domenica 13 luglio 2014

L'EDITORIALE

Trieste e ITS, l’isola che seduce i fashionisti

 
Bagnanti a Barcola, nella "pervestita" Trieste (foto di Andrea Lasorte per Il Piccolo)



Tutti gli ospiti di ITS concordano: è bello venire a Trieste perchè è defilata, lontana dalle latitudini obbligate della moda, non scontata. Nella città che d’inverno si rifugia sotto i berretti col pon pon e d’estate sciama verso il mare con la brandina incorporata, dove meteorologia e sport dettano a tutti abiti senza ghiribizzi e fantasie, proprio qui, ai confini dell’impero, e soprattutto del fashion, da dieci anni ogni estate converge il mondo internazionale della moda.
E si sorprende.
Dell’isolamento, prima di tutto, la dannazione degli organizzatori del concorso, come se l’irraggiungibilità fosse per una volta parte di un evento per pochi. Del mix tra rigore asburgico e mollezza balcanica,del profilo aristocratico dei palazzi che convive con i chilometri di pelle srotolati sull’asfalto, dei tempi del lavoro che sconfinano in quelli della vacanza e dettano un passo rilassato, eccitante per i non autoctoni. Del suo essere, Trieste, una tabula rasa della moda,non satura,non estenuata, non stressata, non “ho-visto-già-tutto e niente-mi-sorprende”, insomma un grande libro bianco dove i giovani aspiranti stilisti si sentono liberi di sperimentare, osare, travalicare, e tutti gli altri di osservare senza sentirsi osservati, di partecipare al gioco della creatività fuori dai codici e dai rituali che la moda detta nei suoi luoghi canonici, a New York come a Milano, sterzando oggi per Brasile ed estremo oriente. Perchè la “pervestita” Trieste, che ha partorito grandi stilisti madi moda non produce nemmeno uno spillo, riesce da undici anni a organizzare e ospitare uno dei più importanti concorsi per designer emergenti? È vergine, spiegano gli esterni, può permettersi di essere eccentrica. E ha un antico allenamento a mischiare provenienze e culture.
Per Barbara Franchin, che l’evento l’ha inventatoe consolidato, il segreto è aver cresciuto
ITS come una famiglia. Con dedizione, ma soprattutto con la determinazione di creare una rete dove aziende e giovani incrociano richiesta e offerta, una banca dati con migliaia di nomi, un archivio in evoluzione, un rapporto vivo con le scuole, un tessuto di legami che sono amicizie e affetti ma sanno mettere in moto una macchina economica.
Difendendo la “straordinarietà” del luogo, anche quando le istituzioni pubbliche non hanno collaborato.
“Secluded”, ripetono gli ospiti. Appartata. Qui la moda è davvero “delocalizzata”: e per una volta, questa parola non suona male.

twitter@boria_a



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