lunedì 27 febbraio 2017

IL LIBRO

Louboutin si è ispirato a Filippo d'Orléans




Le suole rosse di Louboutin? Hanno un precedente illustre, addirittura di sangue blu. Una leggenda vuole che sia stato Filippo d’Orléans, fratello di Luigi XIV e come lui basso di statura, a lanciare la moda dei tacchi rossi, nata a Versailles tra il 1670 e il 1680. Pare che il principe fosse finito con i piedi sopra sangue di bue, imbrattandosi le scarpe. Accidente più che trend, fatto sta che l’espressione “talons rouges” è sopravvissuta fino agli inizi del XX secolo per designare l’aristocrazia o i nuovi ricchi che scimmiottavano la nobiltà dell’Ancient Régime.

Colore per eccellenza, il rosso. Per millenni in Occidente l’unico degno di questo nome. Non che non esistessero altre tinte, ma dovettero aspettare a lungo prima di avere un posto rilevante nella produzione, nei codici sociali e nei sistemi di pensiero. Ce lo racconta lo storico Michel Pastoureau nel quarto volume della sua affascinante storia dei colori pubblicata in Italia da Ponte alle Grazie: “Rosso” (pagg. 215, euro 32,00), che segue i precedenti “Blu”, “Nero” e “Verde” e si concluderà con il saggio dedicato al giallo (www.ponteallegrazie.it)





Pericoloso indossare il total look rosso nella Roma imperiale. Le stoffe tinte di porpora, secondo gli insegnamenti mutuati da Greci, Egizi e Fenici, erano appannaggio di sacerdoti, magistrati, comandanti militari. Monocolore poteva essere solo l’imperatore, che aveva autorità assoluta ed essenza divina. Lo sperimentò sulla sua pelle il povero figlio del re di Numidia Giuba II, un fashionista piuttosto sfrontato, che - racconta Svetonio - sotto il regno di Caligola si presentò a Roma vestito di porpora dalla testa ai piedi, e fu arrestato e giustiziato.(leggi anche"Diabolico verde")


In età imperiale il rosso era comunque la tinta degli arricchiti (spesso succede anche alle Louboutin...), mentre i “vecchi romani” preferivano il bianco o il nero. Diverso discorso per le signore, che si coprivano di gioielli e amuleti con rubini, granate, diaspro e cornalina, paste di vetro, pezzi di cinabro o di corallo, per catturare gli occhi altrui e favorire la buona sorte. Anche gli uomini non disdegnavano gioielli e talismani, soprattutto con rubini, pietra rossa per antonomasia, ritenuta capace di suscitare ardore sessuale e allontanare serpenti e scorpioni.

In auge per tutto il Medioevo, per papi e imperatori, il rosso cade in disgrazia con la Riforma protestante. Per le nuove morali propagate dalle leggi suntuarie, è tinta vistosa, costosa, indecente, depravata. Un colore pericoloso. Il buon cristiano la evita ora che anche il Pontefice privilegia il bianco. Il colpo di grazia arriva dalla scienza. Quando nel 1666 Isaac Newton scopre lo spettro, ovvero la nuova classificazione che è ancor oggi alla base della fisica e della chimica dei colori, il rosso non si colloca più al centro della scala cromatica, come nell’antichità e nel medioevo, bensì a uno degli estremi.


 Nell’epoca luterana è particolarmente avversato, come colore della Roma papista, assimilata alla grande meretrice di Babilonia citata nell’Apocalisse. Nel 1558 Calvino lo mette al bando per legge, proibendone l’uso nel vestiario sia agli uomini che alle donne.

Resta intatta, però, la sua forza sul piano simbolico. Il rosso è aristocratico, anche per il costo delle tinture. I “tacchi rossi” di Filippo di Francia nacquero da uno spiacevole incidente, ma dilagarono in tutte le corti europee. E il rosso da favola? Non può che essere quello di Cappuccetto, nota soprattutto per la versione di Perrault (1697) e dei fratelli Grimm (1812), anche se le attestazioni scritte più antiche risalgono all’anno mille. Sul rosso di quel cappuccetto (forse una mantellina, o una cuffia, o un semplice lembo di stoffa...) le interpretazioni si sprecano: colore della crudeltà e del sangue versato; colore usato in campagna per vestire i bambini, in modo da sorvegliarli più facilmente; colore dello Spirito Santo, perchè le testimonanze scritte più antiche collocano la fiaba del giorno di Pentecoste; colore protettivo contro le forze del male. Sul piano psicanalitico, una controversa spiegazione: il rosso del cappuccetto ha una forte connotazione sessuale. E la bambina, in realtà adolescente pubere, avrebbe una gran voglia di finire a letto col lupo.




Cappuccetto Rosso



Dalla rivoluzione francese in poi, lungo il Novecento corre un filo rosso politico. Il legame con i partiti o i gruppi politici di sinistra ed estrema sinistra, domina la storia di questo colore per un secolo e mezzo, relegando in secondo piano tutti gli altri suoi campi simbolici: infanzia, amore, passione, bellezza, piacere, erotismo, potere, giustizia.


Oggi, negli abiti, preferiamo la discrezione del blu, spesso cediamo all’ostico verde. Il rosso non è più il nostro prediletto, ma rimane un formidabile strumento di seduzione. Studi scientifici lo dimostrano: la “woman in red” ha più appeal. Anche se il rosso finisce sotto le scarpe.

@boria_a

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