mercoledì 9 novembre 2016

L'INTERVISTA

Paolo Legrenzi: "E' colpa della testa se perdiamo i nostri soldi"







Come investire i propri soldi in uno scenario in continuo cambiamento senza rischiare di restare al verde o di affidarsi all’imbroglione di turno? Molti pensano che gestire i risparmi con oculatezza sia questione prima di tutto di dimestichezza con la materia. Al contrario, spesso non è la specifica ignoranza su economia e finanza a metterci nei guai, ma i nostri stessi difetti: pigrizia, paura ed emotività. Paolo Legrenzi, professore emerito di Psicologia a Ca’ Foscari di Venezia, e Armando Massarenti, filosofo della scienza e responsabile del supplemento culturale del Sole 24 Ore, lo spiegano in un vero e proprio manuale sulle trappole che fanno perdere soldi, “L’economia nella mente” (Raffaello Cortina Editore, pagg. 149, euro 12,00). Con uno stile colloquiale, molti esempi e regolette di buona condotta a chiusura di ogni capitolo, i due autori ci mettono in guardia: insistere su scelte già sperimentate, cedere alla paura di fronte a un imprevisto, fidarci di altri e non informarci in prima persona, lasciare che le nostre emozioni abbiano la meglio sull’analisi obiettiva degli scenari, può mandare in fumo un capitale. L’abc economico, insomma, può poco se la nostra mente perde il controllo.


Paolo Legrenzi


Professor Legrenzi, perchè la fonte dei guai capitati di recente ai risparmiatori è nella loro testa? «I comportamenti economici sono filtrati dalla mente umana. E non possiamo capirli senza capire come pensano, come ragionano, come si emozionano le persone. I fatti economici, le truffe, gli imbroglioni sono ovunque nel mondo: nelle banche, nei governi, nelle scelte politiche. Ma ci sono delle precondizioni perché tutto ciò avvenga e sono dentro di noi, nascoste nelle pieghe del nostro pensiero, nei modi in cui funziona la mente umana. Quindi non si tratta solo di analizzare i fatti, ma anche di analizzare noi stessi: dobbiamo renderci conto di come imbrogliamo noi stessi, prima di farci imbrogliare dagli altri».
 

Molti dei risparmiatori che hanno perso tutto nel tracollo delle quattro piccole banche italiane del 2015 erano dipendenti delle banche stesse. Qui non c’entra l’ignoranza... «Certo che no. Una commerciante di Chiusi della Verna in provincia di Arezzo, paese con il record di persone truffate dalla banca del luogo, ha dichiarato con amarezza di essere stata ingannata perché ignorante in materia di economia. In questo caso è stata ingannata due volte: primo per la truffa in sè e, secondo, perché ritiene che la causa dei suoi guai sia solo l'ignoranza in materia di economia. Eppure anche gli impiegati di banca avevano comprato gli stessi prodotti dei risparmiatori, quindi hanno commesso gli stessi errori. Fare le cose giuste per i propri risparmi deriva dal conoscersi. E non sapere come funzionano i meccanismi dell'economia e della finanza è la parte meno rilevante dell'ignoranza di cui parliamo. Ne esiste una più grave, che ha a che fare con i meccanismi che governano le nostre emozioni e i nostri pensieri. Questi spesso si trasformano nei veri nemici dei nostri risparmi».

Parliamo di emotività e irrazionalità? «Il primo comportamento sbagliato è basarsi su quanto è accaduto in passato. E come se guidassimo guardando lo specchietto retrovisore. Il mondo cambia e noi non ce ne accorgiamo. L'emotività è la causa principale dei nostri errori. E poi c’è la paura. Abbiamo paura delle cose paurose e non di quelle davvero pericolose. Per esempio, affidare tutti i risparmi a una sola banca che li investe in un solo prodotto della banca stessa. Chi l'ha fatto credeva di aver adottato un comportamento prudente, in realtà aveva fatto una cosa molto pericolosa di cui non si accorgeva. Diversificare la destinazione dei propri risparmi è meno pericoloso che concentrarli in un unico prodotto».


