mercoledì 18 ottobre 2017

IL LIBRO

Paolo Rumiz e la regina, da leggere e ascoltare 


Il bozzetto per la copertina del libro firmato da Cosimo Miorelli


Una favola piena di suoni contro la violenza del silenzio e del troppo rumore. Un invito ad ascoltare se stessi e gli altri e a non farsi tiranneggiare dal frastuono che ci assedia. È l’ultima avventura letteraria di Paolo Rumiz, che sarà in libreria il 16 novembre 2017 edita da La Nave di Teseo. S’intitola “La Regina del Silenzio” e l’autore ne darà qualche anticipazione giovedì 19 ottobre, a Gorizia, nella sala Apt, ospite della rassegna “Il libro delle 18.03”, in dialogo con la giornalista Martina Vocci.


Paolo Rumiz


Il libro è dedicato all’amico musicista triestino Alfredo Lacosegliaz, scomparso un anno fa, l’artista che anticipò l’interesse per la musica balcanica e le contaminazioni con i suoni che venivano dall’Oriente: su di lui e il suo codino grigio è modellato uno dei protagonisti della storia, il bardo Tahir, discendente di un popolo guerriero che canta la nostalgia e con la sua tambùriza seduce uomini e animali.
«Questa favola - racconta Rumiz - è stata scritta in due settimane, ma è nata oralmente, ascoltando le storie degli altri, raccogliendo briciole in giro per il mondo, rubando racconti. È una storia fatta per essere letta ad alta voce. Io ascolto sempre il suono di quello che scrivo. La letteratura può sopravvivere solo se immette più oralità nella scrittura».


“La Regina del Silenzio” ha avuto una gestazione lunga, forse inconsapevole nel suo stesso autore. Comincia a sedimentare circa otto anni fa, quando la musica è entrata fortemente nella vita di Paolo Rumiz. L’amicizia con Lacosegliaz, poi con Riccardo Muti, che gli suggerisce la forma della ballata per “La cotogna di Istanbul”, il romanzo-canzone pubblicato nel 2010, più volte riscritto e collaudato nelle letture in pubblico, di cui sta per uscire ora la versione definitiva in spagnolo. Infine, l’incontro con Igor Coretti-Kuret e con la sua European Spirit of Youth Orchestra, il complesso di novanta giovanissimi musicisti, di paesi diversi, che ogni anno si scioglie e l’anno dopo rinasce, con altri talenti in erba, sconosciuti gli uni agli altri. «Per me incontare quest’orchestra è stata un’epifania - dice Rumiz - ha fatto entrare l’armonia nella mia vita. Condividere i problemi dei ragazzi, ascoltarli, rispondere alle loro domande, mi ha dato una grande lezione di gioia. Abbiamo collaborato per tre anni, l’ultimo con una vera e propria tournée in tutta Italia, da Trento a Matera, dove ho visto giovani che provengono dalle pianure sconfinate dell’est Europa paralizzati dalla bellezza del luogo, dall’emozione di suonare su un burrone abitato».


Il libro è fortemente legato a quest’esperienza, voluto per sostenere la Youth Orchestra, «che le istituzioni - si rammarica Rumiz - ignorano completamente». Ciascuno dei venti capitoli di cui si compone la favola è accompagnato dal suggerimento di un brano da ascoltare - Grieg, Dvorák, Wagner, Beethoven, Mendelssohn, Mahler, Sibelius, Stravinskij, solo per citare alcuni autori - e più della metà di queste pagine sono state eseguite nei concerti della European Spirit of Youth Orchestra, dove Rumiz si affiancava con la lettura.


