’altra, Alice, uccisa da un violento colpo alla nuca, ha intorno al collo il segno di una collana strappata, quasi un souvenir dell’orrore. La messinscena dell’abito bianco è mutuata da “La comunicanda”, il libro più celebre di Erik Lang, con cui le ragazze, quando erano appena adolescenti, hanno intrattenuto una fitta e ambigua corrispondenza (“Dove siete? Che cosa fate? Voglio sapere tutto - dei vostri sogni, delle vostre speranze, dei vostri desideri. Mi amate? Dite di sì anche se non è vero”, scriveva lui, ventinovenne, già autore celebrato), seguita da incontri, anche in luoghi appartati come quello del duplice omicidio.

Siamo nel 1993 e Martin Servaz, il protagonista dei fortunati gialli del francese Bernard Minier, che si muove in una Tolosa livida e sinistra, all’epoca è un ragazzo appena uscito dalla scuola di polizia, quasi un coetaneo delle vittime. L’attenzione degli investigatori si concentra sulla figura di Ambre, di cui l’assassino ha voluto cancellare i connotati, svuotarla di ogni riconoscibilità. È il cuore del thriller, l’identità: ogni personaggio ne ha più d’una, fisica e psicologica, che si sovrappongono lungo tutto l’intreccio, in cortocircuiti dove verità e menzogna si confondono.


Perché cancellare un volto? Perchè privarlo della sua riconoscibilità? Un vilipendio o un atto estremo di possesso? Per vendetta potrebbe averlo fatto Cédric, il compagno di corso di Ambre alla facoltà di Medicina, che la ragazza ha rovinato con accuse di necrofilia. Per umiliazione Luc, il fidanzato gentile e sfigato, che dorme accanto a lei senza toccarla. Per desiderio insoddisfatto Lang, lo scrittore adorato che cela un ripugnante problema fisico. Perchè Ambre, la vergine, è un’arrapatrice di uomini. Secondo l’amica Karen li cerca, li stuzzica, li porta al limite e poi si sottrae. “Piccola viziosa”, “bomba a orologeria”, la inchioda Lang davanti agli investigatori.



Bernard Minier


Anno 2018. Martin Servaz è quello che conosciamo dalla saga di Minier, giunta con questo “Sorelle”, al quinto, poderoso thriller, il terzo per La nave di Teseo, che si è trasferita con successo anche in una serie per Netflix: è l’investigatore ferito, disincantato, la vita personale intrecciata drammaticamente a quella professionale.
Una telefonata all’alba e Martin è richiamato su una scena del crimine che è un macabro déjà vu: la moglie di Erik Lang, Amalia, viene ammazzata nella casa della coppia, mentre lo scrittore è a sua volta messo fuori gioco. Un colpo alla testa e la donna piomba a terra in mezzo ai rettili velenosi custoditi nei terrari al pianterreno, trovati aperti. Amalia è avvolta in un abito bianco da comunicanda, una citazione dal libro del marito e dal duplice omicidio di Ambre e Alice di venticinque anni prima.


Cos’è che non è stato indagato a fondo nel cold case delle due sorelle, chiuso all’epoca con una soluzione di comodo? Martin rivede se stesso ragazzo, nella sala interrogatori, colpito dalla brutalità dei colleghi. Ora è lui in prima linea, a dover riallacciare i fili, a frugare nelle implicazioni trascurate, ignorate: la celebrità e le sue pretese, i suoi egoismi ed egotismi, uno strano rapporto di sorellanza sbilanciato sulla personalità inquieta e spregiudicata di Ambre, le strategie implacabili di una vendetta covata a lungo e messa in atto col sacrificio più alto di sè: avvicinarsi alla preda, ingannarla per anni con metodo e pazienza, vincere l’avversione, e poi darle il morso finale, come un serpente snidato, senza lasciare alla vittima la possibilità di riconoscere il giustiziere.


“Viziosa”, “svitata”, aveva detto Lang di Ambre. Era il lato oscuro che lo attizzava di lei, fin da quando era poco più di una bambina precoce, che con la sorella scriveva al suo autore preferito, il lato oscuro in cui si specchiavano le sue stesse fantasie. Lo avrebbe sempre “riconosciuto” quel lato, anche in un volto irriconoscibile. E ne sarebbe stato mortalmente sedotto.

@boria_a

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