domenica 11 luglio 2021

IL LIBRO 

 Madeleine St John e il cuore segreto delle cose

 

 


In tre anni, dalla prima pubblicazione de “Le signore in nero” nel 2019, l’editore Garzanti ci ha fatto scoprire il talento di Madeleine St John, unica scrittrice australiana candidata al Man Booker Prize e proprio con il romanzo, il suo terzo, appena arrivato in libreria, “Il cuore segreto delle cose” (pagg. 206, euro 16, traduzione di Mariagiulia Castagnone, in originale "The Essence of the Thing", anno 1997). Come in “Una donna quasi perfetta”, il secondo titolo di St John, uscito nel 2020, tutto succede nelle prime due pagine: là era la scoperta di un tradimento, qui una rottura.
«Non c’è un bel modo per dirlo, ma ho deciso... sì, insomma, sono arrivato alla conclusione... che dobbiamo lasciarci». In un salotto di Notting Hill a Londra - dove la stessa autrice, morta nel 2006, visse a lungo facendo la commessa in librerie e antiquari - Jonathan, avvocato, pronuncia queste parole con una «maschera di tranquilla sicurezza». La sua compagna Nicola, il cappotto ancora indosso e le mani chiuse sul pacchetto di sigarette appena comprato, sente «che lo stomaco si era fatto di ghiaccio, le caviglie erano diventate acqua».

 


 


Dopo anni di convivenza, l’annuncio della fine arriva senza apparenti segnali premonitori. «Mi dispiace, ma è meglio essere chiari. Questa cosa tra noi non funziona, lo sai bene anche tu», continua lui, snocciolando un elenco di faccende pratiche da sbrigare: se ne andrà il weekend dai genitori (e siamo a giovedì) così lei avrà il tempo di lasciare la casa, lunedì verrà l’agente per una valutazione aggiornata, naturalmente sarà lui a rilevarla. Tre giorni prima hanno fatto l’amore? Irrilevante per Jonathan: «Gli uomini hanno un atteggiamento verso il sesso diverso da quello delle donne, cosa che d’altronde succede in molti altri campi». Non dà spiegazioni, il rapporto è liquidato come una pratica legale, sono le donne che hanno bisogno di frugare nell’anima altrui perchè “devono compensare il loro vuoto interiore”...


Da questo momento le loro vite si separano. Jonathan mente ai genitori sulla rottura, ma si rincuora al pensiero che il peggio è passato e che tra poche ore sarà definitivamente libero da esami continui, intimità, condivisione di sè. “Libero e solo, perchè la solitudine equivaleva alla libertà”: così si convince. Nicola, invece, nell’appendice della convivenza forzata che precede il suo trasferimento, continua a stirare le camicie di lui e a scervellarsi, cercando di rivivere il passato e di trovare il punto il cui tutto ha cominciato a incrinarsi. Saranno stati quei black out inspiegabili di attenzione nei suoi confronti? Il periodo di pausa dalla pillola anticoncezionale, che obbliga a fare i conti con un possibile futuro familiare? Ma mentre combatte per nascondere la disperazione, trova in sè un’energia insperata: detta le condizioni perchè in casa non si incrocino e pretende di sapere la verità. Non c’è un’altra, ha detto Jonathan. E allora? 


Quando riesce finalmente a metterlo all’angolo, dismettendo quel distacco e quella freddezza che ha indossato facendosi violenza per difendere la sua vulnerabilità, il responso di lui non lascia spiragli: “stiamo perdendo tempo”, “non voglio più vivere con te”, “questo rapporto non ha futuro”. E il definitivo: “io non ti amo”.


Madeleine St John e un’artista nel non far succedere più niente, se non nell’anima della sua sconquassata protagonista. Come ne “Le signore in nero” o “Una donna quasi perfetta” (che chi non ha letto avrà il piacere di scoprire avendo a disposizione oggi in italiano tre dei quattro romanzi della St John), sono gli interstizi delle relazioni a interessarla, quei confini labili dove l’abitudine diventa indifferenza, la confidenza nell’altro egoismo, la convivenza sottile prova di forza, l’autocompiacimento abuso del partner.


Jonathan resta lì, nel bell’appartamento di Notting Hill, che improvvisamente ha “smesso di respirare”. Nicola va avanti, attraversando tutte le fasi della fine di una relazione: l’incredulità, il senso di colpa, la devastazione, il sostegno delle amiche, i primi tentativi di reagire affacciandosi a una vita diversa, che non è fatta per lei ma la riporta a galla.


Le donne di St John sono sempre delle sopravvissute, com’è stata lei, colta e irrisolta, in bilico tra mondi diversi. Donne raccontate senza femminismo militante, senza frustrazione o vittimismo, colte nella loro scomposta, disarmata, tenace volontà di darsi altre opportunità e rimettersi in gioco. Le ultime pagine del romanzo sono un piccolo colpo di teatro, che rimette i protagonisti l’una di fronte all’altro, a ruoli già invertiti. Nessuno vince, perché St John preferisce al lieto fine consolatorio fermarsi sulla soglia degli smottamenti dell’animo, al bivio di scelte. Lasciando a Nicola, a tutte le altre, a noi, la responsabilità, forse il privilegio di sbagliare ancora, magari di tornare indietro.

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