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lunedì 16 gennaio 2017

 MODA & MODI


Il potere del kittenheeling




 


Theresa May, primo ministro britannico, avanza inesorabile verso la Brexit sui suoi tacchetti da gattina. Per lei i kitten, sempre sotto i cinque centimetri, non sono un trend, li portava già nel 2002, in pieno stiletto-boom. Viste le proporzioni della premier britannica, piedi compresi, la sua è una scelta accorta, per non sembrare ancora più ingombrante e legnosa. Adesso che i kitten tornano in auge, che si sono visti in passerella, l'Inghilterra si divide, e non solo dall'Europa: a nessuna millennial piace condividere i gusti di una conservatrice che cammina, seppure da un’altezza ragionevole, sopra il suo futuro. Ma è solo comodità? Come per l'handbagging (il prendere a borsettate) della Thatcher, un accessorio utile può diventare verbo di potere assoluto, senza rinunciare al glamour. Non siamo ancora al kittenheeling di Theresa, resta il fatto che sull'isoletta, per dirla con lo scrittore Bill Bryson, in questo momento l'indecisione, almeno nella scarpa, regna sovrana.

Le inglesi se ne faranno una ragione. I kitten, come puntualmente avviene ogni paio d'anni, sono di nuovo molto “it”. Il motivo? Cambiano le sfumature, ma il tacco baby ha dalla sua sempre un'ottima spiegazione: la praticità. L'indossabilità per tutto il giorno, la versatilità di adattarsi a qualsiasi ora e occasione. Da anni quella piccola misura non ha niente a che fare con l'idea di una signora in età che ha rinunciato a piacersi, incolore e insapore. Della May tutto si potrà dire ma non che le manchino senso dello stile o compiacimento nel farsi notare, a partire dagli accessori per finire con spacchi, ginocchia e braccia scoperte (per inciso: sarà anche la prima premier britannica sulla copertina di Vogue America, il prossimo aprile). 


Non ci vengono nemmeno più in mente le protagoniste di Mad Men, così aggraziate nei loro kitten neri o carne, equamente divisi tra obiettivi di seduzione e volontà di emancipazione. Kitten da acchiappo o da scalata, insomma.
Oggi i designer su quel pugno di centimetri mettono alla prova materiali e creatività, colori e inserti, trasformano il mini tacco in un punto esclamativo, in un’asseverazione, non nell'incipit di uno stiletto mancato. Non c’è niente di indeciso, non è una rinunciataria o rassegnata mezza misura. Dai dieci centimetri in su si può solo gridare, spesso ordinariamente. Il kitten suggerisce, come una trasparenza: è discreto ma non scontato. Dà stabilità. Non ci fa fare passi falsi nè traballare. E non solo nel gusto.

@boria_a

martedì 3 aprile 2012

MODA & MODI

Scendere dai tacchi

«Mi sembra che un tacco 12 di Jimmy Choo sia molto meno sexy degli stiletto di Marilyn Monroe negli anni '50. I sandali vertiginosi di oggi sono troppo alti, con troppe fibbie, lacci, stringhe: con scarpe così si può camminare solo sul set di un film porno". Lo dice Tim Edwards, sociologo dell'Università di Leicester, che nel suo recentissimo "La moda - Concetti, pratiche, politica" (Einaudi) si sbalordisce della corsa al rialzo del tacco paragonandola a quella del grattacielo più alto di Dubai.

Giorgia Caovilla, invece, figlia di tanto padre, con un cognome che solo a pronunciarlo evoca immagini di stiletto di cui non si vede la fine, ha tagliato letteralmente i ponti, e i tacchi, con la tradizione di famiglia. E, zac, dai dodici e oltre, è passata alla metà, tra i cinque e i sette, creando una sua linea, "O Jour" dove la mezza misura non ha niente di negativo o di incompiuto, anzi, è un'esplosione di colori, una ricerca di dettagli preziosi, un mix di eleganza, versatilità e, finalmente, praticità, benessere, camminabilità.


