domenica 14 maggio 2017

IL LIBRO

Nino e Giana Andreatta, cinquant'anni d'amore nella storia d'Italia



Giana e Nino Andreatta



È il 1957, all’Università Cattolica di Milano, quando la studentessa diciannovenne Giana Marina Petronio, triestina, di famiglia che nei due rami ha origini ungheresi e inglesi, incontra un assistente fuori sede, dall’andatura sghemba e gli occhi verdi, Nino Andreatta, trentino, di dieci anni più vecchio. Il loro amore attraversa mezzo secolo e un capitolo importante e controverso della storia recente d’Italia, di cui lui è protagonista pubblico come esponente democristiano di centrosinistra e ministro in vari governi. Ma non è l’uomo delle istituzioni che Giana ritrae in “È stata tutta luce” (Bompiani), come s'intitola - da una frase di Piero e Ada Gobetti - il libro che il 15 maggio 2017, alle 18, verrà presentato dall’autrice all’Associazione Civita di Roma in piazza Venezia, insieme ad Aldo Cazzullo e Mariantonietta Colimberti.

Il racconto è quello della vita privata della coppia e dei quattro figli, dei fatti minimi e quotidiani, degli incontri e degli aneddoti, in un fluire di ricordi che segue non la cronologia ma i sentimenti e il cuore. Un diario denso e preciso, a tratti ironico e tagliente nei giudizi, che corre avanti e indietro nel tempo, dall’infanzia di Giana nella casa di Scala Ferolli, tra Pendice Scoglietto e via di Cologna a Trieste, fino al terribile malore in Parlamento che spense, con sette anni di anticipo rispetto alla morte fisica, l’uomo della sua vita.



L’incontro Giana Marina vede Nino Andreatta per la prima volta all’Università Cattolica di Milano nel 1957. Lui è assistente del professor Francesco Vito e tiene corsi di Economia e Politica Economica, lei segue Scienze Politiche. Il professorino la nota a una conferenza in aula magna e per avere l’occasione di un incontro escogita lo stratagemma di appunti di storia che non gli servono affatto. Un anno e mezzo dopo, il primo bacio: lungo la strada verso il lago Maggiore, Nino la mette a sedere sul cofano della “Dauphine” e la lamiera dell’auto è così sottile che rimane il segno delle sue forme. È pazza di gioia. Nel frattempo Nino tenta l’esame per la docenza, ma il professor Vito, che sarà rettore dopo padre Gemelli, giudicando l’incarico prematuro, gli confeziona una commissione contraria e lo bocciano. 


Matrimonio Giana morde il freno, cerca di farlo dichiarare, è ansiosa, nevrotica, va in analisi. Finalmente Nino riceve un incarico dal Mit Center for internazionale studies. Un anno a New Delhi come esperto della planning commission. Tra le spese pagate c'è anche quella per una "seconda persona, segretaria o moglie". Durante una cena, Nino infila al dito di Giana un enorme solitario, la classica nocciola salgariana. Si sposano nella cappella di San Sigismondo a Sant’Ambrogio, il 30 settembre 1961, la sposa in raso opaco duchesse col corpino stretto, piccolo strascico e velo da ripiegare all'indietro, come molti anni dopo farà Diana Spencer. Testimone di lui è Carlo Bo, che non porta neanche il regalo, consapevole che basta la sua presenza. Breve viaggio di nozze in Italia, Mantova, Venezia, poi la partenza.


L’India Sono innamoratissimi, ma l'adattamento alla vita di coppia difficile. Nino è maturo e saggio, a volte un po’ didattico, Giana competitiva e volitiva, si prende la rivincita nell'inglese, che il marito parla con brutta pronuncia. Il professore non sa neanche nuotare, ma questo, al contrario, suscita nella moglie un sentimento di tenerezza. Nino vuole che lei porti tacchi alti e abiti eleganti e che sia truccata in modo impeccabile, Giana vive queste richieste come un’imposizione (che le ricorda quelle paterne), è gelosa. Viaggiano, fanno vita di società, incontrano l'altezzoso Nehru e la Maharani di Jaipur, forse amante dell'ambasciatore americano Galbraith. In India viene concepito il primo figlio, Tomaso (dalla lettura delle lettere dalla prigionia di Tomaso moro) e Nino ha la notizia di aver vinto il concorso a cattedra. Dopo il discorso su Stato e mercato al secondo convegno Dc comincia a collaborare con Aldo Moro, di cui è per anni consigliere economico.


Trieste Amatissima da Giana è la nonna materna Lina, nata Carolina Newman, che a Trieste abita in via Pascoli con la zia Nora e la cugina Nellie. La casa è vecchia, con gradini scivolosi e consumati, e odora di affumicato per la cucina a legna e per le Nazionali o le Alfa che la nonna fuma col bocchino di legno. C'è la stanza biribissaio dov'è lecito lasciare zuf, disordine, perché si tratta ufficialmente di uno sgabuzzino anche se arredato con bei pezzi di mobilio. Nonna Lina è una donna spiritosa e s'interessa molto ai problemi adolescenziali della nipote, come l'infatuazione per l'ufficialetto Salvo, conosciuto sulla nave che riporta la famiglia in Italia dall’Egitto, dove il padre di Giana, Giordano Bruno, è vicedirettore del banco italo-egiziano. Quando nonna Lina muore a seguito dell'amputazione di una gamba in cancrena, viene sepolta nel cimitero protestante, nella tomba dei Newman.
Zia Ida, invece, sorella della mamma di Giana, sposa zio Angelo, che tutti considerano un pampel, o peggio, un mona. Tornato dall’Accademia, però, diventa sarcastico e tagliente, spesso feroce, e nessuno lo importuna più. Dopo il matrimonio è infedele alla moglie. Una volta, quando si temeva per la sua vita, Giana ricorda che la zia accarezzava la mantella nera di gala del marito distesa sul letto e diceva a mezza voce: “De questa me vien benissimo un capoto nero de luto”.

