MODA & MODI
In vena di paillettes
Un anno fa era annunciata come la tendenza prepotente di quest’inverno e quasi ci faceva sorridere. Come solo poter immaginare di vestirsi di paillettes in una stagione di incertezza su scala globale, tra conflitti in espansione, crisi economica, contrazione dei consumi e lo stesso settore della moda che segna il passo, anzi, arretra, a partire da quei mercati orientali che parevano avere portafogli senza fondo?
E invece. Eccole qua le paillettes, in ogni vetrina, di ogni colore. Si sono insinuate in quello di cui abbiamo scritto e letto per mesi il “quiet luxury”, il lusso discreto e che non si appalesa, lo stealth wealth, il benessere solido, mai ostentato nei loghi. E come una scarica di energia hanno fatto sussultare i placidi beige, la palette sonnacchiosa dei marroni e dei grigi, i blu di ordinanza, tutte le sfumature dei rosa, dal pink Barbie al cipria. Piccoli particolari, una striscia di dischetti baluginanti su un berretto o su un maglione, il dettaglio di una sciarpa o di un paio di guanti, ma anche pantaloni, abiti, tute, cardigan interamente ricoperti di scaglie luminose.
Le paillettes hanno scosso il guardaroba non ostentato, messo in crisi il minimalismo, ma soprattutto hanno tolto di mezzo il concetto di “occasione d’uso”, di una decorazione legata a un’ora, a un evento, a un momento della giornata: non occorre che sia sera o notte, ci si veste di luce a piacere, i pantaloni argentati da sirena si abbinano al maglione, la gonna lunga fino ai piedi si infila sotto un’altra, i riflessi luminosi ci avvolgono dalla palestra al teatro. Mescolando e sovrapponendo, giocando con i pesi e le consistenze, le paillettes smorzano la loro forza d’urto, non appesantiscono, non catturano l’attenzione, diventano l’elemento di un insieme.
L’importante è che lascino solamente una traccia, senza strafare. L’equilibrio è un esercizio divertente, fantasioso, che ci abitua a guardare con autoironia e senso critico al modo in cui ci proponiamo, senza rinunciare a cambiare linguaggio, assecondando altre occasioni e tempi diversi, esclusivamente nostri.
Allora, perché sentiamo il bisogno di metterci addosso un capo, un accessorio che brilla? Che cosa ha quel dischetto colorato che ci fa capitolare, che vince la resistenza, la paura di precipitare nella cafonata? C’è una componente ludica in questa scelta, c’è la voglia di cambiare pelle: le paillettes non sono più la trama della soirée, accompagnano l’umore di una giornata senza il vincolo del codice stabilito. Ma, al tempo stesso, conservano una residua idea di celebrazione, una leggibile e basica vena di festa.
Confesso: ho ceduto. Dopo anni e anni di idiosincrasia per il genere, nella mia testa collegato ai costumi delle danze latino americane o esibizioni affini, non ho resistito a una gonna plissé ricoperta di impercettibili bagliori neri, che attende fiduciosa di uscire allo scoperto. Forse i capi arrivano al momento giusto, quando siamo pronti per congedi e nuovi inizi.
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