Era ora di farla finita con le scarpe "scopami" (cito ancora Edwards) e di scendere alla misura "kitten" (stiletto gattesco, baby, in miniatura, inventato appunto negli anni '50) sinonimo fino a qualche stagione fa di zitellaggio, di passetti dimessi e indecisi, molto poco arrapanti, almeno nella visione maschiocentrica che è quella secondo cui quanti più centimetri ci sono sotto i piedi, tanto maggiore è la seduttività della signora. Adesso che si rintracciano parole perdute come grazia, discrezione, misura, sobrietà, e la moda, complice l'infatuazione guidata dalla tv e dalle sue "mad women", disegna donne con tinte meno brutali, le "stilettate" si ritrovano improvvisamente addosso un'aria un po' stantia da pantere di cinepanettone, tutt'uno con l'armamentario animalier, le griffe espanse ed esibite quanto le scollature.


E poi diciamolo: è un luogo comune che il tacco cinque si porta solo con calze color brodo e kilt d'annata. Al contrario, zeppe e tacchi a due cifre spesso accentuano il disequilibrio delle alte e la zampettosità delle bassine, in genere l'andatura zoccolante. Non sarà un caso che una giovane imprenditrice, una donna si suppone normalmente indaffarata, abbia tagliato in due i tacchi di famiglia, mettendo d'accordo tre "p", proporzioni, preziosità e personalità. Manolo e Louboutin si adeguano al ribasso, un po' in affanno. Come chi rincorre sui tacchi.
@boria_a

O Jour di Giorgia Caovilla

martedì 29 novembre 2011

MODA & MODI

Segnali di crisi da borsetta

L'altezza dei tacchi e il contenuto della trousse da borsetta: ecco dove cercare i più attendibili indicatori della recessione. Stiletto vertiginosi e nuove nuance per il make up sollevano il morale quando non rimane molto altro su cui scialare.

Ma le certezze del passato vacillano, proprio sui tacchi. Le scarpe col plateau sostennero le signore attraverso la Grande Depressione, le accompagnarono nelle camminate imposte dalla crisi petrolifera degli anni Settanta e, in tempi più vicini a noi, le confortarono durante il tracollo delle società informatiche.


Ora, invece, la crisi economica planetaria suggerisce di appiattirsi piuttosto che svettare e quindi, all'insegna della conclamata sobrietà, si impennano solo le vendite dei tacchi Merkel, un kitten heel, una spartana e quadrata mezza misura. A ricordarcelo è nientemeno che l'Ibm, impegnata a monitorare le conversazioni sulle scarpe dei più famosi blogger per promuovere i suoi software e i suoi servizi di consulenza: a sondaggio concluso, pare che i tacchi siano piombati dai 22 cm del 2009 ai cinque odierni.
22 centimetri? Davvero nel 2009 infrangevamo le leggi fisiche piuttosto che quelle economiche? La misura non ha importanza, rispondono i sondaggisti, quello che conta è l'andamento generale, ovvero meglio i piedi per terra.


Non va meglio al celebre "lipstick index", l'indicatore inventato nel 2001 da Leonard Lauder, presidente di Estée Lauder, per spiegare come mai le vendite di rossetto crescano quando i conti segnano rosso: in tempi di magra, diceva, la gente preferisce spendere in piccoli lussi accessibili. Dal 2007, però, l'accaparramento di rossetti è in frenata. Sono stati anni così altalenanti che ogni signora ne ha una scorta più che ragguardevole e il lancio di una nuova sfumatura non riesce più a calamitarla davanti agli espositori delle profumerie. Non fermatevi al rossetto, replicano dalla Estée Lauder, è il piccolo cosmetico in genere il termometro del nostro scontento. Guardate le unghie: mai come in questo periodo spopolano nuovi colori, decori, ricostruzioni ardite. Il "nail index" sostituisce il "lipstick index". La vendita di smalti è in ascesa dal 2008, gli artigli curati fanno tirare la cinghia con eleganza. E il fondotinta? Quotazioni in salita. Alla faccia di chi propone di aumentare l'Iva su botox e ialuronico, intanto ci consoliamo con unghie e labbra roventi e con un incarnato a prova di bile.
@boria_a