sabato 23 dicembre 2017

IL LIBRO

 I segreti di un interminabile inverno



Che fine ha fatto Nicola, sparito da casa a sei anni? Dalla prima all’ultima riga del secondo romanzo dello sceneggiatore Alex Boschetti, “Un interminabile inverno” (Edizioni Alphabeta Verlag, pagg. 276, euro 14,00), il lettore sa con certezza che questa domanda, che percorre sottotraccia ogni pagina, dovrà per forza trovare una risposta. Anche se la storia sembra prendere un’altra direzione, concentrandosi non sulla scomparsa del bambino, ma sulla devastazione che ha provocato. Anche se Nicola non è una presenza incombente, non è il centro di questo noir, affilato e nitido come gli squarci di Alto Adige in cui in parte è ambientato. Non ci sono tracce, un corpo, la richiesta di un riscatto. L’autore nemmeno lo descrive, Nicola, lo evoca solo nello sguardo del padre, immobile sulla strada, verso la finestra della cameretta, o nell’assurda sensazione di avvertire il respiro del piccolo alle sue spalle.


Alex Boschetti



E invece. C’è un ispettore che lo cerca da due anni. Una madre e una sorella adolescente, che provano a ricominciare da quel che resta della famiglia implosa. E soprattutto lui, il protagonista, Albert Kleim, un tempo brillante docente universitario e mattatore di salotti televisivi, che la scomparsa del figlio ha trascinato a fondo, in una spirale distruttiva di stordimenti alcolici tra Bologna, dove vive, e l’Alto Adige, terra natale, in cui a volte si rifugia.


Suo figlio, per lui esiste da qualche parte e piangerlo significherebbe accettare un epilogo. Significherebbe arrendersi, come ha fatto sua moglie Martina, artista, che ha scritto “morto”, “tot” in tedesco, sotto le decine di ritratti fatti a Nicola, prima di accettare la fine del figlio e del matrimonio, prima di finire a letto con uno degli amici d’infanzia di Albert, Giorgio, pure lui docente nella stessa facoltà. Quando li scopre, la rabbia nasce dal fatto che lei voglia in qualche modo tracciare una riga, segnare un prima e un dopo: “assassina” le urla, perchè ha tradito quel bambino da tenere in vita a costo di annientarsi.
Albert no: ha dato di matto sul piccolo schermo a sentir nominare il figlio tra le cronache di nera, ha distrutto la sua immagine di opinionista piacione, ha perso famiglia e cattedra, e ora vivacchia scrivendo libri per un barone della facoltà, trascinandosi tra infelicità, sarcasmo e bevute, sbandando in un dolore perenne di cui crede di avere l’esclusiva, di cui non ammette altra forma che non sia la sua.


Cosa gli è rimasto, oltre alla madre, smarrita nella sua demenza? Gli amici di Bolzano, salvo Giorgio, il cui tradimento brucia più di quello della moglie: Kurt, fisicamente il più fragile e vittima della brutalità paterna, diventato un famoso artista a New York, e Peter, arricchitosi con le grappe, rustico e sanguigno.
Il libro si apre proprio con loro, ragazzini italiani e tedeschi che si azzuffano nella neve, stabilendo ruoli e rapporti di forza che, invariati, rimarranno gli stessi per tutta la vita. Giorgio il carismatico, Albert l’irrequieto, Kurt il resiliente, Peter il generoso. 


L’Alto Adige della loro infanzia non è quello del turismo d’elite, alberghi a cinque stelle con saune e bagni di fieno, ma una terra imprigionata nella neve con i suoi riti arcaici e brutali, violenta con gli animali e con gli uomini. I bambini giocano, si scontrano, bevono il sangue delle vacche appena uccise con un colpo di pistola in fronte, condividono segreti che cementano il gruppo e mettono al riparo i suoi componenti da qualsiasi attacco esterno, fosse anche dei propri familiari più stretti. Un patto più forte di qualsiasi altra relazione, salvifico o mortifero.

Sono proprio gli amici gli unici puntelli di Albert nel suo lento deragliamento. Perchè quello che Alex Boschetti descrive con efficacia è un tessuto di amicizie e di alleanze maschili, dal quale le donne sono escluse, o relegate a figure di contorno. In questi rapporti finiscono per rimanere avviluppati anche l’ispettore che indaga sulla sparizione di Nicola e il pediatra del bambino, che si accanisce a voler salvare il padre. Caratteri ben delineati e tutt’altro che comprimari.


L’epilogo, a saperlo intuire, è già lì, in quelle prime pagine sospese in uno spazio senza tempo, quando ciascuno dei quattro amici ha siglato un patto che lo inseguirà ovunque, non importa quanto lontano dagli altri lo porti il destino. Abile nel tenere costante la tensione (seppure con una scelta un po’ televisiva nella resa dei conti finale) Boschetti ci consegna una soluzione imprevedibile. Disseppellire il passato, a volte è l’unico modo di sopravvivere al presente.

@boria_a

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