Matea Benedetti: Mi vesto di bucce di mela e foglie di ananas per salvare il pianeta
Matea Benedetti ph. Ok Tibor Golob |
«L’abito ha conseguenze, dice Matea Benedetti. E per lei, costumista e stilista slovena, non è affatto uno slogan dell’ultima ora. Oggi che la moda è messa sotto accusa come grande inquinatrice e che anche le catene del fast fashion si affrettano a produrre collezioni (presunte) ecologiche per lavarsi la coscienza, Matea, che sulla sostenibilità lavora da anni, vuole fare un altro passo, cogliere una sfida. «Il mio - racconta - è un brand di lusso ma senza alcun prodotto animale». Luxury animal free: una nicchia e una chicca, che può contare al massimo su una scelta di cinque materiali al mondo.
Un assaggio di questo progetto, la sua prima collezione glamour vegan in assoluto, per inverno ed estate 2021, è in mostra alla Casa della Musica di Grado, protagonista della rassegna “Maravee Dress” ideata da Sabrina Zannier. Dall’esplosione di colori alla tavolozza dei diversi neri, abiti, camicie, gonne, trench, haute couture, ogni pezzo è al cento per cento biodegradabile. Sono involucri fatti con scarti di frutta, dove perfino la colla deriva dal mais e non ha nulla di sintetico. Si chiama “Benedetti Life”, perchè il marchio, spiega Matea, «protegge la vita». Quella degli animali e del pianeta, certo, ma anche quella degli umani che nella filiera della moda lavorano e che hanno diritto a essere pagati equamente, anche nei più remoti angoli del pianeta dove le tutele non esistono. La produzione massiva dei grandi magazzini low cost inquina il pianeta così come la vita delle persone. E “sostenibilità” significa anche sostenere gli altri. Una filosofia integrale e integrata che parte dalla realizzazione delle stampe dei tessuti, passa per i bottoni, il packaging e arriva al trasporto delle collezioni e al magazzino. E che le è valsa, nel 2017, un posto tra i cinque finalisti del Green Carpet Award, conferito alla Scala di Milano durante la settimana della moda. Nel 2018 un altro riconoscimento, il Positive Luxury Award per aver saputo coniugare il glamour col rispetto dell’ambiente, e l’attenzione di una giornalista guru come Suzy Menkes.
Benedetti Life, Parrots' Poetry, ph. Valentina Cunja |
Octopus Intelligence ph. Belinda De Vito |
Matea Benedetti, nata a Capodistria (al secolo Mateja, ma quella “j” veniva pronunciata diversamente in ogni paese e così è stata eliminata, una laurea in Textile e clothing design a Lubiana, una specializzazione in Fashion design a Utrech, una lunga esperienza di costumista teatrale in Italia e all’estero) comincia a lavorare sulla moda green nel 2014 con il suo marchio Terra Urbana, utilizzando la peace-silk, la seta organica, ricavata da bozzoli che non uccidono la larva ma le consentono di completare la trasformazione, insieme a canapa, cotone e lana ecologica, colori a base di acqua. Per l’effetto rettile sperimenta la pelle scartata del salmone. Le sue collezioni sono dedicate a specie animali in pericolo, la prima alle farfalle, la seconda al lupo bianco, stremato dal surriscaldamento del pianeta, all’epoca imperiosamente vestita da una testimonial come l’attrice Katarina Čas (la ricordate in “The Wolf of Wall Street” foderata di dollari?).
Agli inizi dell’eco couture firmata Benedetti i materiali sono pochi, pizzi e tulle inesistenti. Tre, e basici, i colori per le sete. Ma la tecnologia va avanti e “Benedetti Life” oggi presenta una cinquantina di capi da giorno e da sera realizzati con materie prime che normalmente facciamo finire nella spazzatura. L’animale su cui quest’anno la designer ha deciso di accendere l’attenzione sono i pappagalli della foresta amazzonica, decimati dai cambiamenti climatici, dalla caccia e dai traffici illegali. È la sua Parrots’ Poetry, un tripudio di rossi, verdi, gialli che si inseguono come in un piumaggio, realizzati con colori biologici, privi di metalli pesanti. Non inquinare, spiega Matea, significa anche ridurre al minimo il trasporto: le sue stampe e le sue tinte arrivano dall’Italia, la produzione è in parte slovena in parte italiana, lo sviluppo del prodotto viene fatto in Slovenia. L’obiettivo di un futuro prossimo è “made in Italy” totale, lusso a chilometro zero.
Le paillettes ricavate da bottiglie di plastica riciclate. Benedetti Life ph. Belinda De Vito |
Eccoci immersi nel mondo di “Benedetti Life”. Al primo piano Matea esalta poeticamente il polpo con gli abiti di “Octopus Intelligence” per l’inverno 2021. Ancora una volta l’ispirazione viene dal mondo animale e da un esemplare dotato di più cervelli e più cuori, la cui intelligenza supera quella dell’uomo. Accanto una sezione dark, per illustrare le declinazioni del nero nei materiali. Ma su tutti ruba la scena l’abito haute couture che ha incantato il Green Carpet Award, un bustier che si gonfia in una cascata di dischi fino ai piedi, in rosso denso e bianco, realizzato in Appleskin, il biopolimero derivato dagli scarti delle mele nella produzione dei succhi di frutta, brevetto di un’azienda di Bolzano. La pellicola allude alla pelle animale, ma non viola l’ambiente e ricicla quanto di un’altra produzione andrebbe perduto, in una virtuosa economia circolare. E il Piñatex? È un tessuto a base di fibre di foglie di ananas prodotte nelle Filippine e lavorate in Gran Bretagna, da due anni sul mercato, riassorbibile al cento per cento. Completano la gamma dei materiali la viscosa Enka, derivata dalla pasta di legno, a sua volta estratta con un complicato processo sostenibile da alberi di foreste non devastate dagli abbattimenti, mentre i bottoni sono in “avorio vegetale”, ovvero corozo, dalla noce essicata della palma tropicale proveniente dall’Ecuador. Solo le paillettes eco non esistono ancora e allora Matea ha optato per il riciclo, tagliandole a mano da bottiglie di plastica e cucendole sopra uno dei modelli in mostra. «Ci hanno lavorato cinque persone per tre mesi - racconta - ma l’abito sembra fatto di vetro».
Haute Couture in Appleskin selezionato al Green Carpet Awards | ph. Tomaz Pancic |
Haute Couture in Appleskin selezionato al Green Carpet Awards |
Green equivale a slow. «Impossibile fare un prodotto sostenibile e a basso costo», avverte la designer. La riduzione dell’acqua nelle lavorazioni e l’attesa per la maturazione naturale delle materie prime impediscono produzioni massive più volte l’anno. Gli outfit di Benedetti Life si vendono per ora solo online e su ordinazione, i capi in stock sono un altro spreco. I costi? Quelli di una griffe medio-alta. Tracciabilità e trasparenza in ogni passaggio della filiera lo impongono. «La gente non capisce che un capo per pochi euro costa alle future generazioni la Terra. È un concetto molto difficile per l’acquirente. Ma i brand lussuosi cominciano a cambiare e la loro influenza è fondamentale sulle catene di fast fashion, che li copiano. L’obiettivo dovrebbe essere la totale sostenibilità di tutti i marchi nel 2021», conclude Benedetti.
ph. Belinda De Vito |
L’abito ha conseguenze, appunto. Ci trasforma e trasforma l’ambiente che abitiamo. Sta a noi, creatori e fruitori, scegliere come.
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