sabato 5 dicembre 2020

IL LIBRO

 

Elizabeth Jane Howard

La caduta senza fine di Daisy

nelle grinfie

del giardiniere predatore 




 

Come un animale Henry si impadronisce del territorio dove si muoverà, lo studia, impara a riconoscerne gli ambienti e gli odori, coglie e registra ogni dettaglio che potrebbe tradirlo. Lo stesso fa con le donne: le individua, le annusa, si infila nella loro vita con mosse calcolate, diventa presente, poi assiduo, poi indispensabile. Prima che la preda possa rendersene conto, Henry è entrato nella sua testa e la pilota dal di dentro, tirando i fili dell’adulazione, della comprensione, del desiderio sessuale, fino a ottenere il risultato voluto. È uno psicopatico che sa impersonare con naturalezza tutta la gamma dei ruoli, da servitore ad amante, senza che la vittima designata si accorga di essere tale. E, come capita per alcuni animali, solo gli estranei, quelli che li guardano dal di fuori, riescono a percepire la loro seconda natura, gli “scarti” nel comportamento, il lato ferino, anafettivo, opportunistico, potenzialmente letale per il più debole del malato rapporto a due. È un riconoscimento mutuo, una diffidenza istintiva, che scatena la reazione del predatore e l’allontanamento di chi cerca di fare breccia nel suo perimetro.


Elizabeth Jane Howard (1923-2014), l’acclamata autrice inglese della saga dei Cazalet ha vissuto questa esperienza e, almeno in parte, la racconta attraverso la finzione nel romanzo “Falling” del 1969, che ora Fazi ripubblica con il titolo, meno efficace, di “Perdersi”, nella bella traduzione di Sabrina Terziani e Manuela Francescon.

 

 È la storia della relazione tra Daisy, sceneggiatrice di successo ultrasessantenne, bellezza appena appannata e due matrimoni falliti alle spalle, e il giardiniere Henry, anche lui over sessanta, che della sua presa sulle donne ha fatto un’arte perversa di plagio e seduzione per i suoi interessi. Lui parla al lettore in prima persona, la vicenda di lei è invece raccontata in terza, a marcare l’aspetto più interessante del romanzo, che non è la prevedibile dipendenza in cui la donna cadrà, circuita impercettibilmente fino al totale annientamento di ogni sua difesa, ma il viaggio nella mente perturbata dell’abusatore.


Orfano, allontanato dal padre e dalla matrigna, costretto a lasciare gli studi e a diventare giardiniere come il genitore, Henry ha una famelica passione per i libri, che diventano altrettanti strumenti per costruire la sua immagine agli occhi degli altri: una mente eletta costretta dalla malasorte e dagli amori sfortunati a condurre una vita al di sotto della sua cultura e dei suoi meriti, in attesa dell’incontro che lo riscatterà.


Quando Daisy, dopo la rottura col secondo marito, l’affascinante attore Jason più giovane di lei di sette anni, decide di acquistare un cottage fuori Londra per curare le sue ferite, Henry capisce che l’incontro fatidico è finalmente arrivato. Si offre come giardiniere e nei lunghi mesi un cui Daisy è lontana dalla sua proprietà, trattenuta prima in Messico poi a Los Angeles dalla frattura di un piede durante una vacanza, Henry applica la strategia che ha collaudato fin da bambino, con la sua prima vittima, la bruttina e ricca Daphne, figlia dei proprietari della tenuta dove lavorava il padre: conoscere il territorio, poi la personalità della sua preda, per anticiparne i desideri e soggiogarne a poco a poco la volontà. Legge le sceneggiature di Daisy, i libri della sua biblioteca, infine scova il diario della donna e cataloga tutte le informazioni utili sul suo passato. Apprende degli amori falliti, dell’unica figlia con cui ha un rapporto problematico e comincia ad avvicinarsi a lei nel modo che gli è più congeniale: le scrive, prima da dipendente che aspetta istruzioni sulle piantumazioni, poi da confidente, infine da amico, in un registro che passa magistralmente dal formale al colloquiale all’allusivo.


La preparazione dell’ingannno è lunghissima, occupa buona parte del libro, e accompagna il lettore nei meandri di una mente cinica, dalle cui confessioni in prima persona è impossibile districare la verità dall’artificio. Alla fine, quando l’obiettivo sembra a portata di mano, un diniego di Daisy determinerà lo “scarto”, quella perdita di controllo che gli estranei avevano intuito nella personalità dell’uomo. Gli eventi precipitano, anche troppo repentinamente per il palato del lettore ormai abituato alla lenta progressione nella posta a Daisy. “Falling”, la caduta del titolo originale, resta nel finale sospeso come su un precipizio. Henry è ancora là fuori, sembra dirci l’autrice, che non tace le sue fragilità. E quanti Henry ci sono, pronti a porgere il braccio a una donna per trascinarla a fondo? 

@boria_a

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