lunedì 31 maggio 2021

IL LIBRO

Ilaria Tuti e il serial killer

che ad Aquileia fa i mosaici con le ossa

 

 

 


 

Un serial killer ritorna dal passato di Teresa, un assassino di anziani sul cui corpo si sfoga con morsi, tagli, amputazioni. Ventisette anni dopo la sua cattura, è fuggito dal carcere, ma non dal richiamo del sangue: ha ucciso ancora, ha occultato il corpo dell’ennesimo vecchio, e si è riconsegnato alla giustizia.
È di nuovo dietro le sbarre che l’omicida e Teresa Battaglia si incontrano. Inizia così “Figlia della cenere” (Longanesi, pagg. 368, euro 18,60), quarta indagine (includendo “Luce della notte”, libro scritto in pochi mesi sull’onda di un lutto personale e uscito lo scorso gennaio, a scopo benefico) con protagonista la detective sessantenne, diabetica e con un principio di Alzheimer, nata dalla penna della scrittrice di Gemona, Ilaria Tuti, in libreria da giovedì 3 giugno 2021.


La scrittrice Ilaria Tuti (foto Beatrice Mancini)


 

Un caso complicato e tortuoso, che ricaccia Teresa in quel passato mai passato, di cui porta ancora marchi indelebili nel corpo e nell’anima. Ventisette anni prima era una giovane poliziotta avida di letture sui comportamenti criminali, che cercava di farsi strada in un ambiente maschile, nascondendo la violenza, fisica e psicologica, con cui conviveva. Suo marito Sebastiano, insospettabile e brillante psichiatra, tra le mura domestiche si trasformava in una bestia.
Il serial killer, Giacomo Mainardi, è uno dei primi casi da profiler di Teresa. Un bambino abbandonato dal padre, rifiutato dal secondo marito della madre, con una grave malformazione al torace che potrà curare solo da adolescente, quando la menomazione fisica ha ormai scavato nella sua mente fino a trasformarsi in ossessione. Su ognuno di quei vecchi ammazzati Giacomo esercita la sua furia, uccidendo un’altra volta i padri che l’hanno scartato: apre loro il petto, prende un pezzo d’osso, mutila i cadaveri delle dita delle mani e dei piedi. Dove seleziona le vittime? In che modo le convince a fidarsi di lui, a seguirlo verso la morte?


Come per l’assassino di “Fiori sopra l’inferno”, il primo libro della serie, Teresa riesce a vedere nel killer quello che gli altri non notano: il bambino deprivato, la vergogna per un corpo difettoso, la difficoltà nel farsi accettare, i tentativi respinti di un’affettività normale, la sete di sangue per placare i suoi fantasmi. Quella stanza segreta dove, con sassi, biglie, piccoli oggetti, inventa un mondo alternativo di fantasia e serenità, lo stesso mondo che ricrea in carcere realizzando splendidi mosaici. L’arte sublime, la manualità delle tessere, che incanalano l’istinto a uccidere. L’avevano catturato, Giacomo, ventisette anni prima, proprio quando la poliziotta Teresa finiva in ospedale picchiata a sangue dal marito.


Ventisette anni dopo. Ilaria Tuti mette alla prova il lettore con un serrato e continuo salto temporale, che impedisce cali di attenzione. Il passato di Giacomo e il suo presente si intrecciano, seguendo i meandri di una mente malata. Ma perché ha voluto tornare in carcere? Ha paura? Da qui parte l’indagine di Teresa, due volte figlia della cenere: rinacque in quel corpo massacrato di botte, da cui era stata strappata una vita, e rinasce oggi, lottando contro lo smarrirsi della memoria, sostenuta dalla sua squadra, tutti i figli che non ha più potuto avere.


Aquileia e la basilica di Santa Maria Assunta, che custodisce il mosaico paleocristiano più antico ed esteso del mondo occidentale. Giacomo vuole che Teresa vada là e scopra l’orrore che ha celato nella figura di un leprotto racchiuso in un ottagono perfetto, dove le tessere sono state sostituite con macabri pezzi umani. L’animale è il simbolo di Unnefer, il Vittorioso sulla morte, un’attribuzione di Osiride che riporta agli gnostici, i cristiani dissidenti del III secolo giunti da Alessandria per sfuggire alla censura dei padri della chiesa, nel cui culto si mescolano esoterismo e filosofia. Chi ha spiegato questa simbologia a Giacomo non solo gli ha armato la mano, ma ha saputo offrirgli la vittima perfettamente corrispondente alla sua liturgia di morte. Gli ha raccontato di Osiride che ritorna vittorioso dalla morte, una storia di redenzione. Come quella di Teresa, l’investigatrice che ha saputo guardare senza paura negli abissi della mente e del cuore dell’assassino e che con lui ha mantenuto un rapporto lungo ventisette anni. Per Teresa, Giacomo accetta un patto di morte: farà giustizia, a suo modo, ma diventerà lui stesso una preda.


Non si può dire di più per non rovinare al lettore le tante sorprese di un’indagine a incastri perfetti, spiazzante e tesa a ogni pagina, che spesso obbliga a tornare indietro alla ricerca dell’indizio sfuggito. Thriller e una pagina poco conosciuta della storia del territorio si impastano perfettamente in una trama in crescendo, che coinvolge e convince ancora di più rispetto al noir precedente, “Ninfa dormiente”. Dopo il Tarvisiano e la Val Resia, chissà in quale angolo della regione Ilaria Tuti porterà la sua acciaccata poliziotta. Perché ci sarà un altro capitolo della storia di Teresa Battaglia, è sicuro. Il finale del giallo è aperto, mandante e assassino sono stati inghiottiti dal buio. E lei, l’investigatrice che empatizza col male, per quanto fragile e smemorata, per cercare una risposta è abituata a rialzarsi, a risorgere dalle sue stesse ceneri.

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