mercoledì 5 aprile 2017

IL LIBRO

 Drago, l'ispettore modello Friuli




Come il vicequestore Rocco Schiavone compila una personalissima classifica delle rotture di coglioni, al vertice della quale c’è l’omicidio, anche l’ispettore Drago Furlan ha un’unità di misura del fastidio - il borbottio - ma lo applica a un campo meno impegnativo, quello del cinema, dove si reca con la bella e bionda fidanzata Perla, vocata all’attesa e a bersi qualche frottola, un po’ come la Livia di Salvo Montalbano. E pure lui, Drago Furlan di Cividale, esattamente come il sovrintendente Tarcisio Ghezzi, operativo a Milano, ha la tendenza ad andar per le spicce con le procedure e a far di testa sua, magari seguendo una pista quando dovrebbe starsene in ferie, stivato in seconda fila sull’arenile di Lignano.

Insomma: in Drago Furlan c’è più di qualcosa dei personaggi di Manzini, di Camilleri, di Robecchi, tutti sbirri sui generis nell’affollato panorama del giallo italiano. Non c’è regione senza il suo investigatore e Drago, eccone l’originalità, è il campione della “friulanitudine”, summa delle caratteristiche da manuale umano della piccola patria: dal mattutino caffè corretto alla grappa alla fila di tajuts, dal frico al capriolo con polenta sotto il solleone all’ampio repertorio di sostantivi da affiancare al termine “dio”, secondo l’inesauribile e fantasioso turpiloquio in marilenghe. Nella narrazione, a proposito di un combattimento clandestino di cani, ci scappa anche un “ospiti di gente unica”, il fortunato slogan dell’amministrazione regionale, raffinatezza per lettori autoctoni che difficilmente varcherà il Natisone, come il mostro di cui si parla nel giallo.


Dopo “La primavera tarda ad arrivare” del 2016, Flavio Santi, traduttore, docente, poeta che vive tra la campagna pavese e il Friuli, ritorna in libreria con il secondo capitolo delle indagini di Drago Furlan, “L’estate non perdona” (Mondadori, pagg. 235, euro 17,50). Un cadavere sfigurato a colpi di kalashnikov, un secondo morto, diciottenne, sparato mentre era al volante del suo regalo di maturità, un terzo preso a bastonate una comunità di religione musulmana e la convinzione dell’ispettore che “la storia è una centrifuga” e i turcs tal Friul di Pasolini potrebbero tornare a lasciare scie di sangue come cinquecento anni fa, solo che ora si chiamano foreign fighters.



Flavio Santi


La storia scorre e Drago, ispettore contadino, avrà l’intuizione giusta per scoprire un colpevole che sembra subito, anche al lettore disattento, abbozzato un po’ frettolosamente. Il resto è un campionario, minuzioso, del modello Friuli. Chissà se in questi giorni di rinfocolata polemica intra-regionale (riassumibile in: possiamo chiamarci tutti friulani?) potrà ancora gratificare qualcuno.
@boria_a

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