Le povere sculture di Luigi Merola
Luigi Merola |
Non parlategli più di “riciclaggio”, Luigi Merola preferisce che la sua nuova mostra venga definita un omaggio all’Arte Povera e ad alcuni dei suoi grandi interpreti - Burri, Calzolari, Penone - attraverso i materiali che questi artisti hanno utilizzato. E la morte di Jannis Kounellis avvenuta proprio mentre stava completando uno dei due pannelli per l’esposizione, l’ha spinto (e l’ha convinto) a proseguire ancor più in questa direzione. Un «ossequio», dice Merola, all’artista che nel 2013 emozionò Trieste con la grande installazione all’ex Pescheria, e di cui ha scelto di riproporre l’elemento che più l’aveva colpito: le corde sospese con le pietre imprigionate a scendere sopra i frammenti di barche. Così ha inserito corde di canapa di varie dimensioni nei pannelli in lavorazione, con una funzione di “citazione” ma anche per avvolgervi e raggrupparvi materiali diversi.
Si intitola “Observa, Elabora, Exprime” il nuovo allestimento, curato da Elena Cantori, che Luigi Merola inaugurerà a EContemporary (in via Crispi 28 a Trieste, elenacantori.com), venerdì 10 marzo 2017 alle 19, e che si potrà visitare fino al 20 maggio. Circa quindici opere, di cui quattro inedite, nei materiali con cui l’artista triestino (almeno d’adozione) da sempre si esprime: cemento, reti metalliche, plastiche, piombo, terre, stoffe combuste.
Oltre ai pannelli, si vedranno due opere composte, rispettivamente, da cinque e tre pezzi; due trittici, in cui sono state inserite formelle in piombo e su cui l’artista ha punzonato frasi di Erri De Luca e Charles Bukowski, scrittori che interpretano la libertà contro il rigore e viceversa.
Infine, chi da tempo segue il suo lavoro di assemblaggio creativo, ritroverà le sculture con i libri. Le copertine di piombo e i fogli di carta pigmentati con terre, ossidi e cera per pavimenti, che danno forma ai volumi, sono imprigionati in un intreccio di morse di legno, o attraversati da un lungo chiodo, o abbandonati alla rinfusa in una vecchia cassa, pronti per il deposito. Un modo per esprimere il disagio per una cultura umanistica sempre più soppiantata dalla velocità e superficialità dei nuovi mezzi di comunicazione e informazione. Alla vernice il pubblico verrà coinvolto in un dialogo con l’artista (da qui l’Exprime del titolo), per una condivisione, anche critica, delle opere in mostra.
@boria_a
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