martedì 28 febbraio 2017

MODA & MODI

Le passerelle, le ecografie, le ipocrisie


Grinko in passerella con il compagno Filippo Cocchetti e le figlie Emma e Sophia


 Il corpo umano come un lenzuolo su cui scrivere, prendere posizione, esprimere opinioni. La moda vuol parlare, letteralmente, non soltanto attraverso il puro abito. Non è una novità. Periodicamente sulle passerelle sfilano collezioni piene di parole: slogan, esclamazioni, versi poetici e versetti religiosi. Ma nelle sfilate di questi giorni, da New York a Milano, qualcosa è cambiato, un'onda rimbalza.

Dagli “smack” e “wow” di appena due anni fa, siamo passati a “misery”, “fever”, al “don't give up”, non mollare. Moschino ha ricoperto le donne della scritta “fragile” e il suo designer Jeremy Scott come sempre si diverte a provocare: c’è qualcuno che le donne le considera più o meno pacchi e lui le veste come tali. O forse è proprio sul “fragile” che questa volta ci invita a focalizzare. Ci sentiamo davvero così? Pronti ad andare in pezzi? L’incertezza (anche nel gusto) è globale, la moda ne approfitta.
 

Negli Stati Uniti i designer democratici hanno preso di petto il presidente Trump. E molto del “lettering” sui vestiti inchioda le sue politiche: "we are all human beings", siamo tutti esseri umani dice il brand Creatures of Comfort. “We need leaders”, rilancia Public School, un inequivocabile “abbiamo bisogno di leader”. Prabal Gurung, più volte scelto da Michelle Obama in occasioni pubbliche, risponde alle pussy del presidente (le olgettine d’oltreoceano) con “the future is female”, il futuro è donna, e “stronger than fear”, più forte della paura. Come agli Oscar l’indignazione genuina verso The Donald si mescola alla promozione, all’eco mediatica di una protesta che monta 
planetaria. 


Creatures of Comfort

 
Public School



Donatella Versace preferisce parteciparvi con parole pacate e universali: amore, lealtà, coraggio. Angela Missoni fa indossare alle modelle il berretto rosa, il pussypower hat, contro chi vuole ridurre le donne in un recinto, professionale o sessuale che sia. 


Destabilizzante il georgiano Grinko, che ha chiuso la sfilata milanese insieme al futuro marito e alle loro gemelline appena nate da una fecondazione eterologa. Lo slogan è dirompente, “love gives life”, l’amore dà la vita, ogni tipo di amore, senza pregiudizi. Sfilano i nomi delle neonate, le loro ecografie stampate su velluti e sete. Bastava questo a trasmettere il messaggio. Perchè qualsiasi bambino, arcobaleno o no, ha diritto alla delicatezza, prima ancora che alla riservatezza. E non c'è causa o passerella degne di toglierglielo.
@boria_a

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