martedì 1 giugno 2010

 IL LIBRO
 

Luca Scarlini, la passerella dei Papi

Il diavolo forse lo fa, il papa è certo che no. Veste Cristo, non Prada. E il rosso non è una sulfurea tentazione fashion, ma il colore del martirio. Si muove addirittura l'Osservatore Romano, con una perentoria e inedita smentita modaiola, a far chiarezza sulle calzature di Benedetto XVI e sul deplorevole caso dell'erronea attribuzione. Nel giugno 2009, con un articolo vergato, e pare proprio che il diavolo ci metta la coda, dal teologo Juan Manuel de Prada, il giornale vaticano gela i "rumors" sulla griffe ai piedi di papa Ratzinger, ghiottoneria per i giornali e i blog di tutto il mondo. Un fiammeggiante paio di mocassini laureato "accessorio dell'anno" dalla rivista Esquire e firmato non da Miuccia (ben guardatasi dal fugare i dubbi, anzi), ma dalla ditta novarese di Adriano Stefanelli, solida e sconosciuta ai più, che si occupa di altre estremità preziose, come quelle di Barack Obama.
Papa Ratzinger papa glamour, a dispetto dell'apparente severità teutonica? Tutt'altro che un sacrilegio. Se non calza Prada, veste Gattinoni e si protegge dal sole, come paparazzato nella prima visita al Quirinale, con gli aggressivi e fascianti occhiali Serengeti, sponsorizzati da Val Kilmer e poi da Alain Prost.

La sua ascesa al soglio ha coinciso con uno "svecchiamento" del guardaroba e dei fornitori: eliminata la sartoria pontificia Annibale Gammarelli, che prendeva le misure a santità di ogni taglia dal 1793, l'incarico è conferito alla più moderna Euroclero della famiglia Cattaneo, con una sede strategica di fronte alla Congregazione del Sant'Uffizio, di cui il futuro pontefice è stato commissario per venticinque anni.

Sete, damaschi, ricami, collane, scarpe pregiate. Il potere della Chiesa si fonda anche su abiti e accessori, in una suggestione estetica studiata nei secoli per imprimersi nella mente sia del fedele che del distratto. Almuzia, amitto, cappa, casula, cocolla, falda, pianeta, rocchetto, tunicella, velo, zucchetto: chi, oltre al clero, riesce a riempiere un intero dizionario con le vesti che scandiscono riti e quotidianità, occasioni benefiche o mondane?


 
Papa Ratzinger con le scarpe di Stefanelli nel viaggio in Usa (Adnkronos)
Entrare nel guardaroba dei papi è un viaggio affascinante, che racconta i fasti dell'eleganza vaticana insieme ai vezzi e alle debolezze dei successori di Pietro, rispettosi di un codice vestimentario scolpito nei secoli ma altrettanto attenti a giocare coi dettagli.

 Quando si tratta di abbigliamento, non c'è ecumenismo che tenga. Sono "Sacre sfilate", come s'intitola l'intrigante saggio del giornalista e drammaturgo Luca Scarlini (Guanda, pagg. 178, euro 12,00), un posto in prima fila davanti alla passerella rutilante che va da Pio IX, il nobile scapigliato Mastai Ferretti, a Benedetto XVI, entrambi amanti del bianco ton sur ton: l'uno in posa fintamente bonaria, per le prime foto, al Concilio  Vaticano I (dove si discusse, peraltro, dell'infallibilità del pontefice e la principessa Sissi fu liberata dall'assalto della folla come una rockstar), l'altro nell'amata Val d'Aosta in berretto da baseball e giacca a vento abbagliante, unico capo in continuità con Wojtyla, papa globetrotter e superstar.

L'armadio un po' come il buco della serratura. Chissà le facce dei domestici alla vista di Leone XIII, papa Pecci, nobile di campagna, che in gioventù amava cacciare gli uccelli al roccolo e, più tardi in Vaticano, comparire a ore improbabili con il suo completo da notte, calze, mutande e camicia di finissima flanella bianca, in perfetta uniformità di tinta. È stato il papa finora più longevo e uno dei più prolifici in fatto di encicliche (ben 86, tra cui la Rerum Novarum), oltre ad affrontare crisi internazionali impegnative come la guerra di Cuba, che lo vedevano assumere atteggiamenti marziali ispirati al padre militare. Gli piacevano le interviste e sapeva bene che il pontefice doveva sempre proiettare un'immagine di sè al meglio della forza fisica. Per questo, canuto ma con vista ancora acuta, non appena incrociava un estraneo si affrettava a liberarsi del bastone dal pomo d'oro e a riguadagnare la posizione eretta. La sua fu la prima voce papale registrata su disco: ci pensò la "His Master's Voice" che nel 1903, anno della morte, si recò a Roma per catturare una benedizione del santo padre e i vocalizzi di Alessandro Moreschi, l'ultimo dei castrati.


