lunedì 29 novembre 2021

MODA & MODI

 Vietata la pelle di Kim Jong-un

(se si vuole salvare la pelle)

 

Kim Jong-un (Associated Press)


 

La pelle del caro leader non si tocca, se si vuole salvare la propria. L’imitazione non può insidiare l’adorazione. La notizia di moda più gustosa della settimana arriva dalla Corea del Nord, paese notoriamente aperto ai trend, dove il giovane dittatore Kim Jong-un, è intervenuto con pugno di ferro sul dress code dei sudditi. Vietato, in particolare, il suo capo preferito, il trench di pelle nero, doppiopetto, con cintura in vita, che, dal 2019, quando per la prima volta sfoggiò il marziale soprabito, insalsiccia graziosamente la sua non esile nè atletica figura. L’aveva indossato davanti a Donald Trump, altro testimonial delle ingessature, in occasione delle trattative sulle scorte nucleari della Corea del Nord.

Immediatamente i pari di Kim, la nobiltà e i dignitari del regime a lui vicini, con risorse adeguate all’acquisto del materiale pregiato, si sono “uniformati”, è il caso di dirlo, in segno di rispetto e fedeltà: tutti intubati in autentica pelle nera. Quando però anche i comuni mortali hanno copiato il gommoso cappotto del capo supremo, è scattata la repressione. Quella pelle finta, importata in Corea del Nord dalla ripresa del traffico illegale con la Cina, prima interrotto dalla pandemia, rappresentava un attentato al guardaroba del signore della nazione. Rotoloni sintetici, testimoniati da Radio Free Asia, destinati a trasformarsi in copie fedeli del capospalla del leader? Un affronto da reprimere. Solo il partito può stabilire chi ha diritto alla pelle.

Come in una riedizione delle leggi suntuarie del Medioevo in Italia, quando scopiazzare l’abbigliamento dei maggiorenti era punito con multe salate (per reprimere l’ostentazione, ma soprattutto perchè le amministrazioni potessero fare facile cassa, visto le aspirazioni al lusso di commercianti e nuovi ricchi...), la polizia si è messa in moto. Vestirsi con un’imitazione dell’orribile cappotto nero del caro leader viene punita come “tendenza impura per sfidare l’autorità della più Alta Dignità”, così come si appella il dittatore. Quindi si chiudono i negozi che vendono il tarocco e si sottraggono i capi a chi li ha, magari faticosamente, acquistati per assomigliargli, in segno di deferenza o per non incorrere in abbigliamento sgradito al regime.


Non è la prima volta che il caro leader della Corea del Nord si occupa dell’aspetto della nazione. Nel 2014, a tre anni dall’insediamento, aveva ordinato agli studenti di adottare il suo taglio di capelli, poi, nel 2017, forse infastidito dalla pletora di replicanti, aveva imposto di non imitarlo, ma di scegliere tra una quindicina di stili “socialisti” approvati dal partito. Sarebbe interessante verificare gli sforzi di fantasia dei coiffeur coreani, immaginiamo impegnati a giocare sui centimetri della “sfumatura” sul collo, una delle limitate originalità concesse a rasoiate piuttosto spartane. 


Il trench di pelle può comunque essere indossato anche dalla sorella del capo, Kim Yo-Jong, e da importanti politiche del suo cerchio magico. Se il caro leader sta cercando di staccarsi dall’immagine, e solo da quella, di padre e nonno, abbandonando giacche modello Mao e occhiali con montatura di corno a favore di un suo stile personale, il cappotto SS è molto di più di un semplice capo. Sintetizza potere supremo, distanza, intoccabilità, irraggiungibilità, ieraticità. Il caro leader per ora snobba un altro potere, quello di diventare influencer.

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