sabato 19 gennaio 2013

IL LIBRO

Tania Kindersley e Sarah Vine: indietro tutta, sui tacchi a spillo

Ginger Rogers faceva tutto quel che faceva Fred Astaire. Solo, all'indietro e sui tacchi a spillo. Sarah Bernhardt aveva una gamba di legno e ciò non le impedì di diventare la migliore attrice del suo tempo. Diane Keaton, Rita Levi Montalcini, Germaine Green, Condoleezza Rice sono riuscite a diventare famose pur rimanendo risolutamente single. Anzi, per dirla con la scrittrice americana Djuna Barnes, voce autorevole della letteratura tra gli anni Venti e Trenta: «Non potremi mai sentirmi sola, se non avessi un marito».
In sostanza: anche se le donne hanno spesso capacità superiori agli uomini e nessun bisogno di mettersene uno al fianco, il mondo continua a essere un posto non ideale per loro. E non è si tratta di essere "femministe", ma di avere una serena certezza del proprio ruolo, perchè, citando le parole di un'altra scrittrice, Rebecca West (che potrebbero essere un'ottima risposta alla definizione di "giudicesse femministe e comuniste" di Berlusconi dopo la batosta degli appannaggi alla ex Veronica): «Io non sono mai riuscita a capire esattamente che cosa sia il femminismo: so soltanto che mi danno della femminista ogni volta che esprimo sentimenti tali da distinguermi sia da uno zerbino sia da una prostituta».

Ginger Rogers e Fred Astaire (ph. lesiconesdu7art)
Tania Kindersley scrittrice e collaboratrice di "Times", "Guardian" e "The Spectator" e Sarah Vine, collega del "Times", hanno deciso di mettere nero su bianco "l'impossibile arte di essere donne", come recita il sottotitolo del loro gustosissimo "All'indietro sui tacchi a spillo" (Einaudi Stile Libero, pagg. 370, euro 19,00), assolutamente non un libro di auto-aiuto nè un manuale di istruzioni per fare felice il proprio uomo, rendere i capelli più lucidi o perdere peso. È piuttosto l'equivalente di una leggera eppure profonda conversazione tra donne, quando si cerca di aiutare un'amica che ha bisogno di rimettere insieme i propri pezzi o solo di capire, insieme, dove si sta andando. Le due hanno un obiettivo dichiarato: fare sentire alle lettrici che hanno ragione, con tutta la loro complessità e le loro contraddizioni. «Perchè nel mondo - proclamano - esistono industrie su industrie il cui unico scopo è di insistere sul fatto che voi, in quanto donne, in un modo o nell'altro avete torto; e noi ne abbiamo le tasche piene. Siamo verdi di rabbia e non abbiamo nessuna intenzione di continuare a sopportare».
A cominciare dal lavoro e della supposta inadeguatezza femminile a organizzare i tempi, su cui si sprecano fiumi di carta: "Devo ancora sentire un uomo chiedere consiglio su come conciliare il matrimonio e la carriera", suggerisce di tenere a mente Gloria Steinem, giornalista e punto di riferimento delle femministe americane negli anni '60-70. O dal luogo comune sul fatto che le donne non abbiano mai mandato avanti l'umanità. E Susan Mather, che inventò il telescopio marino nel 1845? E Josephine Cochrane, che portò la prima lavastoviglie del mondo all'Esposizione universale nel 1893, dopo aver esclamato «Se nessun altro ci pensa, la invento io". E la bellissima Hedy Lamarr che, oltre ad aver corso nuda in un bosco nel film "Estasi" del 1933, inventò un sistema per guidare i siluri grazie a una tecnica detta salto di frequenza? L'esercito americano la snobbò, consigliandole di dedicarsi a occupazioni più acconce al genere femminile belloccio, quali intrattenere le truppe vendendo baci a cinquantamila dollari l'uno, per promuovere la sottoscrizione dei titoli di guerra. Quando il famoso salto di frequenza venne rispolverato, negli anni Cinquanta, formò la base per l'espansione della tecnologia che oggi rende possibili cellulari e internet. Fa bene all'autostima di tutte, ricordare che quando mandiamo un sms o riceviamo una e-mail lo dobbiamo a una ragazza che, nel 1933, corse nuda in un bosco. 

Hedy Lamarr (ph. The Skibbereen Eagle)
Dall'amore al sesso, dal lavoro al denaro, dalla politica alla salute, passando per maternità, soldi, politica, il libro analizza tutte le opzioni che ogni donna ha nella vita di ogni giorno, senza dare consigli, ma cercando di infondere una robusta fiducia nella bontà della scelta fatta, qualsiasi essa sia.
Prendiamo la moda. Malgrado sia pazzerella e tenti in tutti i modi di convincerci a galoppare per la città su tacchi dodici, non è detto che non sia divertente, sempre se si impara a interpretarla nel modo giusto. In fondo, quando negli anni '50 si affermò il New Look di Dior, i critici prendevano di mira le gonne larghe e a ruota e la follia di sprecare metri e metri di tessuto quando vigeva ancora il razionamento dei tessuti. Per molte donne, però, dopo gli anni di restrizioni e di mortificazioni della guerra, un abito gonfio con la vita da togliere il fiato, rappresentava un'indispensabile boccata di femminilità e frivolezza. Così, anche se non avevano mai sentito nominare la rue du Faubourg Saint-Honoré e anche se non avrebbero mai bevuto un martini al Ritz, si sedevano alla macchina da cucire del loro salotto e creavano modelli identici a quelli francesi.
Il New Look di Christian Dior
 

E l'emancipazione? Non per forza ha a che fare con lo stereotipo idiota della coltivazione dei peli sotto le ascelle. Ci si può fare la ceretta ed esfoliare in allegria pur essendo radicali. Perchè - concludono Kindersley e Vine - curando il proprio aspetto non si tradiscono le sorelle. Le si tradisce credendo che una donna sia solo tacchi a spillo. E non sappia nemmeno camminarci all'indietro.


La copertina del libro di Kindersley e Vine (Einaudi)
twitter@boria_a

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