sabato 18 novembre 2017

IL LIBRO

Paolo Rumiz e la Regina del silenzio


 


Una favola fatta per essere letta ad alta voce. E accompagnata, in sottofondo, da pagine di Grieg, Dvorák, Wagner, Beethoven, Mendelssohn, Mahler, Sibelius, Stravinskij. Perchè ne “La regina del silenzio” - il libro appena uscito di Paolo Rumiz (La Nave di Teseo), che sarà presentato dal giornalista il 19 novembre, alle 19.30, alla Galleria d’arte moderna di Milano nell’ambito di Bookcity, insieme a Moni Ovadia - parole e suoni sono i protagonisti.

Il Piccolo l’ha raccontato in anticipo un mese fa, in occasione della chiacchierata dell’autore a Gorizia, nella rassegna delle 18.03: “La Regina del Silenzio” è piena della musica che Paolo Rumiz ha frequentato assiduamente negli ultimi tre anni, ascoltando i giovani artisti della European Spirit of Youth Orchestra, i loro sogni e la loro passione, e accordando la sua voce di lettore a quella degli strumenti nei concerti in giro per l’Italia.



Paolo Rumiz


Ma nel racconto, che ha il ritmo e le suggestioni delle saghe nordiche, c’è anche il ricordo dell’amico Alfredo Lacosegliaz, scomparso un anno fa, il musicista che ha anticipato a Trieste l’interesse per i suoni balcanici e le contaminazioni con l’Oriente, e che ha composto la partitura per i reading de “La cotogna di Istanbul”, condividendo con lo scrittore chiacchierate, confronti e altri palcoscenici. È lui, in questa favola per grandi e piccoli, a suggerire il personaggio del bardo Tahir, suonatore della tambùriza, che nelle prime pagine accompagna con la sua melodia la morte dell’eroe Vadim. È lui, con codino biondo e baffi spioventi, uomo delle montagne con il fisico possente di un dalmata, che suona per Mila, la figlioletta di Vadim ancora nella pancia della mamma, in modo che impari la musica prima di nascere, come per lui aveva fatto suo nonno.


Quando Mila vede la luce, il popolo dei Burjaki, tiranneggiato dal malvagio re Urdal, vive nell’imposizione del silenzio: non si può suonare, cantare, modulare la voce. Da ogni parola sono cancellate le vocali per svuotarle di ogni musicalità e renderle scure e ferrigne. Quando anche Eco, il mago che suscita i suoni della terra, che genera rimandi e risposte sonore, viene fatto prigioniero, la grande landa (che Rumiz immagina al di là dei Carpazi, dove si stendono Ucraina, Bielorussia, Polonia) sprofonda nella cupezza.
Mila, però, ha conosciuto la musica prima che fosse vietata. Il bardo Tahir, col suo strumento gelosamente custodito e nascosto, suonava per lei, facendo della pancia di sua madre Tassìa una cassa armonica. L’uomo e la nascitura erano separati solo da una sottile membrana e, tra i due, le note creavano un flusso, una comunione indissolubile. Così, quando nacque, Mila non pianse ma cantò e continuò a farlo al di là di ogni divieto, privilegiando l’armonia alle parole, perchè la prigionia di Eco impediva alla sua fragile voce di diffondersi e suscitare la collera dei tiranni.


La musica come ponte tra i popoli, come strumento di dialogo e comprensione: questo è il messaggio della favola. E come Tahir-Lacosegliaz, anche la protagonista è stata ispirata da un incontro, quello con la violinista quindicenne Alexsandra Latinovic, serba, che Rumiz ha conosciuto nella giovane orchestra dallo “spirito europeo”, diretta da Igor Coretti-Kuret. Sarà Mila-Alexsandra a scendere il fiume Limantra (come il Limentra dove la famiglia Guccini ha il mulino...) e poi a risalire la Montagna Nera in cerca di Tahir. Insieme a lui, e a un “esercito” di musicisti, sconfiggerà senza combattere i signori del silenzio, annichiliti dalla potenza di suoni che non conoscono.


Li si vede in copertina, nell’illustrazione firmata da Cosimo Miorelli, figlio di Moreno, fondatore di Stazione Topolò. Le “cornici” dei capitoli sono invece del calligrafo Pietro Porro. Tutti, dice Rumiz, “uomini di confine”. Che, i confini, conoscono l’importanza di cancellarli, anche nei cuori.
@boria_a

Nessun commento:

Posta un commento