mercoledì 24 marzo 2021

MODA & MODI

 L'arte di prendersi le misure




 

Col cambio di stagione dall’armadio non usciranno scheletri, ma un bel po’ di sensi di colpa sì. Lo shopping online (cresciuto in Italia del 22% nel 2020 solo per l’abbigliamento) non solo ha cambiato il nostro modo di vivere, ma ha anche contribuito sensibilmente ad aumentare i capi che non rispettano la famosa regola del 30: devi indossarlo almeno trenta volte per ammortizzare l’inquinamento della filiera di produzione. Insomma, se lo adagi nell’armadio come una salma, cercando di non guardarlo per non essere travolto dal rimorso, hai sulla coscienza un pezzo di distruzione del pianeta. Meglio quindi essere convinte che quello che ci appare desiderabilissimo sullo schermo si guadagnerà un posto stabile nel nostro guardaroba, altrimenti è preferibile abbandonare subito la pagina con un clic.

 

Il lockdown ci ha privato dell’esperienza fisica dell’acquisto, che dagli inizi del secolo scorso e per decenni ha rappresentato per generazioni di donne l’unica occasione di evasione dal confinamento domestico. L’e-commerce oggi riempie facilmente il vuoto di gratificazione, ma detta i suoi condizionamenti, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Perchè è così piaciuto il vestito a pois di Zara, campione di vendite online nel 2019? Perchè la sua linea ampia permette di infilarci dentro un bel numero di taglie, riducendo il rischio, e il fastidio, dei resi. Lo stesso vale per l’elastico in vita, quanto di più brutto ma adattabile a un range esteso di pance.


Lo sbaglio di taglia è una delle principali ragioni dell’accumulo nell’armadio dei sensi di colpa tessili. Anche un golf identico nel modello e nella misura a quello che già possediamo, può rivelarsi subdolamente diverso causa lavorazione o lana. Tutte le grandi piattaforme hanno tavole per permettere ai clienti di riconvertire le taglie o mettono a disposizione appositi strumenti per misurarsi (operazione tutt’altro che scontata). Di solito modelle virtuali mostrano come cadono i vestiti, ma l’altezza è ingannevole e capita di ritrovarsi con lunghezze sballate. Ai negozi più piccoli non resta che sfruttare i social per assistere da remoto i clienti, in modo da ridurre al minimo la possibilità di errori. I film sulle shop-aholic che sciamano verso i camerini con le braccia cariche e poi restituiscono alle commesse i vestiti scartati, sono ormai archeologia.

 

L’e-commerce scoraggia prove plurime. Comprare online sembra facile e indolore, rifare i pacchi e rispedirli al mittente è un’enorme seccatura. Ma anche molte aziende non sono attrezzate a gestire grandi quantità di resi, che spesso arrivano danneggiati o a svendite concluse e non possono che essere rivenduti in perdita o distrutti. Dietro il carrellino riempito sull’onda dell’entusiasmo, si muove un’enorme e inquinante macchina di consegne, traffico, gestione dei magazzini e smaltimento degli invenduti. I colossi come Amazon lavorano agli avatar del cliente e alle sale prova virtuali, mentre le boutique più sofisticate delle metropoli fanno aspettare i corrieri sotto casa dell’acquirente fino a prova conclusa per risparmiare sui viaggi. Quel vestito messo solo una volta, dissepolto nell’armadio, ha dunque un sacco di cose da rimproverarci. E in mancanza di uno specchio o di un’amica fidata a portata di mano, ci dà un consiglio: prima di comprare, prendere bene le misure.

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