sabato 3 giugno 2017

IL LIBRO

Se un amore sboccia nel giorno delle Twin Towers 



Jill Santopolo



Due ragazzi, Lucy e Gabe, si incontrano a un corso su Shakespeare all'Università. Lui è prevedibilmente in ritardo, lei ha una lunga treccia da accarezzare: il primo contatto tra di loro avviene attraverso i capelli, un gesto intimo, che si fa quando tutte le altre barriere che delimitano lo spazio personale sono state abbattute.
Potrebbe essere l'inizio di una storia d'amore come tante, solo che "quel" giorno, il giorno del primo abbraccio, del primo bacio di Lucy e Gabe è l'11 settembre 2001 a New York e il loro incontro, quell'urgenza quasi inspiegabile di fondersi l'uno nell'altra, avviene sullo sfondo della tragedia delle Torri gemelle, mentre il fumo si alza su uno skyline che non sarà mai più quello di prima, le ambulanze urlano senza sosta e la storia recente cambia il suo corso. Per i tredici anni successivi, tanti quanti durerà il loro rapporto, quell'anniversario sarà per entrambi un segno del destino, un qualcosa di personale e collettivo insieme.


S'intitola "Il giorno che aspettiamo" (Editrice Nord, pagg. 400, euro 17,60) il primo romanzo dell’americana Jill Santopolo, giovane direttrice editoriale della Philomel Group e autrice per bambini, nei giorni scorsi ospite a Roma e Milano per presentare il libro, già in corso di traduzione in trenta paesi. L'autrice dice di aver lavorato alla storia negli ultimi quattro anni, dopo la fine di una relazione, e di aver messo a frutto i meccanismi della letteratura per l'infanzia: una scrittura facile ma non superficiale, il richiamo a esperienze cui i lettori possano fare riferimento, la capacità di fermare il racconto proprio un attimo prima che la suspense si sciolga, giocando sull'aspettativa. E il romanzo, in effetti, funziona: non è difficile intuire come si dipanerà, la trama è abbastanza prevedibile e i personaggi non ci mettono alla prova con eccessive problematicità o con tanta schizofrenia della letteratura americana contemporanea, ma ugualmente la vicenda aggancia il lettore fino all'ultima pagina, lasciando aperta la possibilità di un secondo capitolo.





Lucy e Gabe, dunque. Sembra un'intesa perfetta, un binomio indissolubile, fintantoché lui decide di seguire la sua passione di fotoreporter e di partire per l'Iraq a documentare i dolori del mondo, quegli stessi di cui è stato testimone diretto il giorno in cui ha conosciuto Lucy. “Eravamo una stella binaria, orbitavamo l'uno intorno all'altra”: è la voce di lei che racconta, in prima persona, a volte rivolgendosi direttamente a Gabe, come in una lettera. Poi qualcosa si rompe, l'intesa esce dall'orbita. Lui ha molte ambizioni e fa le valigie, lei non accetta di corrergli dietro sacrificando le sue. Sono “il suo antidoto, il suo cerotto, la sua cura” dice Lucy di sè, ma le mail laconiche e i lunghi silenzi finiscono per spingerla tra le braccia del solido e promettente Darren, con cui decide di metter su famiglia. Sembra la fine della storia, ma quando la mattina della nozze Lucy si ritrova appesa al telefono a psicanalizzare Gabe (“è vero che sono emotivamente inaccessibile, Luce?”) e a inghiottire il suo ricatto affettivo (“ti sposi? O merda... E se invece...”), sappiamo che si incroceranno ancora.
Tredici anni. I figli di Lucy, le missioni di Gabe. Il successo professionale di entrambi. E quella mostra di fotografie in cui Lucy scopre una se stessa che non conosceva, come solo Gabe ha saputo vederla. Alla fine uno dei due sarà chiamato alla scelta più dura, decidere della vita dell'altro e di quella che, a dispetto di tutto, hanno creato insieme.


Jill Santopolo è abile e la linearità della narrazione non deve ingannare. Ogni personaggio ha in sè qualcosa di disturbante, un fondo di aridità che impedisce di affezionarcisi fino in fondo: Gabe egoista e un filino manipolatore, Darren l'uomo che pianifica la vita a due con la praticità di una lista della spesa (in cima all’elenco la moglie più adatta, definita “bambolina di carta”...), la devota Lucy pronta a fingere e dissimulare, anche a costo di mettere a rischio gli affetti più vicini.


L'editore dice che sarà la “Love Story” del XXI secolo. Ma quando Erich Segal scrisse il suo romanzo da oltre venti milioni di copie era il 1970, si sentiva forte l’eco dei movimenti studenteschi, gli amori nascevano con l’entusiasmo e la speranza di un futuro da cambiare. Oggi, trent’anni dopo, nel giorno del loro incontro Lucy e Gabe guardano insieme gli uomini, come uccellini, che si gettano dalle Torri. La paura e la comunicazione da quel momento diventano globali. E più che abbandonarsi al sentimento forse si pensa all’autoconservazione.

@boria_a

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