giovedì 26 agosto 2021

MODA & MODI 

Cara Carrie, che sciatti siamo dopo il lockdown

 

Quand’è che la confortevolezza si è trasformata in sciatteria? Quando la libertà ritrovata ha fatto saltare i freni inibitori, andando in caduta libera verso la volgarità?

 Potrebbe cominciare così una delle rubriche della giornalista Carrie Bradshaw, la Sarah Jessica Parker di Sex and The City, che si prepara a tornare in televisione con il reboot, la ripresa della serie cult, in dieci episodi intitolati And Just Like That. Sono passati vent’anni e i problemi per le amiche (azzoppate, Kim Cattrall, Samantha, si è persa per strada per dissidi con la Parker...) non sono più gli uomini con cui accompagnare il Cosmo prima di gettarsi nella notte newyorkese, ma la mezza età, i fallimenti sentimentali, la menopausa e anche la pandemia.

 

 

And Just Like That


Fatte le debite proporzioni tra la metropoli e una città di provincia impermeabile alla moda come è Trieste (che paradosso, vero? Tra nativi e adottivi, ha dato alla moda del secondo ’900 quattro grandi stilisti) l’interrogativo non è poi così peregrino. Carrie non ticchetterà più le sue domande sulla macchina da scrivere, come accadeva all’inizio di ogni puntata delle sei stagioni di Sex and The City, avrà un computer, un iPad di ultima generazione, ma ci aspettiamo che si chieda, proprio come noi: perché dal confinamento ci siamo risvegliati ordinari? Accondiscendenti, permissivi verso noi stessi? Così sventati da uscire coperti dalla prima cosa che capita a tiro? La confortevolezza a cui ci ha abituato il lockdown ha ripopolato le strade di canottiere, biancheria indossata come non fosse intima, calzoncini francobollo, sottovesti fatte passare per vestiti, nonnulla che non sai se sono top o mini-abiti, l’importante è che si incollino perfettamente a ogni centimetro di pelle.

 



 


Qualche collega o amico del tutto disinteressato o blandamente attento al vestire, suggerisce: perché non scrivere su questo sciattume dilagante? Su questo mostrare a tutti i costi, quasi una rivendicazione? Se i media ci martellano dicendo da mesi che la caduta delle restrizioni non è un liberi tutti, perchè non vale per gli involucri di questa estate disennata? Perchè il post lockdown ha ripopolato le strade di bermudati e smutandate?

 

 



Sabato sera: ristorante triestino segnalato da tutte le guide, con una consolidata clientela di mezza età, oggi scoperto da generazioni più giovani. Ad abbassare l’età, e non solo quella, entra un gruppo di ragazzi. Spicca lei, che per una serata, all’interno di un locale, si propone in un triangolino indeciso se coprire schiena, pancia o ombelico, sopra (si fa per dire), svolazzanti shorts-mutanda che, risucchiati spesso dalle natiche, costringevano l’interessata calzata in combat boots, nell’in e out per la “cik pausa”, ad artistici contorcimenti.
 

In rete ci accaloriamo contro il body shaming, in nome del sacrosanto diritto di sentirsi bene nel proprio corpo, e altrettanto liberi di mostrarlo, qualsiasi dimensione o (im)perfezione abbia, senza essere presi di mira da commenti sgradevoli. Capita spesso però che siamo noi stessi a farci una sorta di auto-shaming in nome di un malintenso “quando e quanto voglio”. È la conseguenza più visibile del lockdown, l’averci privato del senso dei tempi, dei modi, delle occasioni per vestirsi o svestirsi. Che poi è la vera libertà.

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