giovedì 19 agosto 2021

L'INTERVISTA

Maria Giuseppina Muzzarelli:

Madri mancate, surrogate, in carriera

Sei donne del Medievo quasi come noi 




 

Sei donne del Medioevo raccontate nel loro rapporto con la maternità. Madri mancate, madri da lontano, madri per elezione, madri in carriera, madri spirituali, madri che fanno anche da padre. Maria Giuseppina Muzzarelli, docente di Storia medievale all’Università di Bologna, esperta di storia della mentalità e della società, in “Madri madri mancate quasi madri” (Laterza, euro 18, pagg. 192) ha scelto sei figure emblematiche - Dhuoda, Matilde di Canossa, Caterina da Siena, Margherita Datini e Alessandra Macinghi Strozzi - che scardinano stereotipi radicati sui ruoli, le capacità e le scelte femminili nell’età di mezzo. E scopriamo, a secoli di distanza, inedite consonanze con situazioni ed esperienze attuali. «Ho cercato di raccogliere in questo “bouquet” - spiega Muzzarelli - figure molto note e altre meno conosciute o addirittura sconosciute ai più. Di tutte loro ho indagato il ruolo materno, anche al di là del fatto biologico di essere diventate madri. Non avevo idea se avrei trovato elementi di vicinanza con la nostra realtà e sensibilità. A lavoro ultimato posso dire che resta un’enorme distanza, ma anche un senso di familiarità che nasce forse dall’essere questa relazione certo potentemente influenzata dalla realtà circostante ma anche molto peculiare, intrisa di sentimenti che, pure anch’essi storicamente condizionati, riescono a parlarci». 

 

Matilde di Canossa (1046-1115)

 


La vicenda di Matilde di Canossa è emblematica di quanto all’epoca non avere figli segnasse una donna, pur potente e ricca...
«Matilde si colloca al confine, in quell’XI secolo in cui erano ancora possibili ascese e affermazioni femminili successivamente sempre meno presenti e in cui si profilano nuove realtà politiche e sociali. È ricordata nei libri di storia ed a lei Donizone ha dedicato una biografia, ma mai si fa cenno alla sua mancata maternità. Ho trovato il fatto emblematico di una sorta di cancellazione di questo pur importante aspetto, e non solo privato, quasi un prezzo da pagare da parte di una donna potente e politicamente rilevante».


Che cosa le accadde? «Dal primo matrimonio nacque una figlia che morì quasi subito e l’esperienza complessiva fu a tal punto negativa per lei da indurla ad abbandonare il marito. Rimasta vedova e ormai ultraquarantenne volle sposare un uomo molto più giovane, forse proprio per assicurare continuità al casato: fu un disastro che ci viene raccontata in ogni sapido dettaglio. Di fatto la lady di ferro fu sconfitta dal suo stesso corpo. Le conseguenze furono politiche e anche umane, ma il fatto che Enrico V le volle riconoscere il titolo di “viceregina” e la seppe consolare chiamandola “col nome di madre” assicura alla storia un finale meno drammatico».


Lei racconta anche di una maternità “surrogata”, come accudimento di figli non propri. Da cosa nasceva un concetto così moderno di famiglia allargata? «Questa è la storia di Margherita Bandini che sposò, molto giovane, il noto mercante pratese Francesco Datini, un uomo più anziano di lei, che desiderava tramandare la sua floridissima azienda ai figli. Margherita non riuscì a diventare madre. Dalla sua storia, che ci è nota anche attraverso le molte lettere indirizzate al marito, spesso lontano, si ricava che intorno a lei c’era una vera e propria “brigata” di piccoli: figli di sua sorella, figli dei soci del marito, figli della servitù. Margherita governava questa famiglia “allargata” e soprattutto ha cresciuto Ginevra, la bambina che il marito ebbe da una schiava, come fosse sua figlia. In questi termini ne parla nelle lettere a Francesco. Siamo dunque davanti a una realtà di fatto non scontata e insieme davanti alla coscienza di essa e ciò rende davvero preziosa questa testimonianza».

