lunedì 12 settembre 2022

L'INTERVISTA

Eugenia Paulicelli: "I grandi magazzini

sono un teatro

affacciato sulle città"

 

«L’avvento dei grandi magazzini porta a profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali. Non si comprenderebbe la loro portata rivoluzionaria senza le intime connessioni con lo sviluppo tecnologico, urbano e l’architettura delle città, che danno vita a una riconfigurazione dello spazio e del tempo. Tempo e spazio sia esteriori che interiori. Di conseguenza il grande magazzino contribuisce al processo di diffusione e di democratizzazione della moda. Una moda su larga scala».


Eugenia Paulicelli, docente e fondatrice della specializzazione in “Fashion Studies” al Graduate center e Queens College della City University di New York, è una delle anime della mostra “Moda e Pubblicità”.

 

Eugenia Paulicelli

 


Prima della creazione del “made in Italy”, negli anni ’50 del ‘900, esisteva già una rodata pubblicità di moda in Italia? Sì - risponde Paulicelli dalla sua casa negli Stati Uniti - infatti nell’esposizione si possono osservare le radici del marchio Italia e come l’Italia elaborasse la sua identità complessa e multipla. E come questa si formasse attraverso processi di modernizzazione, che si concretizzavano nelle astute ed elaborate campagne pubblicitarie. Queste forme di comunicazione si sviluppano parallelamente alle arti, al saper fare artigianale e alla formazione di una classe imprenditoriale e industriale, come mostrano le esperienze della Rinascente, di Mele, dei magazzini Zingone a Roma. Sono anche i grandi magazzini a innescare le novità della moda e della confezione in serie, che man mano si svilupperà con gli anni a venire. È nei grandi magazzini che già alla fine dell’Ottocento comincia il “ready to wear”.

 

Achille Luciano Mauzan, La Rinascente inaugura i suoi magazzini, 1917 (Collezione Salce, Treviso)

 


I grafici come interpretano le nuove esigenze pubblicitarie dei grandi magazzini? Guardano ai cambiamenti sociali ed estetici e cercano di rappresentare una figura di donna dinamica che man mano si libera delle costrizioni, come avviene con il corsetto. In queste opere si possono leggere le trasformazioni identitarie, soprattutto delle donne. Le donne sono presentate all’interno di piccole storie e atmosfere che evocano il sogno, l’aspirazione e il desiderio. Meccanismi psicologici e tecniche che sono alla base dello sviluppo dei consumi. Si notano le nuove maniere di muoversi dei corpi delle donne, che diventano più agili, attive e occupano spazi non solo o solamente domestici. Molte lavorano nei grandi magazzini oppure nell’industria della moda e del tessile. E anche loro vogliono vestirsi bene, cosí i grafici contribuiscono a costruire il marchio distintivo di un determinato magazzino, come il motto onnipresente dei magazzini Mele che assicura la potenziale clientela di “Massimo buon mercato”.

 

Filippo Omegna, Unione cooperativa Miccio & C. Napoli, 1910

 


Il caso di Mele a Napoli e della Rinascente a Milano distinguono l’Italia da tutti gli altri paesi europei e non solo. Perché? Proprio per il fatto che le città che ospitano o hanno ospitato questi magazzini sono uniche al mondo, con la loro bellezza diversa, l’architettura, l’organizzazione dello spazio urbano e del centro storico. Questi magazzini, che erano come un grande teatro dove si poteva trovare il caffè, o il ristorante, il parrucchiere o una sala di proiezione, si situavano a loro volta nel teatro spettacolare delle città italiane, creando un continuum e una sinergia tra spazi diversi. Persino oggi il ristorante della Rinascente a Milano offre dalle sue grandi vetrate lo spettacolo del duomo. Le finestre sembrano trasformarsi in uno schermo cinematografico e rimandano alla rappresentazione di quello spaccato della città nel cinema italiano, Luchino Visconti in primis. Certo parliamo di immaginari e di poesia della visione, ma tutto questo fa parte dello spettacolo messo in atto dalla comunicazione e dal racconto della moda. L’importanza del display, delle vetrine, è anch’essa un’arte che si evolve e si sviluppa dall’Ottocento in poi.

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