giovedì 17 novembre 2016

 L'INTERVISTA

Laudomia Pucci: "Così siamo finiti su una tazzina da caffè"


 
Laudomia Pucci




La tazzina del caffè è griffata. Dopo tanti artisti contemporanei, da Marina Abramovic ad Anish Kapoor, da Jeff Koons a Robert Rauschenberg, per la prima volta nella celebre illy Art Collection entra la moda. E non un nome qualsiasi, ma il marchio Emilio Pucci, tra i fondatori del made in Italy. Era il 1951 quando il marchese Emilio Pucci di Barsento sfilava nella dimora di Giovan Battista Giorgini, Villa Torrigiani a Firenze, con un piccolo gruppo di sartorie italiane che portavano in passerella il loro gusto e il loro stile, decisi a liberarsi dalla supremazia francese.



 






Olimpionico di sci, aviatore durante la seconda guerra mondiale, il marchese Emilio venne arrestato nel ’44 dalla Gestapo, incarcerato a Milano e a lungo sottoposto a interrogatori e torture perchè rivelasse dove aveva nascosto i diari di Galeazzo Ciano, che l’amica Edda gli aveva affidato. Una volta liberato riparò in Svizzera e, per mantenersi, cominciò a dare lezioni di sci a Zermatt. Fu per caso che, nel 1947, una tuta da sci inventata per un’amica, piacque alla fotografa di Harper’s Bazaar Toni Frissel, che la pubblicò sulla rivista in un servizio sulla moda invernale in Europa. Da allora le collezioni firmate da Emilio Pucci hanno conquistato un pubblico internazionale, sinonimo di colore, grafica, eleganza e praticità.
Dal 2000 il marchio Pucci fa parte del gruppo Lvhm. E Laudomia, figlia di Emilio e direttore immagine del brand, è membro dell’associazione Altagamma delle eccellenze italiane, presieduta da Andrea Illy.



Laudomia Pucci e Andrea Illy


Nasce da qui l’idea della tazzina griffata. Sei stampe Pucci della serie “Cities of the World”, disegnate a mano, decorano l’ultima serie dell’ormai nutrita collezione illy. Londra, Milano, Parigi, Roma, New York: un giro del mondo colorato, avvolto nella palette di Pucci. Tra le stampe scelte c’è “Battistero”, che il marchese Emilio disegnò nel 1957, raffigurando piazza Santa Maria del Fiore a Firenze nei toni del giallo limone, arancio tangerino, rosa “Emilio” e fucsia intenso: una festa di colori come omaggio alla sua città.





 









Chiediamo a Laudomia Pucci di raccontare la nuova partnership, una prima volta per entrambi i brand, ma nel segno del made in Italy.

Signora, com'è avvenuto l’incontro col caffè? «Sono legata all'azienda Illy da vari anni, vuoi per l'ottimo rapporto che ho con Andrea Illy, presidente di Illy e di Altagamma, vuoi per il fatto che sono loro cliente. Ho due bar Illy, uno in ufficio e uno nel nostro museo privato (coperto in tessuto Pucci). Poi da cosa nasce cosa e abbiamo cominciato a immaginare una collaborazione tra due eccellenze italiane. Mio padre disegnava, dipingeva e creava continuamente. In un certo senso, è sempre stato un artista e un sarto, quindi è meraviglioso vedere il suo lavoro insieme a quello di un gruppo di artisti contemporanei molto riconosciuti».
 

Perché proprio la serie di "Cities of the World" per le tazzine? «Ci piaceva raccontare una storia che avesse un chiaro riscontro con la nostra collezione esclusiva di foulard dedicata alle città del mondo con cui abbiamo un particolare legame. E in verità ci piaceva anche il concetto di internazionalità da Firenze a New York passando per Londra».

Nella storia del marchio Pucci però ci sono tante "deviazioni" dalla moda in senso stretto. Suo padre ha firmato uniformi, divise, perfino il logo per gli astronauti della missione Apollo… «Credo che il marchio abbia una sua straordinaria capacità di contaminazione, dovuta al suo profilo lifestyle, e grande dimensione artistica. Va fatto sempre con attenzione al prodotto e con una logica, ma certamente ci piace pensare che vestiamo la donna e anche la casa e dei bei momenti della giornata, come con le tazzine dell'art collection».


Come interpretate la modernità conciliandola con il patrimonio di una griffe storica? «È sempre la domanda che ci facciamo: innovare rimanendo se stessi. Questa evoluzione viene data dal talento creativo in primis e dalla tecnologia (sempre di più). Infatti Massimo Giorgetti, il nostro direttore creativo, è un giovane di grande talento con un grande senso della modernità, il suo lavoro è fondamentale per noi».


Suo padre ha creato stampe, colori, fantasie inconfondibili. È difficile affrancarsi da questa eredità? «Ci sono alcuni marchi come Chanel che non solo non si affrancano da un'eredità, ma la sottolineano. Io credo che i codici di un marchio vadano coltivati, lavorati e interpretati ma mai confusi o tralasciati».


Oggi la moda entra nei musei senza complessi di inferiorità. Suo padre Emilio in questo senso è stato un geniale antesignano: più artista o stilista? «Mio padre si chiamava artigiano e sarto, con un'umiltà che oggi purtroppo manca a molti di noi. In realtà penso che fosse più un artista che uno stilista, ma poi ha applicato la sua arte, i suoi disegni e colori a tessuti e al mondo femminile… Prima con il ready-to-wear, per poi allargarsi a tappeti e lifestyle in genere».


Emilio Pucci è stato tra i fondatori del made in Italy. Oggi fate parte di un gruppo internazionale del lusso, Lvmh. Non c'è il rischio di diventare uno dei marchi di una costellazione? «Dopo sedici anni di lavoro con il Gruppo Lvmh il bilancio del marchio è molto positivo. La risposta è abbastanza ovvia».
 

L'Italia detta ancora legge in fatto di moda o la creatività nasce altrove? «L'Italia sicuramente ha il suo "posto al sole" nel senso di creatività, ma parlerei in senso più lato di estetica, di qualità, del saper fare il bello. Certamente in quel senso rimaniamo una pietra miliare».

Ha un'immagine di suo padre stilista che le è particolarmente cara? «Mio padre adorava disegnare, fare varianti di colore… Lo faceva con una grande naturalezza e con un senso di sfida. Ho imparato questo metodo da lui e rimane sempre valido».
 

Che insegnamento le ha lasciato? «L'attenzione ai dettagli, era maniacale».
 

Le piace la moda di oggi? «Certamente mi piace la moda dei giovani, anche se spesso sperimentale. La seguo con attenzione».

Suo padre ha vestito attrici, dive, signore di sangue blu. Chi è la donna Pucci oggi?«Oggi abbiamo una clientela internazionale trasversale, dalla ragazzina che compra il bikini alla signora che ha comprato tutta la sua vita. È interessante».
 

Se dovesse citare qualcosa che vi identifica subito? «Forse con il colore Rosa Emilio e Blu Capri».

Le città di Pucci sono finite sulle tazzine. Ci sarà un foulard Pucci con Trieste? «Perché no».

Nessun commento:

Posta un commento