MODA & MODI
L'antidemocratica passerella con Armani finisce in televisione
La settimana della moda di Milano che comincia oggi segna una rivoluzione. Lo scorso febbraio, alla vigilia del lockdown, le avvisaglie del cambiamento: defezioni tra gli stilisti, passerelle disertate a vantaggio di video sulle nuove collezioni, un interrogarsi frenetico sui modi più efficaci di comunicare il prodotto in un momento di globale confinamento.
Armani, per primo, aveva deciso di sfilare a porte chiuse, nel rispetto della salute dei suoi collaboratori e del pubblico. Sei mesi dopo è ancora Armani a segnare il nuovo corso con una decisione clamorosa: sabato 26 settembre, alle 21, su La7, la sua collezione primavera-estate 2021 verrà presentata in diretta televisiva e lo stesso designer racconterà al pubblico se stesso e il suo lavoro. È una scelta spiazzante, che segna un punto di non ritorno rispetto a una delle prerogative più esclusivamente custodite delle sfilate: l’elitarietà.
La pandemia ha reso ridicole immagini che ci erano familiari: code davanti alle location dei designer più concupiti, celebrità in prima fila, il racconto estasiato di chi riceveva l’invito e si considerava parte di un club iniziatico, l’ordine assegnato agli spettatori nelle file, secondo un criterio di rigida utilità pubblicitaria ed economica. E il senso di una mancanza, che solo oggi ci appare chiara: il destinatario finale, l’acquirente, il pubblico, a queste sfilate non solo non c’era, ma non veniva neppure considerato, se non come bersaglio di un gigantesco spot, da guardare da lontano.
La moda sta ripensando tempi di produzione, luoghi di manifestazione, parole per esprimersi. I creativi che si presenteranno da oggi a Milano lo faranno con eventi in parte digitali in parte “in presenza”, ma in centro saranno posizionati maxi schermi dove mostrare in diretta streaming le collezioni. Si parla di sfilate “inclusive”, aggettivo finora accuratamente bandito da un sistema che ha sempre curato l’esclusività e l’esclusione della massa dai suoi eventi.
Armani ha trovato la sintesi giusta per esprimere il nuovo corso: c’è bisogno di riallacciare il rapporto diretto col pubblico. La moda, da sempre perfidamente antidemocratica, scopre di aver bisogno di democrazia per raddrizzare i conti, per conquistare nuove generazioni e futuri mercati. È il momento di raccontarsi, a tanti, di condividere storie senza intermediari, anche col mezzo più popolare e meno glamour di comunicazione.
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