Ritorno al nero e alla tradizione col proletario Pio X, al quale la mamma sarta aveva inculcato la precisione negli abiti (e lui non si separò mai dal modesto orologio di nickel su cui aveva visto scorrere gli ultimi istanti della sua vita...), mentre il bianco "politico" e "pacifista", senza orpelli, caratterizza il successore Benedetto XV, che tanto si battè, inascoltato, per la fine della prima guerra mondiale.


Curiosamente, abiti e tessuti entrano nella vita "secolare" di molti pontefici, in particolare in quella di Pio XI, papa Ratti, il cui amore per i materiali di pregio gli derivava da padre e zii, tecnici di filande e commercianti di stoffe con l'Oriente. Maniacale nella cura dell'aspetto e del dettaglio (con D'Annunzio, un modello per il giovane Duce...), non faceva concessioni all'inappuntabilità dell'abbigliamento, coadiuvato dalla fida governante Teodolinda Banfi. Ne fece le spese perfino Gandhi, il cui "dhoti", l'abito tradizionale che tesseva da solo e con cui visitò Mussolini, non venne ritenuto consono a un'udienza pontificia.

 
Pio XI, Papa Ratti, amante e attento ai tessuti di pregio
Moda e showbiz sono tra le cure principali del "pontefice della guerra", Pio XII, che fin dall'infanzia aveva indossato abiti lussuosi, come testimonia un'immagine del piccolo Pacelli a sei anni, calato in una sottana già ecclesiastica, secondo le abitudini dell'aristocrazia nera. Che scena, in Vaticano, quando con la regia di suor Pascalina, l'ingombrante e discussa sorella bavarese che curava agenda e immagine del pontefice, l'intera maison delle sorelle Fontana invase le sacre stanze. Centinaia di sarte in bianco, mannequin, vendeuse, premiere in nero con velo di pizzo, magazzinieri e ragazzi delle consegne, ascoltarono Pacelli parlare di moda e decoro, proprio mentre Ava Gardner impazzava sulle riviste con il celebre "abito cardinale" delle Fontana, per 

l'epoca piuttosto trasgressivo.
 I lussuosi abiti di Papa Pio XII
 


Con Giovanni XXIII e con Paolo VI, che nel 1966 dà il via libera al  clergyman, osteggiatissimo dai conservatori, il guardaroba vaticano entra nell'era moderna. Finito il "cesarismo" di Pio XII, tramontata la ieraticità papale, ridotta la pompa vaticana a dimensioni più umane, la chiesa interrompe il circuito di separazione e distacco con la gente. Il "papa buono", che tutti ricordano per l'immediatezza del contatto, i termini semplici, il continuo richiamo all'infanzia, è in realtà il primo pontefice totalmente televisivo, il primo a uscire da Roma dai tempi della breccia di Porta Pia e a capire la dirompenza del viaggio come veicolo comunicativo. Un acuto mediatore tra antico e moderno, che alle soirée mondane rimproverava le signore troppo scollate e intanto promuoveva quel Concilio vaticano II che rimane il più grande défilé sacro del '900, una parata di fogge e colori, dall'Oriente all'Occidente. Ricami, ori, simboli: strumento di controllo perfetto e pervasivo.

Il cerchio si chiude con Wojtyla, papa cavatore di pietra, papa sportivo, papa attore, papa letterato (nel suo "La bottega dell'orefice" la protagonista, Teresa, alterna misticismo e ricerca di calzature fashion, col tacco alto, nei vuoti negozi polacchi del socialismo reale...). Ma soprattutto papa superstar, e unico che consente un film sulla sua vita: la rappresentazione di sè è planetaria, accentuata da vesti sempre immacolate e rese ancora più abbacinanti dal nuovo strumento di incontro con le folle, la trasparente papamobile.
Per lui, le riviste americane usano il termine "fop", un dandy in cui l'eleganza diventa tratto morale. Al teatro alla Scala, nel maggio '83, abbagliante come una visione, ruba la scena a un istrione come Riccardo Muti. Nell'ultima apparizione, al funerale, evento globale per antonomasia degli ultimi decenni, il volto distrutto dalla malattia spicca sullo sfondo di una pianeta scarlatta. Il rosso del martirio che, di lì a poco, ritroviamo sulle controverse scarpe di Benedetto XVI.

twitter@boria_a

Papa Wojtyla sulla Papamobile a Cuba il 24 gennaio 1998 (foto da Termometro Politico)


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