 

Margherita Bandini Datini (1360-1423)

 


Maternità spirituale è quella di Caterina da Siena. Che qualità materne le riconoscevano i suoi seguaci? «Caterina nasce nel 1347 e fin da piccola sceglie la strada della fede. Sarà madre dei figli di Cristo e a moltissimi uomini e donne indirizza lettere per dire loro come comportarsi riguardo al progetto che le stava a cuore: la riforma dei costumi, la crociata e il ritorno a Roma del pontefice da lungo tempo ad Avignone. Guida e ammonisce come una vera madre, usa una sorta di softpower per influenzare le vite dei suoi “quasi figli”. Esorta uomini di potere e pontefici ad avere coraggio, ad agire virilmente. Come ogni madre, soprattutto italiana, riteneva di sapere quello che i figli avrebbero dovuto fare. Esprime attiva partecipazione alla loro vita per indirizzarla: un qualcosa che, ammettiamolo, ci capita eccome di fare».


Carriera e maternità: ieri come oggi un equilibrio difficile…
«Ho intitolato “La carriera o la vita” il capitolo dedicato a Christine de Pizan, prima intellettuale di professione vissuta fra XIV e XV secolo. Rimasta vedova e grazie alla cultura trasmessale dal padre, comincia a scrivere opere poetiche e trattati su commissione. È nota in particolare “La città delle dame”, scritta per difendere la dignità delle donne. È meno noto il fatto che ha avuto dei figli e che si occupata attivamente della loro sistemazione. Quando le donne che hanno lasciato segni rilevanti nella storia sono state anche madri, questo loro ruolo rimane perlopiù nell’ombra: troppo usuale, quasi in contraddizione con la loro opera o azione pubblica e lo si può quindi sottacere. Sta di fatto che Christine grazie al successo ottenuto è riuscita ad aiutare i figli realizzando una sorta di quadratura del cerchio. Anche oggi ci facciamo i conti». 

 

Christine de Pizan (1364-1430)

 


L’autonomia e la capacità di reinventarsi sono tratti che colpiscono, anche se parliamo di donne di un’elevata condizione sociale…
«Le donne di cui parlo non sono comuni. Ma di loro, più che le grandi imprese politiche mi ha interessato la relazione con il tema della cura, che hanno saputo realizzare mostrandosi capaci di applicare le loro capacità e la loro cultura anche in questo campo. Donne fuori dall’ordinario sì, ma non fuori dal loro tempo e dal loro genere. Madri oltre la retorica che le relega a un ruolo ritenuto angusto, autentiche madri anche oltre l’effettiva esperienza biologica, donne in azione oltre la sfera della domesticità, protagoniste oltre i limiti loro imposti, madri e donne oltre le nostre ristrette concezioni del Medioevo e delle capacità femminili».


Dove ha trovato in queste sei figure la caratteristica che più le avvicina a noi donne di oggi? «Le distanze sono infinite: donne che non possono, quasi mai, scegliere il loro destino, che devono mettere al mondo circa una ventina di figli perchè almeno qualcuno arrivi all’età adulta, che hanno una vita sociale e di relazioni più che ristretta, che non prendono la parola in pubblico, che lavorano senza sosta e sanno fare ben più di quanto venga loro riconosciuto. Più d’una si è guadagnata dosi di protagonismo in assenza dei mariti, lontani o defunti. Spesso si tratta di donne che mascherano la loro forza e le loro capacità dichiarandosi deboli o sminuendo il loro ruolo. Almeno una di loro, Christine de Pizan, è del tutto consapevole della privazione subìta dalle donne per la minore istruzione e la mancanza di molte occasioni di relazione e conoscenze. Questa consapevolezza e la strategia della minimalizzazione ce le fa sentire vicine, così come la loro capacità di fare al di là dei ruoli ufficialmente attribuiti. E il loro costante impegno diffuso in più ambiti, da quello famigliare a quello lavorativo: pesante, continuo ma perennemente nel backstage». 


Maria Giuseppina Muzzarelli

 

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