La fiducia nel consulente è un errore? «Anch’essa fa parte della pigrizia. Affidiamo ciecamente a qualcuno quello che ci è costato un’enorme fatica mettere insieme per tutta la vita e non facciamo neanche un millesimo di quella stessa fatica per capire che cosa si deve fare e dove investire. La delega totale può portare a delusioni cocenti. Qui entrano in gioco emozioni, considerazioni personali e confidenze che non hanno nulla a che fare con il benessere dei risparmi, quanto piuttosto con la serenità del risparmiatore. Nel caso poi dei dipendenti bancari truffati, si tratta di una doppia pigrizia, anzi di un misto di pigrizia e superbia». 



Armando Massarenti e Paolo Legrenzi a Pordenonelegge 2016


Nel libro fate un parallelo tra la gestione dei nostri soldi e lo sport. Ci sono errori comuni? «Pensare che le cose siano semplici e intuitive. Una forma di superbia insidiosa, che ci induce a pensare di potercela fare da soli. Questa illusione caratterizza anche il mondo dello sport. Nel libro facciamo l’esempio di Roger Bannister, il primo a correre il miglio sotto i quattro minuti, il 6 maggio 1954 sul percorso della Iffley Road a Oxford. Bannister era uno studente di medicina, sapeva che non si trattava solo di andare più veloce degli altri. Divise il miglio in porzioni, cronometrò il tempo di ciascuna porzione e le correlazioni tra loro. Lo stesso metodo si applica ai risparmi. Pensiamoli come una torta, dividiamola in pezzi e vediamo come ciascuno si comporta in funzione degli altri. Questo concetto di fondo trova applicazione in molti ambiti diversi. E il libro è un manuale proprio per imparare come applicarlo nella gestione del proprio patrimonio. Pensiamo al dolore enorme che causa la perdita del denaro, magari frutto del lavoro di tutta una vita, quindi messo insieme con grande fatica, rispetto ai pochissimi sforzi che si fanno per tutelarlo al meglio».



 
Roger Bannister


 

Consulente finanziario come allenatore? «Gli esempi sono due: Claudio Ranieri, che ha portato il Leicester a vincere la English Premier League e l’ex allenatore di volley azzurro Julio Velasco. Ranieri ha saputo analizzare i dati e le prestazioni del passato e ha trovato la formula vincente. Per trent’anni non aveva avuto grandi successi, imparando a essere modesto e a costruire un rapporto empatico con i calciatori, che al Leicester non erano divi costosi ma venivano comunque da storie e culture diverse. Per Velasco era importante la formazione costante dei giocatori, l’analisi dettagliata delle partite giocate e l’accettazione dell’impossibilità di prevedere tutti gli eventi, pur senza perdere il controllo delle circostanze. In entrambi i casi sono cruciali armonia e spirito di gruppo, non farsi scoraggiare e non perdere il controllo. Se pensiamo al portafoglio come a una squadra e ai giocatori come ai propri clienti, per costuire un rapporto duraturo il consulente deve applicare gli stessi principi».


Claudio Ranieri


 
Julio Velasco



E' vero che col consulente finanziario funziona un po' come con il compagno di vita? «Nelle coppie consolidate, dove la fiducia è ormai cementata, il rapporto è simile. L'innamoramento serve a conoscersi e a gettare le basi di un futuro impegno duraturo. Anche il consulente deve piacerci, perchè non sarà mai un puro tecnico che conosce tutte le risposte. E' una questione di equilibri. Nella vita e nei risparmi possono capitare delle svolte, quindi è necessaria una salda fiducia reciproca. Il cliente deve fidarsi del consulente, ma deve anche accettare che non potrà cogliere tutti i dettagli».


Qualche regoletta per non ritrovarsi al verde? «Separare il bene rappresentato dai risparmi dal proprio benessere personale, compresi i sentimenti di amicizia e confidenza. Trovarsi bene con chi gestisce i nostri risparmi non è una garanzia: non è detto che questa buona relazione si traduca automaticamente nel benessere dei nostri soldi. Secondo punto: non bisogna continuare a compiere scelte che hanno funzionato in passato. Abbiamo già fatto l’esempio del guidare guardando lo specchietto retrovisore. Se ripetiamo quello che ha già funzionato, ci muoviamo verso il futuro con gli occhi rivolti indietro, cioè senza tener conto della nostra attuale situazione personale nè di quella dei nostri risparmi. Ancora un punto: non presumere troppo di se stessi». 
@boria_a

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