sabato 4 ottobre 2014

MODA & MODI

Runway gay correct

Americans do it better. Il talent della passerella in versione nostrana è come le italiche serie tv sui medici: provinciali, noiose, con dialoghi surreali, soprattutto buoniste e politically correct. Poteva essere un'occasione, questa di Project Runway Italia - la cui prima puntata è andata in onda mercoledì su FoxLife - per rilanciare dalla tivù i concorsi tra aspiranti stilisti, ormai fagocitati dal Young Fashion Designer Prize del gruppo del lusso Lvhm, che ha una giuria stellare e quindi un surplus di attenzione dai media. Bastava copiare pari pari l'originale americano, i suoi ritmi, la sua cattiveria e la sua fantasia, metterci una presentatrice simpaticamente nazi come la pannonica Heidi Klum, un mentore cicisbeo con eleganza alla Tim Gunn e soprattutto scovare una decina di personaggi in grado di bucare un pezzo di stoffa e così pure lo schermo. Invece, l'italian runway, non ha nemmeno partorito l'equivalente Rachida di Masterchef, capace di far impazzire gli hashtag con gli etno-foulard e la lacrimuccia finta.
Un esempio concentrato di provincial-surreale, politically correct da passerella? Il malcapitato concorrente Jacopo, paladino dei normalmente diversi, al quale gli autori fanno inanellare due sublimi scemenze: "vorrei essere il primo stilista etero a vincere un project runway" e, rivolto ai compagni di cameretta, "ma non c'è nessuno che vuol vedere la partita?", battuta seguita da uno sfarfallio di manine orripilate (ma come? con tutti i gay che ci sono nel calcio, neanche un gay al quale piaccia guardarlo??).
Gli altri maschi del programma, va da sè, hanno gareggiato in outing più che in vestiti, come se non avessero mai sentito dire che ormai, per fare sollevare un sopracciglio al fashion, di sessi devi averne almeno due e possibilmente indistinguibili.
Gli abiti non hanno fatto più storia dei concorrenti, tra tovagliati da pic nic, leopardi a casaccio e creazioni uscite da un impazzito Edward mani di forbice. L'emergente Salvo ha vinto la puntata con una sua interpretazione della donna metropolitana, che se ne va in giro con un paio di short fiorati su una giacchetta bluette coperta da un rigoglio di rushes, cappellino da baseball in tinta e camicia di pizzo. A scelta l'occasione in cui indossare l'«outfit»: majorette di paese o soccer mom?
L'unico commento sottoscrivibile della puntata è della stilista Alberta Ferretti: «Anche no».
twitter@boria_a




4 marzo 2014

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