lunedì 29 giugno 2020

MODA & MODI

La smutandata del dopo confinamento

La fine del confinamento ha fatto scoppiare la voglia di libertà, anche dagli involucri. Prima ancora dell’ondata di caldo, da quando è stato possibile riprendere la socialità, le strade brulicano di gambe nude. Gli shorts sono divisa estiva per eccellenza, democratica trasversale intergenerazionale, ma mai come quest’anno segnano l’esigenza di rompere il guscio di questi mesi domestici, di abbandonare a terra la tuta come una vecchia pelle, ed esporre quanto più possibile di sè al sole e all’aria.

 Gambe lunghe, corte, affilate o generose, sederi alti, chiatti, raccolti o debordanti popolano ogni metro quadro urbano, con ansia di recuperare il tempo che mai avremmo creduto di poter perdere. I calzoncini ridotti all’osso e la mascherina per entrare in un qualsiasi negozio sono la sintesi di questa contraddittoria estate, in cui convivono il bisogno di rigenerarsi e l’inquietudine sul futuro, l’effervescenza per la nostra riconquistata mobilità e la paura per il pianeta che ogni giorno chiude un pezzo di uno spazio che ci sembrava infinito. E con le gambe si scoprono porzioni di ombelico, le canotte hanno aperture più profonde in ogni lato, i top si ritraggono fino a diventare più o meno dei reggiseni a fascia. Coprire naso e bocca resta ancora un obbligo in certi ambienti, tutto il resto è a vista.

Certamente il lockdown ha ammorbidito alcune ipersensibilità al fuori tutto estivo. La tolleranza verso un po’ di sciatteria nostra e altrui, praticata ogni giorno durante la chiusura, adesso che lasciamo il perimetro domestico ci fa propendere per l’inclusione anche di chi va in giro in pampers di denim, in gonnelline sfuggenti e trasparenti, in calzoncini da palestra.


Il distanziamento (che sarebbe) obbligatorio viene preso con estrema tolleranza, anche quello dall’esercizio di un salutare senso critico. E la (neo)smutandata della fine del confinamento ne approfitta.


twitter@boria_a

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