domenica 31 luglio 2016

IL LIBRO


 Linuccia Saba contro Marta Marzotto con i riti voodoo


 
Marta Marzotto (foto Roberto Granata)


 
Linuccia Saba con il padre Umberto



La scandalosa, incendiaria relazione tra Marta Marzotto e Renato Guttuso, amore clandestino apertamente praticato per vent’anni, ebbe un’avversaria irriducibile: Linuccia Saba. La figlia del poeta triestino, amica della moglie di Guttuso, Mimise Dotti, non faceva mistero di detestare la contessa proletaria e di condannare la passione che la legava all’artista siciliano. Lo racconta, rivelando un aneddoto inedito, l’ultima biografia di Marta, fresca di stampa, “Smeraldi a colazione” (Cairo, pagg. 287, euro 16,00), scritta a quattro mani con la giornalista Laura Laurenzi, nel capitolo “Mimise è una strega”. Stratagemmi, bugie, diversivi: la storia dei due amanti, per quanto pubblica («tutti sapevano tutto: i nostri rispettivi coniugi, i miei figli, il Partito comunista, l’Italia intera»), viveva di fughe e di incontri, di complicità esterne e di astuzie, di dolori e rancori, da entrambe le parti. «Perchè mi hai dipinto grassa e meno bella?», chiedeva Marta. E Renato la blandiva: in questo modo la moglie, in qualche quadro, poteva vagamente riconoscersi e smettere di tormentarlo.




Maria Luisa Dotti, di otto anni più vecchia, era la compagna degli esordi poveri di Guttuso: una madre - si legge nel libro - più che una compagna o una moglie. Passeggiava ogni mattina e Marta scappava dallo studio prima che lei rientrasse. Ritornava nel pomeriggio e rimaneva fino al momento in cui, dal citofono interno, Mimise annunciava la cena. «Ecco la voce del padrone», commentava Guttuso rabbuiandosi.


Le amiche di Mimise, però, non chiudevano gli occhi. Erano feroci: Linuccia, compagna di Carlo Levi, e Laura Crispolti, moglie del critico d’arte Enrico, che con il marito aveva una galleria d’arte sopra il Caffè Greco a Roma e andava ospite dai Marzotto a Porto Ercole, in villa e in barca. «Mi odiavano - scrive Marta - al punto di fare addirittura dei riti voodoo, delle vere e proprie fatture, nella speranza che mi togliessi di mezzo».


Allude proprio a loro Giancaro Vigorelli, nell’introduzione al libro-catalogo sulla collezione d’arte di Marta Marzotto: «In qualche angolo buio del Caffè Greco alcune donne, a turno, trafiggevano stregonescamente una bambola di pezza che malamente assomigliava a Marta, e la seviziavano, le strappavano i capelli. E quando ne venne a conoscenza, Marta si piantò in faccia alle torturatrici col suo più bel sorriso: “Se proprio volete giocare con gli spilli, sono qui io”».


Quando Mimise morì, nella clinica Villa Margherita, Guttuso chiamò l’amante: «Marta, dove sei stata? Qui nessuno mi dice niente. Corri, stringo i denti fino a farmi male». Lei, da Porto Ercole, si precipita alla residenza di Palazzo del Grillo. Le chiavi non funzionavano più, la serratura era già stata cambiata.


twitter@boria_a

2 commenti:

  1. Osare, scoprire, cercare il confronto, arrivare oltre se stessi, donare, sono alcuni degli innumerevoli verbi che distinguono Marta. Il verbo è l’azione, il movimento nello spazio di un pentagramma che anima le note della vita ed oltre.
    Un essere sorprendente ricco di sorriso e di artistica provocazione che dalla materia ritorna energia pura. https://www.youtube.com/watch?v=ewc7vTCXMO4

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Provocazione ed energia sono i termini che mi piacciono di più per definire Marta Marzotto. E anche l'idea di voler oltrepassare sempre un qualche limite: personale, sociale, di convenzioni e luoghi comuni

      Elimina