martedì 26 giugno 2018

L'INTERVISTA

Il tradimento, la quarta sfumatura di Irene Cao



Dov’erano rimasti Elena e Leonardo, lei restauratrice lui chef stellato, inventati nel 2013 da Irene Cao, scrittrice di Caneva (Pordenone), che con la sua trilogia ero-soft - “Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio” - senza fruste e ammanicoli, ma con tanto sesso ortodosso, ha venduto oltre 400mila copie? Dopo un percorso accidentato di strappi, riappacificazioni e amplessi, li avevamo lasciati intenti a metter su famiglia, mentre la loro storia, risposta italiana alle “Sfumature” di E.L. James, usciva dai confini nazionali per essere tradotta in dodici lingue, l’ultima il coreano, e ristampata da Rizzoli anche in tre diverse edizioni Bur.


Irene Cao fotografata da Giorgio Mondolfo


Le lettrici, però, si arrovellavano. Resiste la passione al tran tran coniugale? Così, via social e mail, hanno suggerito a Irene Cao, ex insegnante precaria di lettere classiche diventata cinque anni fa un caso editoriale, di inventarsi un seguito. Perchè se dopo la trilogia autoctona Cao ha firmato anche altro - il dittico “Per tutti gli sbagli e “Per tutto l’amore”, poi un romanzo compiuto, “Ogni tuo respiro” - i suoi primi personaggi restano i più amati. Così, in quattro mesi, scrivendo forsennatamente, l’autrice esce oggi in libreria con “Io ti amo”, quarto capitolo della saga (ancora Rizzoli, pagg.278, euro 16,00).


«Nell’ottobre di un anno fa - racconta - mi è venuta l’idea di buttar giù una traccia di continuazione e l’ho condivisa con l’editore, che mi ha spronato ad andare avanti. Dopo un tentativo che non mi convinceva, il 29 gennaio di quest’anno, tornando da Venezia, ho scritto le prime righe del nuovo libro sull’iPhone. Da lì non mi sono più fermata, l’ho consegnato all’inizio di maggio. Ho lavorato giorno e notte. Non è stata un’operazione semplice, è stato un percorso faticoso anche dal punto di vista fisico».




Il sequel di un successo commerciale è una tentazione sempre in agguato. E.L. James ha sfornato due Sfumature dalla parte di lui. Cao, invece, ha deciso di scuotere la sua coppia dalla deriva domestica ed esporla di nuovo alle debolezze della carne. Che qualcosa si sia incrinato nel rapporto è chiaro fin dalle prime pagine, quando Elena, affidato il piccolo Michele, ormai alle elementari, alla madre, esce a incontrare l’«altro» uomo: Dario, di professione scultore. E Leonardo dov’è finito? Parte il lungo flashback, che ci racconta uno chef inquieto a caccia di una terza stella Michelin per il suo “Cenacolo” a Roma e con tante distrazioni, non solo del palato. La verità si intuisce subito, perchè il Nostro è molto più credibile nelle prodezze erotiche che nella parte del premuroso papà. Infatti, cade subito nel più trito degli errori: concedersi un’avventura extraconiugale, mentre la compagna è alle prese con l’apprendistato della maternità.


 La trama si srotola sottile tra tradimenti, veri o sospettati, e la descrizione degli amplessi, adeguata al nuovo status dei protagonisti: le due pagine di ginnastica tra lavello e fornelli che chiudevano il terzo libro, si sono ristrette a una manciata di righe nella reciproca conoscenza coniugale.

Irene Cao, difficile ritornare indietro? «Ho passato le scorse vacanze di Natale a rileggere la Trilogia, cosa che non avevo più fatto dalla pubblicazione. Quei libri sono scritti in prima persona, si trattava di recuperare un modo di pensare e di raccontare. Volevo riprendere la voce di Elena, quindi è stata una rilettura profonda, mi sono calata nella sua mente, cercando di assumere il suo punto di vista, il suo sentire. Certo, non siamo più nel contesto delle Sfumature, quello che conta non è più solo il gusto erotico, com’era in quel momento ben preciso, tra l’estate 2012 e il 2013. Allora ho cercato di capire che cosa potrebbe essere successo nelle vite di due persone che si erano scelte, e scelte così tanto da fare un figlio insieme, che cosa potesse unirle ancora. E se avessero ancora qualcosa da scoprire l’uno dell’altra...».


