domenica 26 febbraio 2012

IL LIBRO
Riikka Pulkkinen, fruga nell'armadio dei vestiti dimenticati

La scrittrice Riikka Pulkkinen
C'è un abito che appartiene a Elsa, che è stato regalato a Eeva, che Eleonoora ha visto a casa sua ma su una donna che non era la madre, che Anna ha scoperto e indossato a distanza di decine di anni. E quando Elsa, la nonna che sta morendo, lo ritrova sulla nipote Anna, capisce che è giunto il momento di consegnarle una storia lontana, di fare i conti con un passato che il tempo rimasto non le consente di rinviare
Un tradimento attraversa la vita di tutte queste donne ne "L'armadio dei vestiti dimenticati" della trentaduenne finlandese Riikka Pulkkinen, uscito in Italia da Garzanti (pagg. 308, euro 16,40). Ciascuna di loro ce lo racconta, in prima persona, componendo, pagina dopo pagina, una trama sottile eppure potente di rapporti tra generazioni diverse. Relazioni al femminile, di sangue, come quelle tra madre e figlia o tra nonna e nipote, ma anche relazioni di accudimento e di elezione, le più sottili e insondabili, tra una bambina e l'estranea di cui ha scelto di fidarsi. Due vicende si dipanano parallele, a volte s'incrociano e si rincorrono tra passato e presente, Eeva e Anna, Anna ed Eeva, l'amore per un uomo che spinge entrambe ai confini della malattia, lo strappo, se possibile ancora più lacerante, con le piccole donne affidate alle loro cure, con cui avevano costruito un linguaggio di parole e di intuizioni, di cui vedevano nascere, e crescere, la capacità di abbandonarsi nelle mani di un'altra, senza la paura dell'inganno. Amore maturo e affettività infantile: due piani che l'autrice esplora con delicatezza, nelle pieghe degli egoismi, delle timidezze, dell'istinto di autoconservazione di sè e del proprio mondo che accomuna piccoli e grandi.
Uscito in sordina in Finlandia nel settembre 2010, il secondo libro di Pulkkinen, subito in testa nelle classifiche del suo paese, appena tre mesi dopo è stato venduto in tutto il mondo. L'autrice nei giorni scorsi era a Milano per la presentazione dell'edizione italiana.
Com'è nata la storia?
«Volevo costruire un romanzo con due trame, una interna e una di cornice, perchè per me è sempre molto importante la struttura della narrazione. All'inizio avevo pensato a una storia ambientata nella seconda guerra mondiale come trama interna, ma dopo aver scritto ottanta pagine mi sono accorta che non funzionava. È allora che mi è venuta l'idea della giovane Eeva e del suo amore che sboccia. Ci ho messo un anno a capire che era la strada giusta. Così nel cassetto mi è rimasta la storia di guerra che non so se mai pubblicherò».
Pagina dopo pagina si ha l'impressione che più che di amore tra uomo e donna, il libro punti ai legami femminili, tra madri e figlie o comunque tra donne che si aiutano a vicenda. Corrisponde alle sue intenzioni?
«È proprio così. In effetti mi sono sentita anche commossa nel momento in cui mi sono resa conto che il personaggio di Anna si stava prendendo cura della propria madre, Eleonoora, raccontandole la sua infanzia. C'è una storia di hybris, di colpa, che parte da lontano. All'interno di essa Anna si immagina di diventare una sorta di mamma della sua stessa mamma, e, come se le cantasse una ninnananna, le parla di Eeva, questa giovane donna che ha fatto parte della sua infanzia. Il cambiamento continuo di ruoli, di identità, di narratore rappresenta un elemento chiave del romanzo. D'altro canto nella vita non abbiamo mai un unico ruolo da svolgere, ci viene richiesto di assumerne diversi a seconda delle circostanze».
Gli uomini li lascia sullo sfondo?
«Direi che hanno un profilo più silenzioso ma non per questo meno centrale. Martti, per esempio, è un artista e come tale è a lui che spetta porsi tutte le domande importanti sulla vita, perchè ne ha una visione completa. Le stesse domande che io, come scrittrice, sento il dovere di farmi, sull'amore, sul passare del tempo, sulla felicità, sul fatto che bisogni o si debba restare per sempre con un'unica persona. Nella vita di tutti i giorni siamo troppo occupati a viverla la vita, è attraverso i libri e l'arte che ci interroghiamo sul suo senso».
Si riconosce in qualcuno dei suoi personaggi?
«Credo che si debba almeno provare le emozioni di cui si scrive. Con Eeva è stata dura: ci ho messo due anni prima di riuscire a raccontarla. In questo senso non c'è molta autobiografia nel libro, possiamo parlare piuttosto di storia transizionale: Eeva rappresenta la storia transizionale di Anna, sono molto simili, quasi identiche, ma la prima non ha una fine felice, la seconda presumibilmente sì. Mentre scrivo sento di provare un processo di purificazione, sono legata a loro ma non sono io».
Come si spiega lo straordinario successo del libro?
«Forse è piaciuto perchè c'è qualcosa di universale, le dinamiche familiari in cui i lettori si identificano. E altrettanto universale è quello di cui si occupa Elsa nel suo lavoro di psicologa, il modo in cui bambini sviluppano l'affetto».
Lei ha venduto i diritti cinematografici della storia. Immagina già qualche attrice nei ruoli principali?
«Ci sono molti attori finlandesi che si sono proposti, ma non sono famosi nel mondo. Se dovessi pensare a un'attrice nella parte di Eeva, direi Natalie Portman. Avevamo pensato anche a Scarlett Johannson ma ha una presenza troppo forte, potente, mentre la Portman sa essere più discreta, potrebbe andar bene».
Legge gli autori italiani?
«In questo momento mi viene in mente Paolo Giordano, l'autore de "La solitudine dei numeri primi", perchè nel mio primo romanzo, Raja, che non è pubblicato in Italia, mi avevano paragonata a lui. Ho il suo libro, ma confesso che non l'ho ancora letto».
Tutto nasce da un vestito. Lei lo descrive: ha la vita alta, la gonna gonfia, il collo a barchetta. Ma non parla del colore. Che colore ha?
«È giallo. Non è stata la mia prima idea, poi ho deciso che fosse giallo».
Sta lavorando a un nuovo libro?
«Ho consegnato all'editore la prima bozza del mio terzo romanzo, presumo che uscirà l'autunno prossimo. Sarà una storia d'amore, ma più religiosa e politica rispetto a quello che ho scritto in passato».
@boria _a
 La copertina de "L'armadio dei vestiti dimenticati" (Garzanti)

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