La protagonista della “Regina del Silenzio” è Mila, una bimba che nasce quando suo padre, il guerriero Vadim, è già morto, ucciso in uno scontro con il bisonte dalle corna avvelenate della regina Ubidaga, la tiranna che ha imposto il silenzio degli strumenti e la cancellazione delle vocali, per schiavizzare un popolo privandolo di gioia e armonia. Ma Mila, quando era nella pancia della mamma, ha ascoltato la musica prima che fosse bandita, ha imparato la melodia della tambùrica di Tahir, il bardo che ha accompagnato con le sue note il momento del trapasso del padre. Mila vive nella proibizione della musica, ma sente dentro di sè la nostalgia di qualcosa che ha conosciuto e che la rende inquieta. Finchè il nonno Lev rompe l’omertà, raccontandole del bardo che ha suonato per sua madre incinta di lei, e la giovane decide di andare a cercarlo: insieme libereranno Eco, fatto prigioniero dalla tiranna, e restituiranno sonorità al paese. Lungo il cammino Mila incontra un maestro di violino e lei, che non ha mai suonato, ma per sei anni, prima di profferire parola, si è concentrata sull’ascolto di ogni suono intorno a sè, subito riesce a far vibrare le corde con l’archetto e a restituire la magia dei fruscii, degli scrosci, dei mormorii, dei sussurri che ha assimilato.



La violinista Aleksandra Latinovic


«La protagonista - racconta Rumiz - l’ha ispirata una giovane dell’orchestra, il primo violino Aleksandra Latinovic, quindici anni, serba. Anche lei non ha parlato fino ai cinque anni, ma ha fatto vibrare le corde del suo strumento prima delle vocali. È questo il segreto: nell’orchestra si insegna non a “performare” ma ad ascoltare, se stessi innanzitutto, poi gli altri. E quando torni a casa sei molto diverso da come sei arrivato».


Il libro, ci tiene a dire Rumiz, è frutto di una collaborazione tra “uomini di confine”. L’amico Piero Porro, calligrafo, ha creato le “cornici” dei capitoli in un alfabeto runico un po’ “latineggiante”, più vicino a noi, mentre la copertina e le illustrazioni sono firmate da Cosimo Miorelli, figlio di Moreno, fondatore del festival Stazione Topolò. «Cosimo - prosegue lo scrittore - che ora vive a Berlino, è cresciuto artisticamente a Topolò, dove ha visto arrivare artisti da tutta Europa. Da piccolo si è seduto sulle ginocchia di Peter Handke, ha respirato l’ambiente favolistico vicino alla frontiera. Gli ho chiesto di ispirarsi alle illustrazioni di due volumetti della sagra finnica Kalevala, che mi erano stati regalati da un amico di Monika Bulaj, durante il nostro viaggio, dalla Finlandia all’Ucraina, nel 2008, da cui è nato il mio libro “Trans Europa Express”. Ne abbiamo discusso e i disegni sono nati dai nostri dialoghi. Sulla copertina ci sono i musicisti che entrano nel regno del silenzio, illuminati da fiaccole, e lasciano stupefatti i soldati, che dopo tanti anni di silenzio sono incapaci di combattere».
 

Sulla copertina Miorelli ha disegnato anche la mappa del paese immaginario dove è ambientata la favola. È la terra dei Burjaki, la grande pianura oltre i Carpazi dove si stendono l’Ucraina, la Bielorussia, la Polonia. E dove, in assenza della cassa di risonanza naturale delle montagne, i popoli sono costretti a cantare per non deprimersi. Il Mare del Nord è il Baltico, Negroponto il Mar Nero, Ramadania un paese arabo d’oriente.
 

Quanto alla scelta dell’editore, Rumiz precisa che l’idea del libro è nata in un ristorante triestino insieme a Elisabetta Sgarbi. Lui le racconta dell’orchestra giovanile che gli sta a cuore, lei si dà da fare per sostenerla e suggerisce l’idea della fiaba. E così, con la Nave di Teseo, lo scrittore-camminatore firma la sua prima storia di pura invenzione. «Se non fossi diventato nonno - conclude Rumiz - questa macchina fiabesca forse non si sarebbe messa in moto». Per addormentare i suoi figli, quando gli veniva sonno e non sapeva più cosa inventare, scandiva i numeri col ritmo del verso. Ma dai due nipotini, non può permettersi di essere colto narrativamente impreparato.
@boria_a

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