sabato 4 febbraio 2017

IL LIBRO

Dentro un nido di soldi e tanti vizi



Un debutto letterario a 55 anni. Una storia ambientata nella New York dei piani alti, ricca, annoiata, viziosa, con velleità artistiche. Personaggi già pronti per essere trasferiti dalla carta a uno schermo, grande o piccolo che sia: il cocainomane brillante, l’antiquario gay, la scrittrice promettente ma inesplosa, la mamma di famiglia chioccia e un po’ scialba. Una trama accattivante, che ribolle di sviluppi, la penna incisiva di una copywriter.


Cynthia D'Aprix Sweeney


“Il nido”, primo libro dell’americana Cynthia D’Aprix Sweeney, ha insomma tutti gli ingredienti giusti per scalare le classifiche di vendita ed essere trattato con sufficienza dai critici, come puntualmente è avvenuto. Caratteri poco sfaccettati, senza nugoli di disperazioni o perversioni da districare, alla Franzen o alla Roth per intenderci, trama che va giù come un cocktail ghiacciato, nessun pugno allo stomaco, finale compiacente, assolutorio.
Tutto vero, o almeno in parte. Eppure il romanzo, che ora esce in Italia (Frassinelli, pagg. 358, euro 19,00) “fidelizza” il lettore fino alla fine, a dispetto di quell’albero genealogico all’interno della copertina, che inibisce sempre, fa paventare chissà quali garbugli, e qui è soprattutto inutile: i personaggi non sfuggono e ci viene facile, dopo qualche pagina, seguirne i pur zigzaganti percorsi. 

Perchè allora “Il nido” si legge d’un fiato? Sarà il contesto, che tocca in tutti qualche corda, a diversi livelli: la famiglia disfunzionale. O il tema: fino a che punto il denaro riesce a distruggere i nostri legami? O l’attacco, che è un trailer ben montato: rimorchio di una cameriera, sesso in una Porsche a velocità sostenuta, occhi del conducente (sposatissimo e sballatissimo) che si velano, schianto, buio.




Cos’è il nido? Legami, affetti, accudimento, mutualità. Per i quattro fratelli Plumb è altro e molto di più. Un fondo fiduciario che il padre defunto ha costituito per loro e su cui potranno mettere le mani quando la più piccola, Melody, la mamma iperprotettiva che “monitora” la posizione delle figlie gemelle con una app da stalker, avrà compiuto quarant’anni. Ma ognuno di loro ha fatto proprio quello contro cui il padre li aveva messi in guardia (don’t count the chicken before they hatch, non contare i pulcini prima che buchino l’uovo...): e invece i suoi, di "pulcini, si sono indebitati, hanno ipotecato beni, si sono levati sfizi e preoccupazioni, hanno costruito il futuro su un denaro di là da venire.


Quando però, dai rottami di quella Porsche comprata in leasing, la cameriera diciannovenne che prima del botto armeggiava nei pantaloni di Leo, esce con un piede da amputare, è chiaro che il “nido” s’involerà: dovrà servire a risarcire la ragazza mutilata e a distribuire in giro qualche incentivo per non distruggere la reputazione del rampollo Plumb, spedito in un centro di disintossicazione. La mamma dei quattro, ex vedova Plumb riaccasatasi appena smessi i vestiti del lutto (e forse proprio per questo), paga subito. Non le par vero di rimpolpare il suo esangue senso materno dando al primogenito una seconda chance e di allontanare possibili pettegolezzi dagli affari del secondo marito.


La storia prende le mosse da qui, dal polverizzarsi di quell’aspettativa economica che fa emergere le patologie nei rapporti. Dalla rottura del nido che rivela silenzi, bugie, piccole e grandi infedeltà, espedienti. Quella zona grigia dove ognuno ha vissuto con la calcolatrice in mano, unito ai fratelli solo dalla sua fetta di lascito. Ma i tradimenti vanno più in là del “nido”. Jack, sposato con un uomo che l’ha salvato da promiscuità e Aids, ha taciuto le nozze ai consanguinei e al partner i debiti e un tentativo di truffa per sanarli. Bea, la scrittrice di un unico libro di successo, si è ingrigita nel tentativo di ripetersi, “sistemata” comunque nell’appartamento che le ha lasciato il grande amore defunto, di cui i parenti non sanno nulla. L’incolore Melody, tutta assorbita dal futuro della prole, si trova a gestire un sogno infranto e un outing inaspettato. Alla fine, l’infingardo Leo, traditore seriale e sanguisuga, è il meno ipocrita: il suo “sono nella merda” non è nè confessione nè preghiera, solo l’offerta all’interlocutrice di turno di un modo elegante per svignarsela.


Cosa resta del “nido” se i soldi sono finiti? Il rifugio negli affetti più prossimi, sembra suggerire l’autrice. Finale fin troppo prevedibile per non prestarsi a futuri sviluppi. Spunta una nuova generazione, con tutta l’eredità e il corredo genetico dei Plumb.

@boria_a

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