Ce l’hanno? «Le mie lettrici un po’ se l’immaginavano che non sarebbe stato facile imbrigliare uno spirito libero come Leonardo. Anch’io l’ho odiato in certi momenti, sono entrata in contrasto col personaggio, ne scrivevo e allo stesso tempo lo detestavo, soprattutto nel primo libro, con quel suo fascino demoniaco e il modo di fare da stronzo. Poi, man mano che la storia procede, anche lui subisce un cambiamento. Nel terzo libro sono alla pari, due anime che si incrociano e hanno voglia di andare avanti insieme, di fidarsi reciprocamente. Poi qualcosa succede, come a molte coppie: non si parla più, non ci si ascolta, non ci si fida e si diventa due entità che procedono autonomamente su vite parallele, senza interfacciarsi. Tanti tradimenti nascono da lì, dall’incapacità di comunicare. È una storia abbastanza comune, lo vedo intorno a me».


A Elena che cosa è successo? «Vive un momento difficile, ma trova la forza di scegliere. È molto più protagonista. Prima Leonardo era il maestro, mentre in questa storia il punto di vista è centrato su di lei. Elena è autonoma, è madre, si è presa delle responsabilità che l’hanno resa più forte. Non c’è più l’iniziazione ai sensi e al piacere, è tutto già successo, ma una coppia che si conosce e non si sa se durerà o no».


Lei, Irene, è cambiata? «Sì, anch’io. Sono stati cinque anni intensi e potenti. Elena non mi rispecchia completamente, ma qualcosa di me stessa, almeno a livello caratteriale, lo metto sempre nel suo personaggio. Rispecchia la mia visione del mondo, il mio modo di intendere i sentimenti e la vita. E in lei c’è il mio amore per l’arte, una delle mie scialuppe di salvataggio nei momenti critici».


Ha fatto solo la scrittrice? «Nell’ultimo anno ho provato a cimentarmi con la regia. Sto ultimando il montaggio di un prodotto un po’ innovativo, da far girare sul web, in cui mi muovo tra i mondi della regia, della fotografia, della luce. Per il momento è ancora in stand by perchè ho dato priorità al libro e io nei progetti mi ci tuffo con l’anima e riesco a fare solo una cosa per volta. Questo esperimento si avvicina molto all’idea di un film: sette episodi di cui sono regista e in parte anche attrice, che raccontano il mio viaggio di scrittrice e fanno entrare nell’atmosfera dei miei libri. È un progetto in cui ho investito molto tempo e finanze. Non mi sono sposata, quindi mi sono concessa questo matrimonio con il mondo delle immagini».


Dov’è girato? «A Venezia, a Roma, Milano, in una villa veneta e anche a Trieste, sul Molo Audace, in una scena che mi è rimasta nel cuore. Finiamo sulle mie colline, vicino al mio eremo creativo di Caneva».


E l’amore?«L’ho trovato e l’ho perso. Forse non era ancora arrivato il mio momento. In questi anni, e parlo degli ultimi dieci, sono successe tante cose, mi sono messa al servizio della scrittura. Io, come persona, mi sono fatta da parte, mi sono dimenticata di me per cullare i miei personaggi e i miei progetti. Adesso ho deciso di prendermi una lunga pausa, in cui cercherò di capire dove voglio andare e rivivere alcuni momenti che mi sono persa nel corso del tempo. Sono stati anni di grande sacrificio, che mi hanno dato molto ma anche tolto molto. Alla fine devo ricreare un equilibrio dentro di me».


Dunque lei è tra i fortunati che vivono di scrittura... «Negli ultimi cinque anni sì. E ringrazio i miei lettori, perchè chi ti rende scrittore è chi ti legge. Storie ne ho ancora tante in testa, ma adesso devo alleggerirmi, perchè quando trattieni tanto materiale per tanto tempo l’anima diventa pesante. Vivo la scrittura in modo viscerale».


Cosa le è mancato di più? «Forse non aver avuto abbastanza tempo per le amicizie, che come gli amori vanno coltivate e innaffiate. Non sempre si viene capiti, ascoltati, spesso gli altri non gioiscono delle tue gioie. L’invidia non mi appartiene, ma siamo umani, lo comprendo. È l’altro lato della medaglia».


Il successo l’ha cambiata? «Per niente. La gente pensa che abbia una vita stratosferica, mentro sono qui, nella mia casa, che mi sono tirata su da sola, grattando dalla mattina alla sera, con l’aiuto di mio padre, che faceva questo mestiere. Mi piace lavorare con le mani, anche a Tarvisio ho passato giorni a restaurare la casa dei miei nonni taglialegna, in mezzo ai boschi. Mi sento arricchita dentro, ma al di là del riconoscimento economico, non sono cambiata. Sono gli altri che mi vedono diversa».


L’ha condizionata l’etichetta di scrittrice erotica?
«Tantissimo. Gli uomini ne sono spaventati. Magari non hanno letto neanche una riga dei miei libri, ma si costruiscono un immaginario e quando mi conoscono e capiscono che sono una persona tranquilla, e con certi valori, restano delusi».

@boria_a

Nessun commento:

Posta un commento