martedì 1 ottobre 2024

MODA & MODI 

 

Lupa, lonza, leone: i vestiti bestiali e l'effetto wow 

 

La collezione di Schiaparelli firmata da Daniel Roseberry

 

Chissà se si è stupefatta la giornalista Rachel Tahjian, critica di moda del Washington Post, guardando sfilare sulla passerella parigina di Schiaparelli una Naomi Campbell con cappotto a pelo lungo e grande testa di lupa sulla spalla sinistra, nell’incarnazione della Cupidigia. Il direttore creativo del brand, Daniel Roseberry, ha detto di aver voluto allontanarsi dalle tecniche che conosce bene e avventurarsi in una sorta di dantesca “selva oscura”, utilizzando - bene precisarlo in tempi di hater - vetroresina e finta pelliccia per dare forma ai tre peccati capitali e alla loro rappresentazione animale. La Superbia? Eccola, è la modella Irina Shark in nero monospalla con enorme testa di leone, mentre a Shalom Harlow è toccato zampettare in abito maculato chiuso al petto da una lonza a fauci aperte, incarnazione della Lussuria.

Il riferimento alla giornalista americana non è casuale. “Davvero la gente ricca si veste in maniera così noiosa”? ha commentato Tahjian dopo la sfilata milanese di Gucci, l’ammiraglia del gruppo del lusso Kering che ha seri problemi di perdite economiche. Troppo scontati gli abiti, i completi, i trench, noiose le minigonne. A suo dire non c’è emozione dietro la tecnica, i capi danno l’idea del fatto a macchina e non a mano, mentre chi ha tanti soldi da permettersi il brand ha diritto di essere stupito da idee originali e anche chi non li ha, i soldi, ha diritto a un po’ di inventiva e a non vedersi rifilare la rifrittura di tendenze già da anni esplorate dalla fast fashion. Bocciato anche Ferragamo: un compitino normale del designer Maximilian Davis che serve solo a spingere le borse (sono loro che si vendono!), sproporzionate rispetto ai capi, onnipresenti, con dettagli incongrui. 

Insomma, sintetizzando i rilievi della giornalista: è ora di farla finita con le serie televisive Succession, White Lotus, Big Little Lies (aggiungerei ora The perfect couple su Netflix) e al prevedibile quiet luxury, il lusso sottotraccia che fa sbadigliare. “Per l’amor del cielo diventa un po’ creativo!” ha scritto Tajian senza giri di parole.
L’esortazione appare brutale, ma solleva una domanda importante: quanto siamo disposti a sacrificare all’effetto “wow” di una collezione?

La moda sta attraversando un momento terribile tra guerre in corso, paura del futuro che frena gli acquisti, mercati asiatici in crisi, chiusure di marchi. I creativi hanno una responsabilità, devono rispondere ai numeri e venire a patti con le richieste degli amministratori delegati, non è il momento di scorrazzare a tutto campo nelle praterie sconfinate dei vestiti folli. Il punto è uno: bisogna conciliare creatività e portabilità, l’eredità di un marchio storico e l’innovazione, idee e mercato, sogno e realtà. Chi acquista, sia il ricchissimo, sia il cliente “aspirazionale”, per cui la borsa è la chiave d’accesso a un mondo che non può permettersi in toto, pretende rispetto. Gucci e Ferragamo hanno proposto collezioni indossabili, solide, credibili. Al “wow” hanno preferito l’equilibrio. Mettersi addosso la lonza, il leone e la lupa sarebbe il vero peccato capitale.

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