sabato 27 giugno 2020

IL LIBRO

La giornalista che vede le persone (assassini inclusi) attraverso i colori  










Romina, ventenne strangolata, è rosso sangue. Zefir, cantautore e presunto colpevole, è carta da zucchero, un colore «che si porta addosso molto passato». Iosif, caporedattore cultura, un rosso ocra. E poi c’è il misterioso uomo bicolore, un poliziotto che ha scoperto come passare dal rosa al verde bottiglia, una specie di Zelig delle tinte.

Un gioco? Tutt’altro. Si chiama sinestesia, figura retorica e anche disturbo neurologico che coinvolge i sensi e li fa scattare in modo dissociato: quando uno viene stimolato si scatena la reazione a livello di un altro. Viola, la protagonista di questa storia, preferisce chiarmarla “particolarità” piuttosto che “disturbo”. Giornalista televisiva di un’emittente internazionale, l’Adi, con tre sedi in Italia, trapiantata a Palermo da Roma, Viola associa a ogni persona che incontra, o che vede, un colore e questa palette cromatica le fornisce una personalissima tavolozza per leggere gli individui e per interpretare, magari a livello inconscio, le situazioni. Ha quarant’anni, ed è fragile, anche se in redazione riesce ancora a dissimulare. Da poco ha scoperto di avere “neuroni bucati”, un buio che le si allarga dentro e che aggredisce la vista, l’equilibro, la mobilità. «Non ho coraggio e non ho paura. Vivo e basta. Sinceramente, non vedo cos’altro potrei fare».


Aveva incrociato Romina per caso, una sera d’inverno, vestita di nero e con una bottiglia in mano: il suo era il colore scuro del vino che macchia le labbra, o del sangue su un labbro spaccato, il colore di chi gioca col fuoco e si ustiona a morte. Viola conosce anche Zefir, l’ultimo ad aver visto viva la vittima, l’artista finto impegnato che con la ragazza preferisce non impegnarsi, il giovane dall’azzurro polveroso di un bambino cresciuto bene in solitudine, mai davvero infelice, e neppure il contrario. Può quel colore che lo avvolge, «senza disperazione nè entusiasmo», essere quello dell’assassino?


Arruolata, con fiuto, da Sellerio nella squadra dei suoi giallisti, Simona Tanzini, giornalista romana (in forza alla Tgr Sicilia) che vive a Palermo, con “Conosci l’estate” firma il suo primo romanzo, che ha tutte le caratteristiche per avere un seguito. Che poi giallo veramente non è, perchè Viola non fa la detective (e sarebbe pure in ferie, ma da brava giornalista non ci va mai...) e perchè l’autrice dissemina subito più di un indizio univoco e concordante che spinge il lettore a concentrarsi su altro, al di là dell’omicidio.



Simona Tanzini


Romina, ragazza di buona famiglia uccisa. Zefir, il partner che non riesce a fidelizzare, nemmeno sbattendogli in faccia che ha un amante molto più vecchio. Gaetano, un tempo illustratore del quotidiano degli ex “settantasettini”, “Palermo Sera”, il fratello maggiore di Zefir che ha la ventura di abitare nell’appartamento a fianco a Viola, le loro terrazze divise da un armadio. E da lì che saltano fuori letterine e disegni del bambino color carta da zucchero e una foto seppiata di Gaetano dei tempi in cui lavorava al giornale, accumulava conquiste femminili, incassava rancori. Nessuno di loro due, nè Zefir nè Gaetano, è un artista, perchè sono vuoti: così li disprezza il “comunista” Iosif.


E poi Palermo. La città degli ossimori, che quando parla non usa il futuro. La città dove il sole pare tramonti in ogni angolo, feroce e aristocratica. Palermo con cui Viola sembra ingaggiare un corpo a corpo, trascinandosi nella morsa dello scirocco alla ricerca di un muretto per sedersi, maledicendo il caldo che toglie il fiato e amandola per San Domenico, lo Spasimo, la Cappella Palatina, per «tutta la bellezza che non conoscevo», che anch’essa ti viene addosso e toglie il fiato.


Così l’indagine sull’assassinio di Romina diventa il pretesto per accompagnare il lettore dentro una dimensione, che è insieme la città fisica e il passo di Viola nell’attraversarla. Con ironia e cinismo, con divertimento e inquietudine, con effervescenza e sofferenza, mai con rinuncia, come per la malattia che si porta addosso.


Il ritmo è quello veloce della cronista televisiva, con acidule divagazioni sulla deriva della professione che gli addetti ai lavori apprezzeranno. E se il meccanismo della trama è semplice, l’autrice alla sua Viola lascia qualche obiettivo in sospeso: c’è il capo della mobile da riuscire finalmente a intercettare, c’è da capire come Zelig cambia colore. Aspettiamo il seguito. O come dice Turi, operatore di lungo corso, che di giornalisti ne ha visti tanti e ne sa più di loro, davanti a un fondo bianco ancora da raccontare: «Quando vuoi».



twitter @boria_a

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