lunedì 4 luglio 2016

IL LIBRO

 Strade di donne a Trieste e Muggia, fotografate dalle donne


Strade dal nome di donna fotografate da donne. Strade intitolate a Cecilia de Rittmeyer, Sarah Davis, Kathleen Foreman Casali, ricche, colte, cosmopolite, ma soprattutto benefattrici, attente agli ultimi di Trieste, cui hanno lasciato i loro averi. Strade che ricordano semplici artigiane e commercianti, come la “fabra” Maria Toros che, alla morte del marito, intorno al 1850, continuò a lavorare il ferro nella bottega vicino piazza Goldoni. O la “venderigola” di frutta e verdura proveniente da Pirano, cui è dedicata la “Piranella” sul colle di San Giusto, via minuscola ma coriacea, capace di resistere agli attacchi della toponomastica maschile, indignata per l’omaggio importuno a una “femminetta”.
Strade di donne partigiane, Martina Bernetic, la prima slovena a ricevere quest’onore e proprio nel suo rione, San Giacomo, Ondina Peteani e Alma Vivoda, che si sono sacrificate per la libertà di tutti. O, donne che al lavoro hanno sacrificato tutto, gioventù e affetti, come Marianna Di Domenico, morta nel 2004 sotto un’inscatolatrice del pastificio Zara, dove intervenì, in un beffardo gioco del destino, il marito carabiniere.



L'intitolazione di un strada a Marianna Di Domenico, l'operaia morta al pastificio Zara di Muggia (foto Marisa Ulcigrai)


È una contabilità perdente quella della toponomastica al femminile: 43 strade “femmine”, tra Trieste e Muggia, oltre 700 quelle “maschie”. Un abisso, nonostante l’accelerata nelle intitolazioni degli ultimi sette anni, che ha rinforzato la “mappa” di genere con, tra le altre, l’attrice Ave Ninchi, la cantante Fedora Barbieri, la scrittrice Marisa Madieri, la pittrice Leonor Fini, la cestista Chiara Longo, le fotografe Wulz, la studentessa infoibata Norma Cossetto.


Giardino Leonor Fini nell'interpretazione di Marisa Ulcigrai


È stata quasi una sfida, allora, quella dell’associazione Fotografaredonna, che, con le sue professioniste, appassionate e neofite, ha letteralmente percorso tutte le strade femminili di Trieste e Muggia, interpretandole con l’obbiettivo. Questo lungo lavoro, preceduto da workshop di approfondimento storico, sulla foto contemporanea e sull’utilizzo del photoshop, è sfociato nel libro “#Fuori dove la parità non esiste” (La Mongolfiera libri, pagg. 176), firmato dalla presidente del sodalizio, Marisa Ulcigrai e da una delle fondatrici, Sandra Grego, con il coinvolgimento di molte storiche per le schede informative sulle protagoniste.
«Non una guida turistica», precisa subito Ulcigrai. Piuttosto un racconto per immagini, che, di volta in volta, si fa documentazione, suggestione, elaborazione, secondo la sensibilità e le preferenze di ciascuna fotografa. A loro si è aggiunta Paola Di Bello, professionista e docente, con la sua ”lettura” di via dell’Annunziata e di via Madonnina in una sequenza ininterrotta di ritratti, quasi cinematografica, della gente che ci passa.


 In principio furono Madonna e sante, tra Settecento e Ottocento. La prima strada “databile” è via Santa Teresa, anno 1887, mentre l’intitolazione “sospesa” è quella alla scrittrice Marica Nadlišek, approvata dalla giunta comunale di Trieste nel novembre 2015 e in attesa che sia individuata un’area verde nella zona di Strada di Guardiella.

L’approccio al lavoro di Fotografaredonna è partito dalla cronologia ricostruibile, poi si è sviluppato per affinità di temi. Via delle Monache, via Santa Maria Maggiore, della Madonnina, dell’Annunziata, le strade del culto mariano, tra scorci di paesaggio e sprazzi di spiritualità. In via della Madonna del mare i commercianti che resistono, nonostante la pedonalizzazione promessa e mai arrivata. Vicolo Santa Chiara, abbruttito dai graffiti, via Santa Caterina, colorata dalle stoffe in saldo dell’Emporio Istriano.


Calle delle Monache a Trieste (Marisa Ulcigrai)


Anche l’800 è secolo di intitolazioni spirituali, prima che il ’900 cominci ad aprirsi alle donne, omaggiando pubblicamente le benefattrici. Ecco, allora, nel libro, le donne al lavoro nel Mercato coperto, edificio donato da Sarah Davis per riparare le “venderigole”, ecco i giovani ipovedenti che imparano un mestiere all’istituto Rittmeyer, dono della baronessa Cécile.


Via Margherita nella foto è una geometria di cielo, perimetrata da cemento, viadotto e un ritaglio di verde. Lei era l’anconetana Margherita Maiocchi, sposa di Bartolomeo Ravasini di Momiano, morta nel 1880. Non ne sappiamo nulla, non abbiamo una sua foto, non fece nulla di eclatante, ma fu amata e ricordata: il terreno per una nuova strada lo donò all’amministrazione il figlio Angelo, purchè portasse il nome della mamma. Anche la rimessa dei tram della Società Triestina Tramway si chiamò “Margherita” e da lì, la sera del 1° ottobre 1990, uscirono tre mezzi con illuminazione interna, inaugurando, in qualche modo nel segno di una donna, la prima linea di tram elettrici.
Via Rita Rosani e via Laura (e Silvano) Petracco, partigiane: in una collettiva di scatti, Fotografaredonna le racconta attraverso il verde, i fiori, gli alberi, la libertà di spaziare con lo sguardo. Foto evocative per le artiste e le letterate: giardino Fedora Barbieri, col rosso denso di un sipario che cala sul palcoscenico, giardino Leonor Fini, attraversato dalla silhouette della pittrice di schiena, disegnata nel buio verso un punto luce, giardino Marisa Madieri, la scrittrice col brevetto di volo, parole e un pezzo di azzurro. Giardino Chiara Longo, cestista, insegnante, mamma, morta a quarantaquattro anni: un canestro di verde stagliato contro il cielo, il senso dello slancio, la proiezione verticale.



Giardino Marion e Wanda Wulz, interpretato da Nadia Sirca


Tecniche, interpretazioni, colori diversi. Sono tanti gli sguardi di fotografe donne che raccontano le strade delle donne. Strade in salita, come Erta Sant’Anna, che una madre percorre con la figlioletta, a tratti portandola in braccio, a tratti lasciandola libera di provare a camminare. Un’unica foto di cronaca, quella che cristallizza l’intitolazione a Marianna Di Domenico, l’operaia morta in fabbrica. In tutti i sensi, foto simbolo di un lungo cammino da compiere.

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