lunedì 9 aprile 2018

MODA & MODI

Vestirsi da corriere, ma senza ironia


 

 Nel 2016 una t-shirt col logo del Dhl ha fatto impazzire il mondo della moda. L’ha mandata in passerella a Parigi Demna Gvasalia, designer georgiano allora pressoché sconosciuto, firmandola col nome del suo brand, Vetements. La maglietta era la copia identica di quella dei dipendenti del corriere tedesco, con una piccola differenza: costava 250 dollari (contro i sei del negozio online della società).

Il prezzo, non altro, ne ha fatto subito un oggetto iniziatico, insieme al numero limitato dei pezzi a disposizione e quindi al tempo da perderci per entrarne in possesso. Liste d’attesa come per la Birkin di Hermès, un mercato parallelo in rete a cifre da capogiro, molte star dello spettacolo, da Kanye West a Céline Dion, griffate Vetements in prima fila alle sue sfilate. Da allora nessun giornale ha smesso di interrogarsi: presa in giro o nuovo orizzonte creativo? Ironia o business spregiudicato?

Nemmeno i tedeschi hanno protestato, anzi, hanno sfruttato la febbre mediatica, con l’amministratore delegato Dhl in t-shirt Vetements. Nè si sono sollevate le polemiche che, nel 2014, avevano censurato la collezione di Moschino, firmata Jeremy Scott, e ispirata alle divise di McDonald’s (un tailleur come il grembiule indossato da un dipendente del fast food che in un mese non guadagna nemmeno la cifra per comprarne una parte? Vergogna). Gvasalia, intanto, è diventato direttore creativo di Balenciaga e l’innamoramento per lui non si è incrinato.

Finora. Perchè il sito Highsnobiety, un bibbia mondiale dello streetwear, citando buyer, ex dipendenti, consulenti del lusso, tutti rimasti anonimi, ha diffuso un quadro funesto: Vetements non sarebbe più un oggetto del desiderio, aumentano gli invenduti e gli sconti sui capi toccano anche il 90%. Gvasalia, dicono, ha continuato a giocare sul sicuro, con poca fantasia, ma la costante dei prezzi alle stelle (una felpa con il logo dell’Unione Europea a 750 dollari, una t-shirt con il rapper Snoop dogg a 924...).


E Gvasalia? Pare che l’ironia l’abbia esaurita: il giornalismo che ora lo dà in crisi (Highsnobiety era uno dei suoi fan) è naturalmente “wannabe”, “opportunista” e basato su pettegolezzi e bugie, perchè la moda “riguarda gli abiti, non l’hype e il gossip inutile”. Hype e gossip, peraltro, che hanno lanciato il suo giovane brand, aprendogli la strada verso Balenciaga, griffe da svecchiare ma con storia, archivio, tradizione di qualità ben consolidati. Vetements non li ha (forse per questo, se i numeri lo confermeranno, arranca?), non può ispirarsi al passato togliendogli la polvere con un guizzo di underground, e gli serve qualcosa di più del gioco, ripetitivo, della copia per fidelizzare i compratori.


L’ultima parola passa al mercato: saranno i compratori a decidere se sotto la t-shirt non c’è più niente.
@boria_a

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