La famiglia di papà Con la nonna paterna Giannina, piccola è magrissima, Giana va alla Lanterna, al bagno Excelsior o al Savoia, con una borsetta di taffetà scozzese che custodisce il panino con la frittata. Nonna Giannina aveva sposato nonno Carlo, di tre anni più giovane, bello e massone, e per amore aveva ripudiato la sua religione e dato ai figli i nomi di Giordano Bruno e Armida. A 36 anni, appena nominato direttore di banca, nonno Carlo muore in un incidente d’auto causato dalla bora che soffia a 130 km all'ora. Quando Giordano Bruno si fidanza con Paola, la futura suocera la mette in guardia: “Guarda che el Bruneto xe mato. Bisogna dirghe sì sì no no come che’l vol, proprio come ai mati”. I due non vanno d’accordo. Dopo il matrimonio di Giana, Giordano Bruno, dirigente del Credito Italiano, lascia la moglie e si trasferisce definitivamente a Londra. Muore nel 1986, padre e figlia non si frequentano ormai da vent'anni. Anche nonna Giannina muore lontano, senza più contatti con la nipote, ultracentenaria. Zia Armida, invece, sposa zio Angelo, che tutti considerano un pampel, o peggio, un mona. Tornato dall’Accademia, però, diventa sarcastico e tagliente, spesso feroce, e nessuno lo importuna più. Dopo il matrimonio è infedele alla moglie. Una volta, quando si temeva per la sua vita, Giana ricorda che zia Armida accarezzava la mantella nera di gala del marito distesa sul letto e diceva a mezza voce: “De questa me vien benissimo un capoto nero de luto”. Anche la zia muore lontano.


Psicanalisi Nel '63 Nino ottiene la cattedra di Economia all'Alma mater studiorum di Bologna e nasce Tinny, chiamata così dal nome della principessa protagonista della commedia “Dalia” di Tagore, vista in India (oggi è responsabile di Rai Fiction). A Bologna Giana nel ’67 si iscrive a una scuola di specialità post-laurea in Psicologia e si diploma con una tesi sull’incidenza della mancanza di cure materne nella prima infanzia. Nascono Filippo e poi, nel 74, Erika. Giana diventa psicanalista e apre uno studio a casa. Con gli anni è meno ansiosa di contrapporsi a Nino, crescono insieme, si influenzano reciprocamente.


Ministeri Nino viene nominato ministro per la prima volta nel '79, al Bilancio, nel primo governo Cossiga, ma Giana cura lavoro e famiglia e non approfitta delle occasioni di rappresentanza del marito. Una volta che si fa tentare da un pranzo col presidente americano Carter e parte per Roma con un abito lungo di cady color castagna, di una maison che conta un giovane Ferré tra i suoi designer, per un'incomprensione del protocollo non ottiene il posto a tavola. Insieme viaggiano di più quando lui diventa ministro degli Esteri nel gabinetto Ciampi. Giana conosce e apprezza la moglie di Boutros-Ghali, segretario dell'Onu, mentre di Hillary Clinton, che incontra in Giappone, dice “era bruttina ma tenuta al meglio da sarte e parrucchieri; molto intelligente, ma poco gradevole e non cordiale”.


Fiuto Anche Nino, di austera moralità e rigore austroungarico, dà giudizi netti. Chiama Guido Carli "principe" (un richiamo a Machiavelli), tiene a distanza Bertolaso, rifiuta una legumiera d’argento di Faraone regalatagli dal finanziere Nino Rovelli e la dirotta in parrocchia. Una volta, da ministro del Tesoro, sta rientrando in volo a Roma da Milano quando lo raggiunge Berlusconi, in giacca nera e pantalone rigato grigio e nero (come i businessmen della City non vestono più già da anni). Berlusconi cerca un passaggio per parlargli di un finanziamento per il suo progetto di Milano Due, ma Andreatta ha l'impressione di trovarsi davanti a un “venditore di tappeti”, gli dice che ci sono di mezzo interessi privati, e lo lascia a piedi. Il cavaliere ripiegherà su Craxi. Quando Bettino assume la guida del centrosinistra, Andreatta commenta che, mentre i democristiani erano "artigianali" nel perseguire il loro tornaconto personale, coi socialisti si era passati a un livello industriale.


15 dicembre 1999 È Castagnetti a telefonare a Giana e a darle la notizia del malore di Nino durante la seduta parlamentare dopocena per la Finanziaria. La famiglia accorre all'ospedale San Giacomo e sarà l'ultima volta che la donna vedrà aperti quegli occhi verdi che l'hanno fatta innamorare cinquant’anni prima. Nino Andreatta muore il 26 marzo 2007 al Policlinico sant'Orsola di Bologna senza essere mai uscito dal coma vegetativo. Del compagno di una vita Giana dice: “Hai lasciato un pieno immenso”.

@boria_a

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