mercoledì 24 novembre 2021

IL LIBRO

Delitti a 33 giri di Furio Baldassi

nella Trieste sotto una palla di vetro 




 

Il gastrogiornalista rockettaro Furio Baldassi debutta da giallista. Senza dimenticare le sue passioni. Una, la musica, la infila già nel titolo, per mettere sulla strada i lettori. Dell’altra, ovvero la cucina ben innaffiata da birre e bottiglie di qualità, sono tanti i riferimenti lungo la trama del suo primo thriller, “Delitti a 33 giri” (Mgs Press, pagg. 200, euro 16,50), che ha al centro una molto contemporanea Trieste macchiata da una catena di singolari omicidi. Unici indizi, l’arma del delitto, una balestra, che il serial killer manovra con incredibile perizia, riuscendo a far fuori bersagli anche in movimento, e i 33 giri lasciati accanto ai cadaveri. Il libro verrà presentato il 26 novembre, alle 18, al Caffè San Marco, dall’autore in dialogo con Andro Merkù. 


“Smells like teen spirit” dei Nirvana “firma” il primo assassinio, quello di Angelo Maria Listuzzi, un insipiente travet della politica asceso dal Consorzio Oli Esausti alla presidenza dell’Autorità portuale, non certo per meriti suoi ma per decisione del deputato Franco Schergat, Papa Nero delle nomine cittadine, che strategicamente decide i candidati in base all’ottusità, alla manovrabilità, al totale immobilismo. Dopo Kurt Cobain e compagni, “Bat out of hell” di Meat Loaf accompagna il secondo morto, un trafficante di droga trafitto mentre in moto sta raggiungendo la sua villa-Fort Knox di Chiampore.

 

Sono invece i “Greatest Hits” del direttore d’orchestra anni ’60 Ray Conniff, colonna sonora dei film della fidanzatina d’America Doris Day, a suggellare il terzo cadavere, un boss romeno della tratta di clandestini, giustiziato nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale di Rabuiese. “Ramaya” di Afric Simone, il motivo dei trenini capodanneschi, celebra l’unico morto sfiorato, il sindaco Otello Michelut, provvidenzialmente chinatosi a raccattare il cellulare prima che la balestra lo trapassi in prossimità della casa dell’amante, nella defilata via Buie d’Istria. Infine, “The End” dei Doors, lasciata accanto all’ultimo giustiziato, quello eccellente.

 

 

Il giornalista Furio Baldassi

Un’arma medievale, dischi da intenditore, un omicida seriale che scuote l’apatico tran tran della città, presidiata in ogni carica di bosco e sottobosco dalle truppe conservatrici di Schergat, il proteo del Timavo della politica, con la benedizione della curia locale. Non c’è da meravigliarsi se il commissario Renzo Fierro, “talian” felicemente inurbatosi a Trieste con tanto di moglie autoctona, cerchi conforto in una liubljanska da passeggio sfornata dall’Approdo o, insieme al suo fido vice Zeno Martincig, trovi rifugio nella taverna balcanica Rustiko per riordinare le idee sui possibili sospetti. Perchè se le colpe dei trafficanti sono palesi, meno chiaro è il movente per un piccolo amorale profittatore come Listuzzi, o per il sindaco Michelut, un laureato all’università della vita arricchitosi facendo fruttare la macelleria della zia e reclutato in politica per le sue abilità di imbonitore, molto apprezzate dell’elettorato anziano e dagli estimatori dei rifacimenti di marciapiedi.


Riferimenti non troppo casuali sul fondale di una Trieste - per citare Brenno Brauer, il nerista del quotidiano locale - uguale alla città dentro la palla di vetro, che quando la scuoti scende non la neve, ma una coltre di “livore, desiderio di vendetta, vecchie beghe mai sanate, debiti con la storia mai ripianati”. Chi è allora il giustiziere che affianca criminali comuni alla nomenklatura cittadina? Per risolvere il caso Fierro dovrà avvalersi anche di un paio di gustose “risorse” interne della questura, il musicofilo Bruno Polojaz e Darione Filipaz, l’adiposo esperto di computer da decenni incrostato (e dimenticato) in un ufficio, che, miscelando gli indizi in un algoritmo, riesce ad abbinare dischi a futuri cadaveri. Ma l’assassino è sempre un passo più avanti.


Il genere del giallo è palesemente un pretesto. Da cronista esperto, con un passato ultratrentennale al Piccolo, Furio Baldassi imbastisce un’indagine che porta via via i protagonisti nei quartieri, lungo le strade, nei buffet che gli sono cari, luoghi dell’anima e di “spirito”, con un’ideale colonna sonora dei suoi best of. Il gioco dell’«indovina chi» è leggero e divertente, sia che si parli di burattinai e macellai, con la loro perniciosa corte dei miracoli seduta su ogni sedia disponibile, sia che si tratti di locali dove tutto è apparenza, dal cibo ai commensali, come al “Sunset” di Barcola (nome, ma solo quello, assolutamente di fantasia).


In filigrana, però, l’amarezza di chi, per mestiere, ha registrato negli anni l’inarrestabile degrado della classe dirigente, ormai ridotta a un manipolo di volti noti, più impegnato a soffiare sui fuochi mai domati del passato, che a costruire progetti per una Trieste dove i giovani non scappino. Allora l’ironia diventa disincanto, repulsione nei confronti di quanti fanno di una certa qualità della vita una cappa sotto cui soffocare ogni prospettiva. Che lasciano circolare vendicatori con armi arcaiche, pronti a far fuori predatori di ogni genere, anche della cosa pubblica.
 

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