sabato 30 novembre 2019

IL LIBRO


La misura del tempo dell'avvocato Guerrieri





 La misura del tempo è una donna che ritorna dal passato, la copia opaca, irriconoscibile, della ragazza, della passione che era stata. Una “cliente nuova”, informa l’assistente di studio, e solo un cognome: Delle Foglie. Eccola Lorenza, capelli corti, i segni del tempo marchiati sul viso, prosciugata, l’odore stantio di troppe sigarette appiccicato addosso. Davanti all’avvocato Guido Guerrieri si materializza una storia durata pochi mesi, «in un’epoca lontana nel tempo e lontanissima nella memoria».

È lì, davanti a lui, ventisette anni dopo la sua sparizione, con un problema: suo figlio Iacopo, balordo fin dai tempi del liceo, dopo un apprendistato di furti, droga, pestaggi, una rapina patteggiata, è finito in carcere per l’omicidio di un uomo da cui si riforniva di droga. L’avvocato che l’ha difeso, già malato all’epoca del dibattimento, in aula era stato fiacco, inconsistente, nonostante la reputazione e la parcella pesanti. Risultato? Una condanna in primo grado a ventiquattro anni. Ora si avvicina il processo di appello, il vecchio legale nel frattempo è morto e il suo studio chiede altri anticipi. «Non sapevo cosa fare e non sapevo dove andare. Così ho pensato a te», dice Lorenza senza giri di parole. Guido fa un rapido calcolo: non è suo quel figlio sbandato. E subito dopo pensa che lei l’ha scelto solo perchè è sola, senza soldi e non sa più dove sbattere la testa.


Gianrico Carofiglio


Sarà pure disincantato e amaro l’avvocato Guido Guerrieri, ormai oltre la soglia dei cinquanta e spesso suonato dalla vita come il suo Mr Sacco, ma resta il personaggio più amato di Gianrico Carofiglio. Questo sesto capitolo, “La misura del tempo”, il secondo per Einaudi dopo “La regola dell’equilibrio” (2016), da settimane contende alla star Elena Ferrante il primo posto nelle classifiche dei libri più venduti. Guido l’accetterà la difesa di Iacopo, anche se il ragazzo a pelle non gli piace e gli indizi contro di lui sembrano così gravi, precisi e concordanti da non ammettere alternative. Iacopo è il colpevole perfetto: ha polvere da sparo sul giubbotto, ha telefonato alla vittima poche ore prima della sua morte, è stato visto nei pressi del luogo dell’omicidio. Sua madre, poi, gli ha fornito un alibi sgretolato in aula per una vecchia accusa di resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento, che torna a galla dal passato oscuro di Lorenza, di cui Guido non sa niente.


Ma non esiste “una sola risposta di fronte ai dilemmi umani”, come lui stesso dice ai giovani magistrati in tirocinio a cui fa lezione. E a volte si può ribaltare un caso sulla carta chiuso, cambiare il corso degli eventi, riparare un torto, anche se è solo “un risultato preterintenzionale delle nostre azioni”.


Quel passato dal volto di donna che irrompe di nuovo nella sua vita, con un carico pesante di delusione e fallimenti, è l’occasione di riaprire una porta, professionale e personale. Di trovare uno stimolo in un lavoro che stagna nella ripetitività e nel poco entusiasmo, e di lasciar fluire i ricordi, riconciliandosi con quel momento confuso della sua giovinezza, con quella donna elusiva, con cui aveva immaginato di passare tutta la vita, sparita senza un perchè. Di vederla per quello che era e che è, senza condannare nè soffrire: “Proiettavi su di lei i tuoi desideri, le tue aspirazioni e i tuoi bisogni. In un certo senso te l’eri inventata, l’avevi creata, ti eri raccontato una bugia complessa, articolata e difficile, molto difficile da svelare”.


Le indagini, la ricerca di nuovi indizi, la sfida processuale per salvare Iacopo dal carcere, insinuando il dubbio nella giuria, si intrecciano al confronto tra passato e presente. Non è un déjà vu patetico, nè una nostalgia dolciastra per un tempo lontano e irrecuperabile. Guido guarda con affettuoso distacco quella “faglia”, quel cataclisma della coscienza in cui si era infilato ragazzo per uscirne uomo. Perchè non è il tempo a cambiarci, ma l’incontro con le persone: lui era cambiato dopo Lorenza, Lorenza era rimasta la stessa, inespugnabile all’altro.


Alla fine non importa l’esito del processo, ma la strada per arrivarci. Come diceva a Guido il nonno professore di filosofia: mettere dei punti interrogativi alle affermazioni che diamo per scontate. Accettare il rischio di cambiare, in un tempo mai lineare, pieno di inciampi. “Mi abbracciò forte e sentii il suo odore, e il suo corpo magro stretto al mio. Risposi all’abbraccio pensando che non avevamo mai avuto un contatto così intimo, tanti anni prima”. Così si può guardare indietro, in aula come nella vita, con il beneficio (e la maturità) del dubbio.

@boria_a

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