giovedì 27 dicembre 2018

IL PERSONAGGIO

Roberto Bertinetti, l'anglista sull'isola delle donne

Roberto Bertinetti


Il suo ultimo articolo per il Piccolo di Trieste l’aveva firmato sull’edizione dell’11 novembre scorso. Un ritratto del fondatore della Beat Generation, Lawrence Ferlinghetti, che in marzo festeggerà cent’anni. A Roberto Bertinetti non sfuggiva un anniversario, un’uscita editoriale, una riedizione degli amati scrittori inglesi e americani, di ieri e di oggi, di cui era appassionato, ammiratore, cultore. Da cronista culturale, preferiva il lavoro di segugio a quello di recensore. Ogni anno scherzava con i redattori sul Premio Nobel per la letteratura, cercava di anticiparne il vincitore, qualche volta ci azzeccava e, puntualmente, ne tracciava un ritratto originale il giorno della proclamazione.

Roberto Bertinetti, 63 anni, docente di Letteratura inglese all’Università di Trieste, scrittore e collaboratore di lungo corso delle pagine culturali del Piccolo, come di molti altri quotidiani e riviste, se n’è andato alla vigilia di Natale 2018 nella sua Pesaro, dopo una malattia con cui combatteva da tempo. «La chemioterapia? Beh, è la prima volta che la faccio. Vediamo com’è» diceva al telefono circa un anno fa, gentile e incuriosito, con la sua solita ironia, quasi partisse per un’avventura.


Non ha mai smesso di lottare e di scrivere, nemmeno durante le cure, nemmeno alla vigilia o dopo esami impegnativi, sempre disponibile a suggerire un tema e ad accettare un aggiornamento del pezzo, anche quando la durezza delle terapie lo prostrava. I “coccodrilli”, secondo il gergo dei giornalisti, di V.S. Naipaul e di Guido Ceronetti, scrittori che se ne sono andati nei mesi scorsi, e la storia di Sylvia Beach, l’americana che a Parigi fondò la libreria “Shakespeare and Company” e lanciò l’Ulisse di Joyce per non guadagnarne niente, sono gli ultimi pezzi che ci ha lasciato: acuti, brillanti, sintetici, sempre con quella riga che spingeva il lettore a volerne sapere di più.

Gli piaceva scrivere di letteratura, ma Bertinetti era insieme un osservatore attento della società inglese. Alla Rai e sugli schermi di Sky commentava la Brexit, le vicende della monarchia, la politica e i cambiamenti di una comunità multietnica, divisa tra la generazione dei millennial globali e gli euroscettici, per mentalità o disagio economico. Nel suo ultimo libro, “L’isola delle donne” (Bompiani), ha raccontato signore britanniche diversissime tra loro, da Lady Diana alla Thatcher, da Virginia Woolf a Mary Quant, unite dalla grinta e dalla personalità (e quanto si rammaricò di non poter essere a Grado, quest’estate, nel festival con lo stesso titolo...). Amava Jane Austen e la stilista Vivienne Westwood, ugualmente protagoniste di una rivoluzione dei costumi. Perchè questo gli interessava: negli autori, nei personaggi e nei loro percorsi, capire la trasformazione di un mondo.


All’insegnamento, alla scrittura, alla passione per il basket e l’Inter, Bertinetti ha sempre affiancato l’impegno politico nella sinistra riformista. Fu consigliere comunale del Pds di Pesaro, tra i fondatori del Pd. Parlando al telefono col Piccolo, qualche tempo fa, confidava un nuovo progetto letterario: seguire la nebbia attraverso il romanzo inglese. Il mistero, l’inquietudine, il viaggio. E, ancora una volta, il cambiamento.

@boria_a

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