giovedì 14 febbraio 2013

MODA & MODI
Food & Fashion

Che cosa hanno in comune un abito haute couture di Giambattista Valli e una zuppa di ortiche e pomodori ciliegini? Solo il colore verde e rosso? E un tailleur pantaloni tipo tappezzeria di Prada e dei tortelli di zucca e amaretto? Solo l'arancio? L'abbinamento non è temerario. Perchè il cibo ha lo stesso contenuto di design di un abito e perchè anche la passerella si può "gustare". Sedetevi alla deliziosa tavola apparecchiata virtuale del blog Taste of Runway (www.tasteofrunway), dove la padrona di casa, Anna Marconi, con i suoi appunti gastro-fashionisti e la ricetta pubblicata in calce, combina piatti e modelli in modo da stimolare, in un colpo solo, entrambi i sensi, vista e gusto. «Taste of Runway - dice - è un atto di design nato in una giornata apparentemente tranquilla, un affare di cuore creato per condividere il piacere della vita e dare alla moda un sapore diverso...». 
Prada e gli agnolotti da www.tasteofrunway
Il cibo è fashion. E si mangia con gli occhi. Sarà la crisi a trascinare gli alimenti fuori da negozi e supermercati, dove, anzi, spesso rimangono invenduti, ma mai come in questa stagione sono diventati oggetti da passerella, da rivista, pezzi ad alto contenuto di creatività, da regalare o confezionare per il gusto di maneggiarli e di guardarli, prima ancora che per quello di assaggiarli. Ci catturano forma, struttura, colore, taglio, proprio come in un abito o in un oggetto d'arredo. Li ammiriamo, ci facciamo deliziare dall'idea che racchiudono. Sono piccole opere d'arte ad altissimo livello di gratificazione visiva.
Un museo come il Mart di Rovereto li mette in vetrina, nella mostra, curata da Beppe Finessi, "Progetto cibo. La forma del gusto" fino al 2 giugno (www.mart.trento.it). Linguaggi e ambiti diversi si intrecciano con un obiettivo spiegato dalla direttrice Cristiana Collu: «Provare a mettere in scacco l'estetica della recessione: paura, conformismo e adattamento la logica della sopravvivenza».
Cosa differenzia la stratificazione delle lasagne da quella del tiramisù? Come si costruisce un tortellino? E quali sono le geometrie del cannolo siciliano? Al Mart rispondono architetti e chef di punta: sia i cibi "anonimi", sia quelli con una precisa carta d'identità come sushi e lasagna, arancini e olive ascolane, sono frutto di un indovinato equilibrio tra immagine, gusto e produzione. Perfino il pane, tanto onnipresente da scomparire sulla tavola, va in passerella in una sequenza di forme differenti, esposte come vere e proprie sculture con una specifica "bontà" estetica.
Uovo e tartufo di Cracco da "Progetto cibo. La forma del gusto" al Mart di Rovereto
L'idea viene da lontano. Nel suo libro "Good design", pubblicato cinquant'anni fa, Bruno Munari insegnava a leggere i prodotti della natura, una semplice arancia, per esempio, come oggetti di design, sottolineandone con ironia e rigore le caratteristiche "funzionali e prestazionali". Il design applicato alla produzione industriale - uno dei temi chiave della mostra - ha costruito il successo di molti prodotti, dal Bacio Perugina al concorrente Ferrero Rocher, dal biscotto Krumiro alla patatina Saratoga Chips.
Appunto: mai pensato di addentare un reggiseno? O di sgranocchiare una borsetta o un paio di stiletto? Moda, ironia, golosità e creatività sono la ricetta del successo planetario dei biscotti firmati dagli inglesi "The biscuiteers" (www.biscuiteers.com) che costano come un gioiello e ne hanno tutte le caratteristiche. L'idea geniale è la "tematicità", dolci "su misura" per ogni occasione e inclinazione, dalla nascita del primogenito al compleanno dell'amica shopaholic, dalla cena aziendale al matrimonio. Si possono acquistare anche a pezzo, come vere e proprie piccole sculture. E così vengono confezionati, in scatole di latta e avvolti nella stessa carta degli abiti di pregio, in modo che sguardo e tatto siano conquistati ben prima dell'assaggio, la "consumazione" avvenga nella testa e poi a contatto con le papille.
La borsa da addentare nel "Fashionista Tin" di The Biscuiteers
Troppo cerebrale? Niente affatto se c'è qualcuno che «all'esplorazione del bisogno più essenziale della vita: mangiare», crede al punto da lanciarsi in un'avventura editoriale - cartacea e completamente indipendente - che filtra la cultura attraverso la buona tavola. Si chiama "Alla carta" (www.allacarta.com) ed è la rivista semestrale lanciata da tre giovani donne Valentina Barzaghi, Fabiana Fierotti e Yara De Nicola, primo numero, tutto in inglese, in edicola da un paio di mesi. La ricetta, ancora una volta, è la stessa del "gusto virtuale della passerella" di Anna Marconi, anche se si trasferisce dalla rete alla pagina stampata: carta porosa che seduce il tatto, fotografie abbinate a una ricetta, interviste da assaporare, geometria della tavola, l'uso dei coltelli illustrato come in un manuale e rappresentato attraverso installazioni da food-designer, una dissertazione sui legami tra Fellini, cibo e donne. Si fa colazione col fotografo di moda Marco Glaviano, si pranza con lo stilista Alessandro Dell'Acqua, si cena con la regista Chiara Clemente. Si conversa, si imparano nuove ricette, si esplora uno spazio al confine tra più arti. E ci si lascia sedurre da un prodotto che non è nè rivista di cucina, nè di moda, nè di fotografia o design, ma miscela tutti questi ingredienti in una ricetta multisensoriale. Lo sintetizza il guest editor del primo numero, lo chef Davide Oldani: «La differenza tra un cuoco e uno chef? La mente. I grandi chef non vogliono semplicemente dar da mangiare ai clienti, ma esprimere i loro pensieri attraverso il cibo».
Intanto non c'è canale tv che non proponga il suo cooking show e Masterchef polverizza ogni record superando i 900 mila spettatori, unico programma che non salta la settimana di Sanremo (pur con l'anatema di Michael Pollan, filosofo del cibo e Premio Nonino Risit d'aur: «Masterchef insegna a fare buona cucina come la pornografia a fare l'amore»), mentre alla Stazione Leopolda di Firenze tutto è pronto per "Taste" (9-11 marzo) salone dedicato al gusto e al "food life style".
Per "foodies" che non amano le grandi platee ma non hanno paura degli appuntamenti al buio, invece, c'è il Ma' Hidden Kitchen Supper Club, due volte al mese, in un loft privato di Milano, per gustare la cucina casalinga della padrona di casa: prenotazione solo on line e non si conoscono gli altri commensali (www.mhksc.it). Il cibo creativo, in fondo, è divertente quando ci si prende qualche rischio, ai fornelli e a tavola. 
twitter@boria_a
L'alta moda di Giambattista Valli e la zuppa alle ortiche (www.tasteofrunway.it

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