martedì 8 settembre 2020

MODA & MODI

 Riappropriarsi del corpo, un segno di fiducia

Mantelle, ampi cappotti avvolgenti, pantaloni fluidi, tailleur monocolore, una nuova interpretazione del trench. La moda non è finita e l’autunno, con le tante incognite della ripartenza, nelle prime vetrine post-saldi ci suggerisce capi solidi, strutturati, ben tagliati, materiali di qualità e appena qualche vezzo serenamente trascurabile (frange, catene, pezzi in vinile o argento stagnola). Come dopo ogni bufera, c’è voglia e bisogno di riemergere all’insegna della creatività, che quest’anno più che mai si lega alla grazia, alla discrezione, al senso di un capo che dura nel tempo, che rispetta l’ambiente e il lavoro di chi l’ha prodotto, soprattutto che esprime un’idea per definirci.

Dopo le tute, le felpe informi, i calzoncini sportivi, dopo che per mesi, attraverso uno schermo, abbiamo reso visibile di noi solo volto e busto, vogliamo riappropriarci del perimetro intero del corpo. “Questa non è la fine della moda” ha scritto Vanessa Friedman, firma di eccellenza del New York Times, per mettere un punto fermo a mesi di sfilate online, di video, di tutta la virtualità possibile e restituirci l’entusiasmo di vedere dal vivo capi che si muovono su corpi, anche sui nostri, senza l’intermediazione di uno schermo.


L’incertezza è una spinta al cambiamento, lo dimostra la storia della moda. Le epidemie medievali sollecitavano nuove regole nell’abbigliarsi. Finita la Prima guerra mondiale sbocciò l’era “ruggente”della liberazione del corpo, dopo la seconda nacque il New look di Dior, all’insegna della fiducia nel futuro, e Gucci lanciò la Bamboo bag, ancora oggi oggetto di desiderio. L’austerity petrolifera degli anni ‘70 rimbalzò contro i colori e la ricercatezza della collezione dedicata ai Balletti russi di Yves Saint Laurent, all’indomani di un’altra recessione, nel 2008, esplose ovunque la logomania.


La moda guarda avanti, oggi più rispettosa, più attenta all’ambiente e alle persone, meno affannata a rincorrere se stessa con la catena di montaggio delle collezioni, senza frustrare le idee. Nelle vetrine cominciano a comparire capi come beni rifugio, sartoriali e confortevoli, capi da tenere, da riutilizzare, da rimettere in circolo (l’ha fatto anche Cate Blanchett sul tappeto rosso della Mostra del cinema di Venezia). Fiducia e maturità. È un bel segnale.

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